Ci sono giri in mountain bike che non sono semplicemente itinerari da mettere in curriculum, ma esperienze da vivere con tutti i sensi. Pedalare sulle Dolomiti significa immergersi in un patrimonio naturale e culturale unico, patrimonio UNESCO, e questo anello che parte da Predazzo e si snoda tra il passo Lusia, la Val Venegia e la Baita Segantini ne è un esempio perfetto.
Un giro completo, che unisce fatica e bellezza, panorami maestosi e piccole sorprese dietro ogni curva.

In questo articolo
Anello MTB nel parco naturale Paneveggio-Pale di San Martino
È un percorso che si presta particolarmente bene ad essere affrontato fuori stagione, quando i colori dell’autunno e le giornate terse fanno risplendere ogni dettaglio delle cime e la quiete regna sulle strade forestali. In estate, ovviamente, resta spettacolare, ma il traffico automobilistico e pedonale può ridurre un po’ quella sensazione di immersione nella nataura che rende queste valli davvero magiche.
Ci sono pochi e brevi tratti di sentiero tecnico, dopo malga Bocche e dopo malga Juribello. Se vuoi fare questo itinerario in gravel lo puoi fare ma quei tratti dovrai affrontarli a piedi o con la massima precauzione.

Da Predazzo al passo Lusia
Il nostro percorso inizia a Predazzo, cuore pulsante della Val di Fiemme, un paese che da sempre ha un legame strettissimo con lo sport outdoor: sci in inverno, bici in estate, ma anche escursionismo, alpinismo e arrampicata. Per i primi tre chilometri circa si percorre la strada che sale proprio a fianco del campeggio Valle Verde nei pressi dell'hotel Zaluna. Da qui imbocchiamo la statale che porta al passo Rolle, un’arteria famosa e frequentata che funge da collegamento tra la Val di Fiemme e il Primiero.
Dopo pochi chilometri, all’altezza di Bellamonte, abbandoniamo il traffico per deviare a sinistra. Una stradina stretta ci accompagna dentro una valletta fresca e ombrosa, scolpita dal rio Vallaccia. L’asfalto resiste solo per poco: presto lascia spazio a sterrato e cemento, alternati a seconda della pendenza. La salita non è mai banale, ma quando in quota si aprono gli orizzonti, la fatica diventa più sopportabile.

Man mano che guadagniamo quota, la vegetazione si apre e i pascoli iniziano a fare capolino. È quel momento della salita in cui ti rendi conto che stai davvero entrando in montagna, lasciandoti alle spalle il fondovalle e respirando aria sempre più rarefatta e pulita. Verso sud, basta voltarsi un attimo per avere davanti agli occhi l’intera catena del Lagorai: dalla cima Cece, la più alta, fino al Fravort, quasi al confine con la Valsugana.

Qualche pedalata ancora e finalmente scolliniamo al passo Lusia, quota 2056 metri. Qui il paesaggio cambia di colpo: il gruppo dei Monzoni si staglia maestoso, con il suo profilo massiccio, mentre oltre la valle appare il Catinaccio, uno dei simboli più iconici delle Dolomiti, in una delle sue prospettive più suggestive.
È il primo vero momento “wow” del giro, quello che ti ricorda perché hai scelto di faticare in salita con una MTB invece di startene a casa.

Verso malga Bocche
Dal passo Lusia la forestale in quota inizia a scendere dolcemente. Dopo lo sforzo della salita, questo tratto è un regalo: il ritmo si fa fluido, puoi rilassarti, alzare lo sguardo e lasciarti cullare dai panorami che cambiano chilometro dopo chilometro.
Puntiamo verso est, e poco dopo raggiungiamo malga Bocche, a quota 1946 metri. È una sosta quasi obbligata: qui il panorama si apre come un sipario e di fronte a noi compaiono le Pale di San Martino, uno dei gruppi dolomitici più imponenti e riconoscibili. Non c’è modo migliore per godersi questo spettacolo che fermarsi qualche minuto, magari concedendosi una seconda colazione o uno spuntino con vista.

