Un anello sulle Alpi lombarde, nel parco nazionale dello Stelvio tra valle Camonica e Valtellina, scalando due passi mitici del ciclismo italiano, il Gavia e il Mortirolo. Un weekend con un compagno speciale, su salite mitiche in un paesaggio da favola.
In questo articolo
Ritorno su salite da urlo
Sono passati tanti anni, forse dieci, dall'ultima volta che ho scavalcato alcuni dei passi alpini più celebri della Lombardia. Siamo ai margini occidentali del parco nazionale dello Stelvio, tra Alta Valtellina e Alta Valle Camonica.
I passi in questione sono il Gavia e il Mortirolo o passo della Foppa. Due colossi del ciclismo nostrano, dove tanti duelli si sono consumati. A me, ormai, poco importa in realtà, però la bellezza del territorio in cui sono immersi mi fa decidere di fare questa proposta al mio speciale compagno d'avventura.
Sono con mio nipote, il più grande dei figli di mio fratello che quest'anno si è appassionato alla bici da strada e sta pedalando in lungo e in largo i dintorni di Brunico, dal Furcia alla valle Aurina, dove vive. Gli propongo due giorni lì dove l'aria è più frizzante, su montagne che non sono le "sue" Dolomiti ma che, in quanto a panorami e difficoltà, non hanno nulla da invidiare ai gruppi alpini più famosi.
Il giro è un anello di circa 120 km e poco più di 3000 m di dislivello e glielo propongo in due giorni non perché lui non possa completarlo in uno soltanto, ma perché io non ce la farei mai!
Accetta entusiasta e in una splendida giornata di metà luglio raggiungiamo Vezza d'Oglio in mattinata, pronti per affrontare quest'anello in un giro antiorario.
Da Vezza d'Oglio a Bormio sul passo Gavia
Caricate le bici con tutto il necessario per affrontare questa due giorni in sella, ci immettiamo subito sulla ciclabile della Valle Camonica in direzione di Ponte di Legno.
Il tracciato si snoda sul fondovalle e noi risaliamo la corrente del fiume Oglio, lungo il quale corre la ciclovia dell'Oglio che da Ponte di Legno (in realtà dal passo del Tonale) conduce a San Matteo delle Chiaviche, in pianura Padana, dove l'immissario si immette nel più grande fiume d'Italia, il Po.
Passato Temù entriamo a Ponte di Legno per la colazione, scambiamo quattro chiacchiere con una giovanissima cameriera che tra un Pota e il successivo ci racconta delle sue scorribande in bicicletta a Edolo e dintoni, e infine risaliamo in sella pronti ad andare incontro al nostro destino.
Qui, ai piedi dell'Adamello, inizia la prima impegnativa ascesa che si inoltra nel cuore del parco nazionale dello Stelvio.
Avremmo potuto seguire la ciclabile fino in val Sozzine, ai piedi della strada che conduce al passo del Tonale, ma ero convinto di riuscire a ridurre le distanze tagliando per il centro del paese. Purtroppo lavori in corso ci costringono comunque ad affronare il primo tornante verso il Trentino per poi deviare bruscamente a Nord e immetterci sulla statale 300 del passo Gavia.
Nei primi chilometri la strada sale dolce fino a Ponte dei Buoi ma dopo un paio di tornanti, si lascia sulla destra Pezzo e la val di Viso, meta di un raduno Life in Travel verso il rifugio Bozzi e di un anello meraviglioso in mountain bike fino alla forcella del Montozzo.
Noi comunque proseguiamo sulla strada: le pendenze si inaspriscono per raggiungere Santa Apollonia, ultimo baluardo di civiltà ai piedi delle alte cime. Mio nipote su un tornante, già avanti, si volta indietro, mi sorride e saluta: capisco già che lo rivedrò in cima e dovrà aspettare a lungo!
La strada si restringe e si infila nel bosco, ma nei prossimi dodici chilometri raggiungerà quote a cui la vegetazione sarà ormai scomparsa.
Una galleria senza illuminazione (mi raccomando porta lampade frontali e posteriori) è la porta per il paradiso: il passo Gavia, 2652 m, è uno dei più alti valichi alpini asfaltati e l'anfiteatro del gruppo dell'Ortles-Cevedale su cui si affaccia fa restare senza fiato.
