Benvenuti nel Kashmir! Il primo alloggio è programmato in una tipica e piacevole houseboat ancorata nel lago Dal, i cui gestori si rivelano subito degli abili cacciatori di punteggi Booking. Peccato che provino a venderti di tutto: anche il giro in gondola, vagamente somigliante a quella veneziana, lungo la città galleggiante, si palesa un tentativo per vendere pashmine (prodotti tessili a base di pregiatissima lana cashmere), con tanto di pantomima del ragazzo dagli occhi tristi e la testa china che si mette al lavoro con ago e filo, giusto un attimo prima del nostro ingresso, si rialza indifferente e se ne va quando gli spieghiamo che non siamo interessati.
Tappa 1 | Srinagar - Ganger, Gagangir
75 km |
977 m |
5h 42 min |
2300 m


Tappa 2 | Ganger, Gagangir - Drass
76 km |
1402 m |
6h 33 min |
3086 m
Per fortuna la pioggia ci ha costretti ad una sosta forzata il giorno precedente, altrimenti avremmo faticato a trovar posto in hotel. Nei pressi di Baltal iniziamo ad intravedere la strada che dovremo affrontare per arrivare al passo Zojila che si trova a 3529 metri, per noi il primo test in altura con duemila metri di dislivello rispetto alla partenza. Non ci piacciono le cose facili. No, proprio no. Perché per il primo test non proponiamo un percorso che ricordi vagamente una strada che con la pioggia si trasforma in un letto di fango? Ma sì, mettiamoci anche un po' di frane per ridurre la carreggiata e una teoria interminabile di camion militari e di pittoreschi Tata (gli automezzi pesanti di produzione indiana) bloccati o che procedono a passo d'uomo. Ora provate ad iniziare ad ansimare per la non abitudine alľaltura e per la fatica di far girare le ruote appiccicate al fango, fate un bel respiro a pieni polmoni mentre un Tata (cat. Euro sottozero) sorpassa e vi avvolge in una nuvola di fumo nero. Ho reso l'idea? In una giornata soleggiata le sensazioni sarebbero risultate più piacevoli, in fondo abbiamo scelto noi di affrontare questo percorso. Chissà se invece, quella di trovarsi nel posto in cui è, sia una libera scelta per la bimba appena uscita dalla tenda di un accampamento di pastori “nomadi”? Lungo la valle che discende dopo il passo si incontrano numerose tende multicolori, appoggiate a cordoli costruiti con pietre: l'idea di vivere in quelle condizioni e a quelle quote mi lascia un po' perplesso. A quella bimba provo a sorridere, ma rimane avvolta nello stesso sguardo assente. Ho scritto nomadi tra virgolette nel dubbio che più che di nomadi si tratti di pastori stagionali che portano i greggi ai pascoli d'altura. Molti di loro hanno lo smartphone e da alcune tende spuntano dei piccoli pannelli solari. Discendendo dal passo, la strada pur in pessime condizioni si lascia percorrere grazie alle pendenze più dolci e poco prima del confine con il Ladakh diventa asfaltata. La polizia di frontiera invita i viaggiatori a fermarsi e a compilare due moduli con una miriade di informazioni. La stranezza è che i moduli sono quasi identici. La strada continua a scendere e il primo villaggio utile per la sosta notte è Drass. Stessa tipologia di hotel, con Dhaba annessa (una sorta di tavola calda con accesso diretto alla strada, tipica di queste zone) per un ottimo riso basmati accompagnato da zuppe di fagioli e di ceci, e identica modalità di riposo: nel proprio sacco a pelo. Il Wi-Fi non è disponibile, usiamo ľhot-spot di un gentile avventore per inviare notizie a casa. Ah, la doccia? Come per la notte precedente, non se ne parla e non ho tanta voglia di chiedere come si usano i due contenitori di diversa grandezza, agganciati l’uno all’altro e igienicamente poco rassicuranti, preposti alle abluzioni.
