Quattro giorni intensi, tosti, meravigliosi. Dalla pianura alla montagna, passando per le colline matildiche. Un viaggio in MTB in terre remote, spopolate, silenziose e meditative. In bici al Purgatorio è un percorso che ti si attaccherà all'anima chilometro dopo chilometro e nonostante la fatica e le difficoltà, ne vorrai ancora e ancora.
In questo articolo

In bici al Purgatorio, l'idea
«Vassi in Sanleo e discendesi in Noli,
montasi su Bismantova e 'n Cacume
con esso i piè; ma qui convien ch'om voli;
Ho incontrato per la prima volta Paolo all'IMBA Gathering di Pinerolo. Mi ha parlato del suo lavoro, della sua scelta di vita, di Ride The Giant e del gigante. Poi tra una birra e l'altra è uscita anche questa cosa del Purgatorio... di un giro MTB che ha pensato per unire tramite la bici la pianura padana dove è nato, le colline matildiche e l'Appennino Reggiano dove è cresciuto a pane e arrampicata e dove ore vive portando avanti la sua attività di noleggio e scuola MTB, pulendo sentieri e facendo ciò che le amministrazioni pubbliche non riescono o non vogliono: cultura cicloturistica.

Così per scherzo mi ha proposto di pedalare questo anello MTB di 300 km e 6000 m di dislivello a fine stagione e così, quando abbiamo avuto una finestra di belle giornate ci siamo ritrovati a pedalare In bici al Purgatorio insieme.
Ma perché questo nome?
Perché come hai potuto constatare qui sopra, il Sommo Poeta cita la pietra di Bismantova nel IV canto del Purgatorio, paragonandola all'ideale monte del Purgatorio dove "convien ch'om voli" per raggiungerne la cima, tanto è impervia. La pietra di Bismantova rappresenta l'ideale punto d'arrivo di questo percorso, anche se poi noi abbiamo chiuso l'anello con una quarta giornata.
Ma bando alle ciance e raccontiamo il nostro viaggio.
Peppone, don Camillo e Ligabue (il pittore)
Noi partiamo da Sorbolo Levante dove Mara, amica di Paolo, ospita i nostri mezzi al sicuro, ma il punto di partenza più indicato e simbolico è Brescello, una quindicina di chilometri più a valle alla confluenza tra torrente Enza e Po.
Brescello non ha molto da offrire in realtà, ma è perfetto come base per iniziare l’avventura perché è presente un ampio parcheggio e si può raggiungere piuttosto facilmente. Prima di lasciare la cittadina non si può non fare un passaggio in piazza e salutare le statue di Peppone e Don Camillo, vere star del paese.

Si inizia a pedalare raggiungendo quasi subito Bocca d'Enza e gli argini del Po. Per qualche chilometro seguiremo la Ven.To., passando da Boretto dove si trovano il museo del Po e della navigazione interna e un murale dedicato alla straordinaria Alfonsina Strada.

Poco più avanti si raggiunge Gualtieri. Il cuore pulsante di questo piccolo borgo è Piazza Bentivoglio con l'omonimo palazzo che ospita, assieme alla sua casa, il museo dedicato al pittore Antonio Ligabue che nacque qui.
Proprio a Gualtieri si abbandona il Po per risalire il Crosotolo, un torrente qui rettificato e più simile a un canale. Questo è forse l'unico tratto di questo anello che può essere un po' noioso, ma in men che non si dica si raggiunge Reggio Emilia.
In questi primi chilometri hai comunque tempo di assaporare il paesaggio: la luce della pianura che cambia lentamente, i campi, i rilessi sull’acqua, la pace.

Andiamo a Canossa
Andare a Canossa, dopo l'umiliazione subita da Enrico IV per ottenere il perdono da papa Gregorio VII, nel gergo comune significa proprio umiliarsi, prostrarsi per chiedere perdono. Noi però abbiamo ben altro intento: desideriamo solo pedalare leggeri, goderci il nostro incedere e il paesaggio che ci circonda.
Il passaggio di Reggio Emilia si rivela indolore e, a parte una deviazione a causa dei lavori, seguiamo il Crostolo praticamente senza accorgerci di essere passati in città. Chiaramente se vorrai visitare il centro dovrai deviare dal nostro itinerario. Qui inziamo anche a trovare la segnaletica della via Matildica del Volto Santo (che obrobrio le nuovissime pietre miliari in cemento!!) che unisce Mantova a Lucca.

