Islanda in bicicletta
| Partenza/Arrivo | Selfoss |
| Tempo | 15 giorni |
| Dislivello | 11407 m circa |
| Lunghezza | 1342 km circa |
| Tipologia di strada | 90% asfalto 10% sterrato |
| Difficoltà | ![]() |
| Panorama | ![]() |





Islanda in bicicletta
Tappa 1, Selfoss - Sandartunga

Tappa 2, Sandartunga - Versalir
E così per i rimanenti 42 chilometri pedaliamo a fatica tra ciotoli e ghiaia. Vento favorevole, ma pioggia intermittente. Paesaggi lunari con riflessi argentati sulla roccia bagnata: splendido. La meta è Versalir, letteralmente Versailles, un rifugio di montagna ormai abbandonato da qualche anno che però, secondo alcuni racconti di viaggio, offre riparo in una specie di baracca in cui sembra sia possibile montare la tenda. Si pedala a fatica e si procede molto lentamente, ma si festeggia quando al posto del primo guado previsto troviamo un ponte recentemente costruito: non dobbiamo affrontarlo e procediamo rapidamente. Arriviamo alle 23,45 stanchi morti. Vento gelido e nessuna possibilità di accamparsi se non tra i sassi o cercando dell’erba in prossimità del fiume.
Del capanno accessibile citato nel web nessuna traccia. Ma c'è un'auto parcheggiata: è la nostra "giornata fortunata" dicono i tre pescatori in possesso delle chiavi dell’ex rifugio ed in procinto di passarci la notte dopo una giornata di pesca. Mossi a compassione, data l’ora e le temperature, ci invitano ad entrare, ci offrono una birra per accompagnare i nostri liofilizzati e una stanza con due letti a castello per passare la notte. Proprio niente male! Chiacchierata su viaggi, pesca, cibo italiano che, come sempre, è molto trendy e... a nanna. Dei 92 chilometri percorsi, 42 sono in mountain road.Tappa 3, Versalir - Nydalur

La vista del rifugio si rivela una liberazione, anche se poco prima di raggiungerlo c'è un ultimo guado da superare. Il montaggio della tenda è per nulla facile col vento forte e gelido. Nel rifugio non c'è ristorante né si può cucinare se non si dorme all'interno, pertanto sperimentiamo la preparazione del cibo in tenda: un po' come tornare bambini. La notte sull'altopiano, col ghiacciaio così vicino, un'esperienza in linea con tutto il resto: ci vorrebbero almeno quattro borse per contenere tutti i vestiti da indossare dentro il sacco letto. Ci si addormenta sotto la pioggia mista a neve. I 55 chilometri percorsi sono tutti in mountain road.

Tappa 4, Nydalur - Laugafel
Ci lascio lo specchietto durante le operazioni di carico, ma almeno non corriamo alcun rischio. E’ evidentemente un mezzo a disposizione della "sicurezza stradale". Devo ammettere che sulla F26 sono state numerose le Jeep del 112 che abbiamo incontrato in pattugliamento nei due giorni di attraversamento. Rincuorante. Dopo qualche chilometro incontriamo l'atteso bivio con la F910, ma più di spingerci a leggere i cartelli di divieto, non possiamo fare. Ancora chiusa, probabilmente per i guadi da mettere in sicurezza e il fondo stradale da rendere quanto meno agibile. Confesso che nessuna lacrima è comparsa sui nostri visi, le condizioni della F26 ci hanno già visibilmente provati ed essere fra i primi a passare non ci dà poi tanta sicurezza. Insomma, mesi di preparativi svaniti in un attimo e costretti al cambio di programma: percorrere la F26 verso nord fino a Godafoss per due giorni di viaggio.
In marcia dunque. Al bivio con la F752 compaiono due cicloviaggiatori in sella a delle fat bikes. Provengono da Laugafell, dove hanno passato la notte. L'opzione che già avevo considerato e che mi stuzzicava non poco si stava manifestando: qualche giorno prima nel sito ufficiale sullo stato delle strade risultava chiusa anch'essa come la F910. I due americani sono fra i primi a percorrerla dato che proprio quella mattina è stata aperta. Un colpo di fortuna: le hot spring di Laugafell sono a poco più di trenta chilometri da noi. Non abbiamo però le loro bici! Le nostre gomme (Schwalbe Marathon plus tour da 35), sebbene di sufficiente larghezza, non possono reggere il fondo della appena nata F752. Un vero calvario. Vento terribile in direzione contraria e tanta sabbia sul fondo sassoso ci costringono a spingere ed a scendere per evitare rotture.