Tappa 3 | Drass - Mulbekh
96 km |
1258 m |
6h 00 min |
3300 m
Ci salutano e sorpassandoci sollevano la mano col pollice alto. Qualcuno ci affianca e ci fa domande. Quando siamo in sosta a far foto, si fermano e ci tengono compagnia. Sono stupiti nel vedere cicloviaggiatori in quelle lande desolate e riconoscono la fatica che, sebbene diversa, è anche loro. Tra le tante domande, al "Ue'duiucamf'om?" - "aicamfromit'li", l'indiano di Delhi blocca la sua moto e pretende un selfie con il casco in mano mostrando il 46 e "Io sto con Vale". All'aggiunta di particolari sulla vicinanza geografica del nostro comune di residenza con la città di Valentino Rossi, letteralmente impazzisce. Notte in una guesthouse all'ingresso di Mulbekh, della stessa tipologia delle precedenti, la camera si affaccia su una parete rocciosa su cui è scolpita la figura di un grande Buddha. Ogni passante fa girare la ruota della preghiera sottostante e la campana annessa ci fa compagnia durante il meritato relax.
Tappa 4 | Mulbekh - Lamayuru
66 km |
1261 m |
5h 15 min |
3560 m
Si parte presto, ci aspettano due passi Hors Catégorie: il Namikala a 3700 m e il Fatula a 4100 m. Mattinata assolata: chissà che il sole sempre agognato non si trasformi in problema oggi! Percorriamo i primi chilometri nella valle, ricevendo i saluti dei bambini che vanno a scuola, vestiti con la stessa uniforme. Qui le scuole aprono a marzo e chiudono a novembre. Poi credo vadano tutti in letargo fino al disgelo. Sono numerose le ruote di preghiera, così come i Gompa, che si incontrano lungo la strada e si uniscono alla vista dei minareti delle moschee. Può capitare, e fa anche piacere per la sensazione di grande rispetto che comunicano, sentire il suono contemporaneo della campana e il canto dei muezzin. La strada inizia a salire, ma non spaventa: le pendenze rimangono intorno al 5/7% e l'aumento di quota, partendo da 3300, non è poi proibitivo. Si ansima un po' all'inizio, poi pare che il respiro si assesti e si salga con relativa facilità.
In fondo ľincognita del percorso ad alte quote unitamente all'incertezza dei posti in cui dormire ci ha costretti a diverse tipologie di vestiario e a portarci dietro, anche per emergenze legate a bufere, tenda e sacco a pelo. Insomma, siamo belli carichi. In cima al passo Namikala una breve sosta per la foto di rito e giù in discesa pronti per il falsopiano di collegamento alla salita successiva. Con l’alternanza di discese e ripide salite, le gambe soffrono e non vedi l'ora che arrivi la salita vera e continua. In prossimità di una curva, mentre pedalo con tranquillità, scorgo un gruppo di persone a qualche decina di metri. Sono bambini che insieme alle loro mamme stanno facendo colazione all’ombra degli alberi. Mi incuriosisco, mi fermo e li raggiungo nel momento in cui l’interesse diventa reciproco e mi chiamano. Ancora mi viene da sorridere per l’imbarazzo di trovarmi in mezzo a loro a scambiarci saluti e ad appagarne la curiosità; tra sorrisi di cortesia riesco ad accettare solo biscotti: la zuppa vegetale che mi offrono in una scodella metallica mi genera una grande acquolina in bocca, ma preferisco non avventurarmi nell’assaggio.
Si torna a pedalare per la seconda fatica, con la soddisfazione di controllare ad ogni metro la quota in avvicinamento sul nostro ciclocomputer fino ai 13479 feet, ovvero a quota m. 4100 s.l.m.