Prima di raggiungere il passo nelle conche sotto la strada si adagia il lago Nero, piccolo invaso che mi regala l'occasione di una sosta fotografica. Ma anche poco dopo, ai margini della strada, non mi faccio sfuggire l'occasione di scattare qualche immagine e tirare il fiato: un camoscio per nulla intimorito dalla presenza umana si nutre del sale che trasuda da un deposito in pietra su un tornante.
Il rifugio Bonetta è il faro dell'ultimo chilometro e un'ottima scusa per tirare il fiato e magari sgranocchiare qualcosa. In cima Christian mi aspetta oramai congelato, dato che le nubi hanno nascosto il sole e il panorama. Mi vesto veloce e partiamo per la discesa, che nemmeno io ho mai affrontato su questo versante.
Il lago Bianco nella conca sommitale è sorvegliato da una croce e da un monumento che celebra la morte di 18 alpini caduti in un dirupo negli anni '50.
Oltre il lago Bianco, dopo una breve sosta al rifugio Bonetta, inizia la picchiata verso la Valfurva. Santa Caterina, a metà discesa è solo il preluido all'arrivo a Bormio. Per oggi noi ci accontentiamo, ci godiamo il paese e decidiamo di ripartire il giorno successivo anche se il richiamo del passo dello Stelvio che ho scalato la prima volta nel 2013, lì vicino, è forte.
Il Mortirolo da Mazzo Valtellina
Il risveglio è fresco ma non freddo e il cielo azzurro ci sembra un miraggio in quest'estate un po' balorda. Imboccato il Sentiero Valtellina che inizia proprio a Bormio e conduce fino alle sponde del lago di Como, a Colico, in 114 km tutti in discesa o pianura, lo seguiamo finché una frana recente non ci costringe a tornare sulla provinciale.
La discesa lungo la ciclovia dell'Adda è piacevole e si fa più accentuata prima di Sondalo: in men che non si dica copriamo i trenta chilometri che ci separano da Mazzo Valtellina, punto di partenza di un'altra salita resa mitica dalle gesta dei campioni del Giro d'Italia.
Il passo della Foppa è conosciuto da tutti come Mortirolo e non avevo mai scalato questo lato, quello classico, forse perché sapevo cosa mi avrebbe aspettato. Già i cartellli all'imbocco della salita non lasciano spazio all'immaginazione: dodici chilometri e mezzo con una pendenza media oltre il 10%!
I tornanti a ripetizione non fanno respirare più di tanto e le pendenze che arrivano fino al 18% si sentono tutte nelle gambe. La strada nei primi 9 km è a traffico limitato: solo residenti e bici possono salire da questo lato mentre negli ultimi tre chilometri ci si immette sulla salita, più dolce, che sale da Grosio.
Il valico non è altissimo ma quando ancora manca un chilometro alla cima e si presenta davanti il rifugio Antonioli non vorresti far altro che fermarti. Tengo duro e passo oltre, d'altronde mio nipote dev'essere già bello rilassato in cima a godersi il panorama e attendere il mio arrivo: maledetta gioventù!
Lo raggiungo, facciamo le classiche foto di rito ma quando gli propongo una sosta in malga, poco più avanti, non esita un attimo nemmeno lui!
Il delizioso piatto di Piode di Monno alla malga Mortirolo, con l'Adamello a tenerci compagnia, ci regala un altro dei momenti più piacevoli di questa due giorni!
Il giro è ormai concluso e non resta che gettarsi a capofitto fino a Monno per raggiungere, una volta a valle, in leggero falsopiano il punto di partenza. La compagnia è di certo stato l'incentivo più forte ad affrontare queste salite straordinarie e spero che il giovane ciclista che mi ha pedalato a fianco (più spesso davanti, vabbè, dettagli!) abbia apprezzato la bellezza di queste montagne e la fatica della conquista come io ho apprezzato la compagnia speciale di queste giornate.
L'anello di Gavia e Mortirolo richiede un discreto allenamento ma non ti deluderà e se sei in forma potrai anche concluderlo in una sola giornata, ma sono certo che ti godrai meno il percorso e i panorami!
Ultimi commenti