Riprendiamo il cammino e affrontiamo un tratto di sentiero un po’ più tecnico, sconnesso e sassoso, che mette alla prova equilibrio e manico. Niente di estremo, ma serve attenzione, soprattutto se il fondo è umido. Dopo pochi minuti intercettiamo un’altra forestale che ci porta sulla strada asfaltata del passo Valles. Qui il contatto con il traffico è minimo: solo poche centinaia di metri che ci conducono all’ingresso di un luogo che da solo varrebbe il viaggio.
Anello della spettacolare Val Venegia
La Val Venegia è una delle vallate più belle e iconiche del Trentino, una vera cartolina che non ha bisogno di presentazioni. In estate può essere affollata, ma con la bici riesci comunque a viverla in maniera più serena, muovendoti silenziosamente lungo i suoi prati e accompagnato solo dal rumore del torrente Travignolo che scorre cristallino. Ogni volta che torno qui, mi stupisco della sua bellezza.
La valle si apre dolcemente davanti a noi, e subito incontriamo malga Venegia, seguita poco dopo da malga Venegiota. Due tappe che da sole inviterebbero a una sosta: formaggi, yogurt, torte fatte in casa… ma stavolta il richiamo della montagna è più forte. Proseguiamo verso il cuore della valle e le Pale diventano sempre più protagoniste.

Il Mulaz, la Vezzana, il Cimon della Pala: sembrano guglie progettate da un architetto gotico, slanciate verso il cielo con una perfezione quasi irreale. Sono immagini che si fissano in testa per sempre e che rendono questo itinerario uno dei più spettacolari dell’intero arco alpino.
La salita si fa più intensa, ma è addolcita da tornanti regolari che aiutano a gestire lo sforzo. Dopo l’ultimo strappo, eccoci al laghetto di Baita Segantini, a 2174 metri. Uno specchio d’acqua che riflette le cime come in un dipinto e che, non a caso, è uno dei luoghi più fotografati delle Dolomiti. Qui la tentazione di fermarsi è fortissima: puoi restare minuti interi semplicemente a guardare e respirare.

Dopo una pausa rigenerante, riprendiamo la pedalata e ci lasciamo condurre verso valle. Poco prima del passo Rolle, svoltiamo a destra e raggiungiamo malga Juribello. È l’occasione giusta per una sosta gastronomica: un panino con i prodotti tipici del territorio, seduti su un prato con vista, è la ricompensa migliore dopo tante fatiche.

Rientro a Predazzo lungo il Travignolo
Per tornare verso Predazzo imbocchiamo un breve tratto di sentiero sconnesso che ci porta sul tracciato ciclopedonale che unisce l’ingresso della Val Venegia alla strada del Rolle. È una pista spettacolare, che segue da vicino il torrente Travignolo, alternando boschi ombrosi e radure luminose.

Il rientro scorre via piacevole e rilassante: la forestale parallela al torrente è un piccolo gioiello, lontana dal traffico e immersa in una natura intatta. Passiamo accanto al basso lago di Paneveggio, specchio d’acqua incastonato tra boschi che hanno reso celebre questa zona per la produzione di legname di risonanza, usato nella liuteria. Oggi gli sfregi che Vaia ha lasciato sono devastanti e tangibili, ma il percorso resta molto piacevole.
Quando pensiamo che ormai il più sia fatto, ecco l’imprevisto: una frana ha interrotto la strada Sottosassa, costringendoci a deviare e risalire verso Bellamonte. È un piccolo fastidio dopo una giornata perfetta, ma in fondo anche questo fa parte dell’avventura. Rientriamo a Predazzo dalla statale percorsa all'andata. La bici ti insegna che non sempre le cose vanno come previsto: ciò che conta è saper adattarsi e continuare a godersi il viaggio.

Considerazioni finali
Quello nel Parco Naturale Paneveggio – Pale di San Martino non è un semplice giro in MTB, ma un vero viaggio nel cuore delle Dolomiti. In circa 55 chilometri e oltre 1800 metri di dislivello vivi una sintesi perfetta di ciò che la montagna può offrire: salite impegnative, discese divertenti, panorami da sogno, malghe accoglienti, pascoli, boschi e torrenti.
È un itinerario che richiede buona preparazione fisica e un po’ di esperienza in fuoristrada, soprattutto per gestire i tratti più sconnessi. Ma con la giusta dose di allenamento e di calma, è un giro accessibile a molti biker.

Il consiglio è di affrontarlo senza fretta, lasciandoti spazio per fermarti spesso, osservare, assaporare i dettagli. Perché in fondo, il bello di pedalare tra queste montagne non è solo arrivare a destinazione, ma vivere intensamente ogni chilometro.
Se cerchi un’esperienza completa, fatta di fatica e bellezza, natura e cultura, questo anello è uno di quelli da segnare in rosso sulla tua mappa ciclistica. Una giornata che rimane nel cuore e che ti farà tornare a casa con la sensazione di aver davvero pedalato dentro un pezzo di paradiso.
























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