Hai in mente che cosa significa risalire il greto di un torrente in secca? Bene, questa è l'idea più verosimile che mi viene in mente per descrivere la strada. Con tanta pazienza e ostinazione si percorre e ormai non si torna indietro. Anche qui tanti i guadi, ma almeno una piccola fortuna: una pala meccanica ne sta sistemando uno più profondo e lo superiamo accomodati sulla benna. L’arrivo a Laugafell è in tarda serata, poi un'oretta in ammollo nella bellissima piscina ricavata tra le pietre e con l'erba ai bordi ci ripaga di tutte le fatiche. Freddo, come sempre, con qualche raggio di sole a riscaldare l'umore. I 47 chilometri percorsi sono tutti in mountain road.Tappa 5, Laugafel - Varmahlíð
Un ultimo ostacolo: una discesa lunga e ripidissima. Ci riteniamo fortunati a non doverla affrontare al contrario: non so se sarebbe stato possibile con i rapporti con cui siamo equipaggiati (34 anteriore, 40 posteriore). Superata la discesa costeggiamo il fiume in mezzo al verde, attorniati da branchi di cavalli dalle folte criniere che corrono fuori e dentro ai recinti. Qualche chilometro e avremo di nuovo l'asfalto sotto le ruote. Verrebbe quasi da festeggiare, se non fosse che nell'ultimo chilometro di sterrato la strada si interrompe per il fiume che l'attraversa. Viva l'Islanda e viva le scarpe da sub. Gli ultimi venti chilometri sono ormai una formalità e la cena "vera" nel self service della stazione di servizio di Varmahlíð - testato per qualità e prezzo durante il giro 2016 - una certezza più che un desiderio. Notte con le tende piantate in mezzo agli alberi. 92 i chilometri percorsi, di cui circa 50 in strada di montagna, 19,5 in sterrato e 22 su asfalto.
Tappa 6, Varmahlíð - Saeberg
In fondo i 120 chilometri su asfalto da percorrere sembrano non essere tanti. Forse in qualsiasi altro posto, tranne che qui. I primi 50 chilometri, a dire il vero, nonostante la lunga salita, risultano abbastanza agevoli in quanto a favore di vento. Ritroviamo panorami già noti, si pedala in vallate ampie e verdi tra tante fattorie, branchi di cavalli che scorazzano in ampi recinti danno l’impressione di essere liberi. I rimanenti settanta, invece, una specie di calvario: il vento gelido frontale o di traverso trasforma una potenziale tranquilla tappa di trasferimento in una poderosa faticata. Gli ultimi dieci chilometri sono sicuramente i peggiori, con velocità di avanzamento di poco superiore al "passo d'uomo". Una signora in maniche corte, protetta all'interno del suo SUV, si ferma incuriosita mentre a lato della strada ci vestiamo da pioggia, e intavola una chiacchierata sul nostro giro in bicicletta. Quando ci saluta, ci chiama "Italian vikings", strappandoci un sorriso. La sosta notte è al campeggio di Saeberg che, ben segnalato, si trova non appena la strada si avvicina al fiordo di Hrútafjörðu, dove con sorpresa oltre a una bella cooking vista mare, troviamo una hot spring in cui dimenticare il vento micidiale che ci ha sconfitti anche oggi.Tappa 7, Saeberg - Hólmavík
125 i chilometri previsti per la giornata odierna. Non pochi, ma si affrontano con ottimismo, dato che il vento non è forte e il tempo non minaccia pioggia. Si entra nei fiordi e c'è entusiasmo per questa seconda parte: reportage di viaggio e islandesi interpellati li hanno sempre descritti come bellissimi. E così è in effetti. Percorriamo la strada che costeggia il Mar di Groenlandia per giungere ad Hólmavík e gli scenari sono secondo le attese: desta sempre piacevoli sensazioni vedere l'erba che tocca il mare e le rocce delle montagne poco distanti. Tutto il percorso è disseminato di fattorie attive per la raccolta del foraggio; inizio a chiedermi come si possa vivere così isolati: tra una casa e l'altra ci sono diversi chilometri e può risultare probabilmente splendido in estate, ma chissà quanto malinconico durante le lunghe giornate invernali, quando le ore di luce si riducono a meno delle dita di una mano!
La strada è comunque per lo più deliziosa con i continui saliscendi, tranne per i tre blocchi di sterrato che occupano un terzo del percorso, ovvero una quarantina di chilometri. I due primi sterrati si trovano in corrispondenza dei punti in cui la strada, allontanandosi dal mare, si inerpica su per la montagna per lunghe salite che superano, in pochi chilometri, i duecento metri d'altezza con pendenze importanti. Insomma, la velocità totale risulta alla fine della giornata molto rallentata. La notte la passiamo nel campeggio di Hólmavík. Attenzione ad arrivare in tempo: è possibile usufruire dei locali cucina solo fino alle 20:30.