Da Puianello comincia un graduale cambio: le colline si fanno sentire. Si lascia la pianura e ti prepari mentalmente alla fatica. Le gambe capiscono che non sarà solo pedalare, ma che servono forza, resistenza, pazienza. La luce pomeridiana autunnale contribuisce al fascino: le colline si tingono di oro, rosso, ambra. La meta del pomeriggio è Canossa. La strada si fa sterrata e poi diventa sentiero. L'acqua ha eroso gran parte del fondo e senza l'assistenza dell'e-MTB di certo sarei stato costretto a spingere in alcuni tratti verso il monte Sella.

Il castello là in alto, su una rupe che domina la valle dell’Enza, ti osserva. Un luogo storico, permeato di leggenda. E tu arrivi in bici, stanco ma soddisfatto.
Il contrasto è forte: dalla rete di campi pianeggianti al saliscendi collinare, al castello in rovina che ti ricorda quanta storia c’è dietro ogni pietra.
Proseguiamo e da Cavandola imbocchiamo un bellissimo sentiero in quota che aggira il monte Barazzone. Mentre il giorno si siede sulla notte, imbocchiamo la valle del Tassobbio per risalire tra un guado e il successivo fino a Casina, meta della prima giornata di viaggio.
Alla griglioteca ci concediamo una cena succulenta innaffiata da buon vino.

Le brine mattutine verso Carpineti e Toano
Creste, faggi, dislivello e single trail. La sintesi della giornata potrebbe essere questa.
La brina mattutina ci saluta mentre lasciamo casina: fa freddo, ma la bici è pronta. Si riparte con la mente fresca. Il giorno promette un bel dislivello e tratti tecnici. E infatti, la tappa da Casina verso Carpineti non è semplice ma i raggi radenti del sole che indorano le colline fanno dimenticare fatiche e mani gelide.

Le pendenze aumentano, le gambe bruciano. Ma ben presto l'inclinazione della strada cambia bruscamente e il single trail in discesa verso il torrente Tresinaro all'inizio richiede tutta la nostra concentrazione sulle rocce bagnate.
La risalita sul versante opposto della valle è piacevole e dolce, su una sterrata che profuma di Eroica. I borghi sono in realtà minuscole frazioni e l'Appennino inizia a farsi apprezzare. Affrontiamo una risalita dritta per dritta verso il monte Bauzola, ma la ricompensa si manifesta dietro una curva: il castello delle Carpinete fa bella mostra di sé davanti a noi, in tutta la sua imponenza.


Anche lo strappo ciottolato fino al castello richiede una buona dose di sforzo, mitigata solo dal motore che mi ritrovo tra i pedali.
Ci godiamo un po' di riposo, soli al castello per poi proseguire su un single trail in quota che ancora una volta richiede buone doti di guida ma regala passaggi divertenti tra le foglie di faggio che ormai ricoprono la traccia abbondantemente. Il sentiero di discesa verso il Secchia ci regala un'abbondanza di rovi non richiesta ma il caffé a Cavola e la risalita di nuovo sulla via Matildica del Volto Santo, verso Toano, ci riconciliano con i nostri mezzi e con il paesaggio.


Il percorso non concede respiro e dopo pochi chilometri si imbocca un sentiero a picco sul torrente Dolo, a tratti da fare a piedi su passerelle, ponendo un po' di attenzione anche all'esposizione. Ma ne vale la pena perché poco dopo un single trail a mezza costa ci regala divertimento e un bello scorcio sul ponte del Diavolo più in basso.

Il sentiero è pura gioia per chi ama i single-trail. A Gova inizia un'altra salita impegnativa e il sole è già oltre le vette più alte quindi appena raggiungiamo Costabona decidiamo di rinunciare a proseguire lungo la cresta verso il monte Penna per imboccare la strada comunque suggestiva.

Febbio non è lontano e per questa notte Paolo mi ospita a casa sua. Beviamo una birra fresca riscaldati dal fuoco della stufa e ripensiamo alla tosta giornata odierna, felici di essere arrivati a destinazione e stupiti dalle meraviglie incontrate. Anche Paolo, che sta pedalando per l'ennesima volta questi sentieri, ne resta ogni volta ammirato.
Ride the Giant, nel parco nazionale dell'Appennino Tosco-Emiliano
Il terzo è il giorno del Gigante. Quello che avevo in mente fin da quando abbiamo deciso di affrontare questo itinerario: salire al passo, in quota, attraversare gli Appennini.
Partiamo da Febbio, intenzionati a completare parte del giro del Cusna, il pensiero alla vetta, le energie da gestire. Subito però, dopo un breve riscaldamento su strada fino a Pianvallese, mi rendo conto che il primo tratto di percorso sarà davvero impegnativo. La strada che da qui raggiunge l'abetina reale Alta Val Dolo è disastrata. Sassi, rocce, foglie e rami spezzati ci costringono a fare molta attenzione e usare parecchio l'aiuto dell'assistenza. Se dovessi fare questo giro con la muscolare probabilmente dovrai scendere in alcuni tratti.