Tappa 8, Hólmavík - Reykjanes
Ti rispondi che lo sapevi, che lo hai scelto e... che questa forse è l'Islanda più vera. Lasciata l'ultima fattoria sul fiordo dopo Hólmavík, non incontriamo più alcun segno di vita, nemmeno le pecore. Eppure l'altopiano, costellato di laghetti naturali, deve essere stupendo col sole. La pianura seguente si presenta come una specie di combattimento contro il vento e così la discesa per poter avanzare. Poi finalmente il fiordo si apre con scenari bellissimi che ti rimettono in armonia con la natura e.. con il viaggio. Viene in soccorso al nostro umore anche un "abitante" locale: lo sforzo di osservare di continuo la superficie dell'acqua per scorgere qualche mammifero viene finalmente ripagato e scorgiamo, in lontananza, lo sbuffo allegro di un cetaceo danzante. Grazie di averci onorato della visita. Il campeggio di Reykianes, in una struttura un po' fatiscente, ha almeno una grande piscina bollente in cui rigenerarsi.Tappa 9, Reykjanes - Isafjordur
Nonostante l’assenza di vento, non procediamo veloci, ci prendiamo tutto il tempo per goderci lo spettacolo e per immortalarlo nei nostri ricordi. Abbiamo la fortuna di imbatterci, quasi in prossimità della punta dello Skötufjörður, in una colonia di foche e, poco più avanti, in una balenottera che salta fuori dall'acqua e si tuffa di lato. L'esperienza è emozionante. I chilometri scorrono veloci e percorriamo su e giù i fiordi Seyðisfjörður e Álftafjörður che ci separano dalla meta. La strada a volte sale, ma mai impegnativa e con lunghe discese. Finalmente sembra di visitare un paese nuovo in cui è piacevole pedalare. Ad Ísafjörður ci sistemiamo nel delizioso campeggio all'interno della vallata, sotto una cascata. Notte sul bordo del torrente.
Tappa 10, Isafjordur - Flokalundur
E le meraviglie continuano: non possiamo che confermare quanto le indicazioni e i suggerimenti raccolti durante la preparazione del viaggio fossero veritieri: si tratta di scenari stupendi tra montagne di roccia nera che cadono quasi a picco e vallate verdissime che declinano dolcemente verso il mare. Un mare che col sole diventa blu intenso e non puoi non fermarti ad ogni curva per portarne a casa un pezzetto racchiuso nella fotocamera. Il superamento di un fiordo diventa l'avventura di un coast to coast, perché lasci il mare alle spalle per ritrovarlo davanti con un passaggio in montagna. Ed è fatica reale perché queste sono vere e proprie scalate con pendenze che arrivano al 15/16%. Ma più si sale col carico e più la fatica si trasforma in orgoglio e cresce la curiosità di vedere quale nuova meraviglia ti aspetta dopo la cima. La giornata, alla fine, ci fa pedalare per ore 8,30 (di movimento reale) e quasi 12 in totale, anche perché 70 chilometri del tragitto si percorrono su strada sterrata! La visualizzazione del profilo altimetrico realizzato credo sia la miglior sintesi per descriverla a chi deve affrontarla, con la raccomandazione di arrivarci a livello fisico ottimamente preparati: la seconda salita è di km 9,5, la quarta di 10 e dopo un breve respiro si sale ancora per diversi chilometri. Una tappa "alpina", sull’oceano! Notte al campeggio di Flókalundur dopo un meritato relax nella hot spring a ridosso del mare. Dei 114 chilometri percorsi, circa 70 sono in sterrato.
Tappa 11, Flokalundur - Ólafsvík
La costa che percorriamo pedalando è magnifica e i colori vengono esaltati in tutta la loro lucentezza. Il repertorio tipico islandese si rinnova ad ogni curva: mare, laghi, cascate, campi di lava, montagne imponenti dalle forme bizzarre sono una magia per i nostri occhi. Dopo il superamento dell'ultimo rilievo in vista della nostra meta, la valle torna in ombra per le solite nuvolacce nere che oscurano il sole. Tutto cambia ed è come se il pittore avesse cambiato la tavolozza dei colori e i pennelli tingessero con sole sfumature di grigio: non si trova più lo spunto per una foto.
Mi chiedo quale sia il periodo migliore per visitare l'Islanda e per trovare anche un po' di sole. Una signora islandese con cui conversavo nella hot spring, diceva che giugno è un buon mese e settembre probabilmente il migliore per certe colorazioni speciali che si possono ammirare.
In luglio è normale avere soprattutto giorni nuvolosi con tanto vento e, se si è fortunati, con poca pioggia. A proposito di giugno, mi è tornato in mente che un cicloviaggiatore di nazionalità francese che abbiamo incontrato all'inizio del nostro viaggio a Selfoss ci ha riferito che era in Islanda dal 3 giugno e che aveva avuto un solo giorno di sole: per il resto tanta pioggia, vento e persino la neve! Mah! Questa è l'Islanda e se vuoi visitarla devi imparare a convivere con il suo clima, devi godere del sole quando c'è e conservarne il ricordo per apprezzarla anche in bianco e nero. Notte al campeggio di Ólafsvík dopo una cena al fish and chips che, oltre ad offrire ottimo merluzzo fresco, garantisce quantità a prezzi ragionevoli.
Tappa 12, Ólafsvík - Arnastapi
Con quello che ne consegue a livello di infiltrazioni nei tessuti che, sebbene antipioggia, prima o poi cedono al passaggio. Ci fermiamo ad Arnastapi, nel primo campeggio disponibile, anche se l'acquitrino in cui siamo costretti ad accamparci e i servizi inclassificabili (in pochi campeggi visitati durante il viaggio sono presenti le docce) non permettono una sosta confortevole, ma proseguire non è proprio possibile. Un po' di calduccio nella tenda, qualche capo ad asciugatura forzata con l'hand dryer della toilet, si attende la prossima alba. Asciutta, si spera. Un peccato però, perché la programmazione del viaggio prevedeva un dulcis in fundo con la visita della penisola in totale relax godendo dei paesaggi, data la conformazione facilmente pedalabile del territorio. Invece l'esperienza è divenuta più un gioco per tenere in equilibrio la bici tra il vento e i mezzi che sfrecciano sulla stretta strada con la visuale abbassata e rigorosamente in monocromatico, come fosse un videogioco dei primi Atari ST.
Tappa 13, Arnastapi - Borgarnes
Di buon'ora, sotto la pioggia e nel pantano, si smonta e si parte. Più che partenza sembra una ritirata strategica dalla pioggia, sperando nell'esattezza delle previsioni che indicano miglioramento. Viva la meteorologia, il vento è debole, via i vestiti rain e si vola. Il paesaggio, sotto le nubi basse, ha poco da offrire. Forse sono anche suggestive le montagne che la strada affianca, ma sono coperte. Con altra luce probabilmente le spiagge, sempre meno laviche, riuscirebbero a strappare delle foto. Non è la giornata giusta però. Un peccato che questa penisola di cui si legge piena di delizie ci dia così poco. Per fortuna la costa nord, percorsa in un pomeriggio di sole, le rende giustizia. A mano a mano che ci si avvicina a Borgarnes, la pianura è sempre più densa di fattorie con gli immancabili allevamenti e i campi a foraggio. La strada è comoda e, senza alcun ostacolo climatico, la giornata si trasforma in una delle più semplici pedalate dell'intero viaggio fino a qui percorso. I quasi 120 chilometri coperti in sei ore lo testimoniano. Nel campeggio di Borgarnes, anch'esso scarno e con servizi inferiori all'essenziale, abbiamo modo di far asciugare al timido sole la tenda riposta ancora bagnata, prima di rimontarla per trascorrere la notte. Smartphone alla mano e focus su vedur.is per scrutare, come fossimo marinai, il prossimo cielo e capire come superare la prossima tempesta annunciata.
Tappa 14, Borgarnes - Reykjavík
Che cicloviaggiatore stupido! Questa la riflessione continua che martella la mente durante gli otto chilometri infernali. Poi la scarsa memoria fa il suo corso: appena abbandonata la ring per evitare il tunnel sottomarino non accessibile alle biciclette e attenuatosi il vento, le meraviglie della natura prendono il sopravvento sui rimorsi e ricompare la gioia di pedalare.
Tappa 15, Reykjavík - Keflavik
Dopo un goffo tentativo di procedere attraverso le ciclabili evitando la superstrada per Keflavík, alla fine ci si butta nel traffico per l’ultima lotta. Contro il solito... vento contrario. E, come sempre, la battaglia è persa. Viva l’Islanda! L'aereo ci aspetta per "uscire" dal viaggio. Credo, durante questo bis islandese, di esser stato maggiormente "dentro" al viaggio rispetto all’anno scorso. Maggiore è stata la coscienza di quanto mi aspettava e maggiori timore e rispetto della terra e della natura che la domina. È la Natura, con le sue forze spesso avverse che mettono a dura prova l'adattabilità di noi mediterranei, a farla da padrone. Puoi proteggerti, fino a che ti è possibile, ma il rischio è di uscirne sempre sconfitto. Devi comprenderla ed imparare a rispettarla: questa è la lezione islandese ed è così che si è veramente "dentro" al viaggio.
Dietro la bellezza di un paesaggio c'è una piccola conquista che va assaporata col silenzio che ti circonda, ascoltando il vento che ti martoria anche quando ti riposi, guardandoti indietro da dove sei venuto.
































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