Le faggete oltre i 1000 m sono già spoglie e navigiamo su un mare di foglie. Raggiunta la forestale che sale da Civago il gioco si fa più semplice e il fondo migliora molto. Il percorso sale, si arrampica lungo strade forestali, tracce tra boschi di faggi ormai spogli — perché l’autunno è lì con la sua veste. Ogni pedalata conta, ogni metro guadagnato regala una visuale nuova: versanti che si aprono, creste che sembrano infinite, aria fredda che punge.
Siamo nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco‑Emiliano e siamo praticamente soli. Paolo mi racconta ogni angolo di questo territorio, i sentieri che cura e pedala, le strutture dove porta la gente per farla sentiere a casa. Nonostante non sia nato qui, si vede quanto amore metta nel raccontare e prendersi cura di questo angolo di paradiso.
Silenzi che rincuorano, altezze che ti ricordano quanto sia piccolo il mondo visto da lì. Poco prima di raggiungere il passo di Lama Lite a 1749 m, gli abeti che avevano sostituito i faggi, svaniscono e lasciano spazio alle praterie d'alta quota.

Pausa in vetta. Il panorama è vasto: montagne, valli, alberi, crinali. Il monte Prado col suo Sperone fanno da sentinelle mentre il Cusna è un po' più in disparte: pare quasi non voglia essere disturbato. In lontananza il Cimone si fa vedere tra le nebbie mentre noi iniziamo la nostra lenta e inesorabile discesa verso la pianura che qui pare distante anni luce.
Sorridi, respiri e pensi che ne è valsa la pena.

Le salite ardue del Purgatorio dantesco
La lunga discesa ci porta ad affrontare un bel single trail a tornantini prima di ritrovare la sterrata verso Ligonchio.
Poco più avanti ci rifugiamo in una invitante osteria dove pasteggiamo con un tagliere di affettati niente male prima di ritrovare la sella e salire verso il monte della Stetta. Altri trail divertenti ci riportano a trovare il Secchia che passiamo nuovamente all'altezza dei Gessi Triassici.
Manca un'ultima salita per raggiungere il Purgatorio. La affrontiamo su asfalto fino alla panoramica chiesa di Sant'Apollinare a Ginepreto. Da qui in avanti inizia di nuovo lo sterrato, a volte tecnico, che porta di fronte alla Pietra di Bismantova: alte pareti di pietra, isolate, selvagge, che il sommo poeta Dante Alighieri paragonava ai difficili pendii del monte del Purgatorio. Non si può non restare incantati da questa roccia unica e speciale. Ci fermiamo un attimo, felici di aver raggiunto anche questa meta, ma il tempo stringe e abbiamo ancora parecchi chilometri a destinazione.

Un rapida picchiata ci riconduce in valle. Questa volta il torrente prescelto è il Maillo e i suoi guadi sono più impegnativi di quelli del Tassobbio. Resta un tracciato divertente e silente. Ancora una salita ci attende al tramonto e solo quando la notte ha già fatto capolino troviamo l'ultimo tratto sterrato di discesa e risalita per raggiungere Rossena e il suo dominante castello.

L’atmosfera è unica: la luce delle torce frontali illumina il sentiero e in lontananza i fari arancioni che rischiarano le mura del castello ci fanno da stella cometa. La sorpresa dell'arrivo nel B&B di Isolina, in una casa del '300 e con la straordinaria oste che ci accoglie, è il degno finale di questa giornata.

La fine di un'avventura
L'ultimo giorno pare quasi una formalità, in realtà si tratta di mezza giornata per poi concederci il tempo di rientrare a casa.
Partiamo passando proprio a fianco del castello di Rossena, attraversiamo il borgo medievale e ci infiliamo su una strada sterrata che porta rapidamente a valle sulle sponde dell'Enza, nei pressi di Ciano d'Enza.

Il percorso da qui in avanti segue il torrente Enza, con i suoi argini che sono ormai “nostri”. Ci sentiamo un po’ ragazzini nel fango: le pozzanghere, le curve, l’acqua che schizza. Ecco, è questo. Divertimento puro. L’arrivo a Sorbolo Levante chiude l’anello: la pianura ci accoglie di nuovo, i colori cambiano, la luce è diversa.
Il viaggio si chiude qui, con un abbraccio tra me e Paolo, che non potrò mai ringraziare abbastanza per avermi fatto vivere quest'esperienza in terre remote e accessibili allo stesso tempo, dimenticate ma che nulla hanno da invidiare a ben più rinomate mete di vacanze e viaggi nel nostro Belpaese.

Informazioni utili
Più in basso trovi qualche info pratica se volessi organizzare il viaggio



































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