La discesa è in strada leggermente dissestata, ma Lamayuru è ormai vicina. Decidiamo per la sosta notte piuttosto che raggiungere il fondovalle. Il monastero, incastonato nello spuntone roccioso, merita la visita. Nelle sue sale interne, così riccamente agghindate con tappeti e pareti colorate, assistiamo alle salmodizzazione dei mantra da parte dei monaci. La sequenza melodica, così densa di basse frequenze, trasporta in una dimensione quasi irreale. Qualche bambino in tunica serve il tè, qualche novizio, forse non riuscendo a leggere bene il testo della preghiera sui piccoli libretti rettangolari, estrae dalla tasca dell’abito lo smartphone e inizia a smanettare: potenza della modernità! L'albergo annesso al monastero, gestito dai monaci, ha la doccia e le lenzuola profumate(!) ed è dotato di Wi-Fi. Solito meritato relax accompagnato dal rintocco della campana della ruota della preghiera, che si ripeterà come d’incanto anche durante la notte, e dalla vista delle gialle e imponenti montagne che si stagliano davanti alla nostra camera.
Tappa 5 | Lamayuru - Leh
117 km |
1720 m |
7h 13 min |
3580 m
Eppure è iniziata, dai 3600 di Lamayuru, con una bella discesa, lunga quasi una ventina di chilometri fino ai 3000 del fondovalle. Gli scenari mozzafiato e le formazioni rocciose continuamente diverse e strane hanno entusiasmato la nostra passeggiata mattutina. Poi il fondovalle inizia lentamente a salire con i soliti strappi spezzagambe fino a che la salita non diventa vera. Le pendenze, generalmente non elevate, permettono di trovare un buon ritmo di pedalata, alla fine è una vera montagna quella che viene scalata fino ai 3600 metri di questo passo senza nome e, con il passare delle ore, il sole senza alcun contrasto di nuvole o vento inizia a farsi sentire.
Un ragazzo indiano, conosciuto per strada e unico ciclista incontrato finora, con una MTB troppo carica e una scarsa esperienza ciclistica regge il nostro passo fino a che lo aspettiamo, poi sulle pendenze sempre più ripide delľultimo tratto decide di aggrapparsi ad un vecchio Tata che, sbuffando più di lui per il grosso carico che trasporta, procede così lentamente da permettergli di agguantare un pezzo di lamiera sporgente. Ma di lì a poco cederà e ci abbandonerà, preferendo una sosta obbligata. Scendiamo quindi brevemente per poi trovarci di nuovo a scalare, con i suoi 3500, la montagna che ci congiunge alla vallata del fiume Indo, in cui si trova Leh, la capitale del Ladakh.
Si rivela una salita vera e lunga, con gli ultimi chilometri sempre più ripidi e il sole del pomeriggio ancora più implacabile. Per fortuna qualche sorriso ce lo strappano le magnetic hills, la cui invenzione del fenomeno abbiamo deciso di attribuirla al gestore di un bar. Il locale fronteggia lo spazio in cui le auto, attratte dal presunto suolo magnetico, dovrebbero se lasciate sfrenate, muoversi da sole (anche se su una ipotetica pianura). La cosa buffa è che anche le nostre bici in alluminio, grazie al vento a favore e alla pendenza del suolo che rileviamo, si muovono nella stessa direzione delle auto! Giunti sulla sommità, si inizia a scorgere, come una vera e propria oasi nel deserto, la verde vallata in cui si estende Leh. E dopo la discesa, ormai stremati, affrontiamo l'ultima salita che ci porta ai 3500 della città. Notte in un’accogliente guesthouse, lontana dai rumori e dai clacson delle auto, ma anche dalla compagnia dei rintocchi delle campane delle ruote di preghiera a cui avevamo fatto ormai l’abitudine.
Tappa 5a | Leh - Khardun La - Leh
74 km |
1720 m |
6h 41 min |
3580 m
Ci dà appuntamento alle 10.45 per ritirare i permessi, ma aspettiamo fino a mezzogiorno per averli in mano. E intanto il cielo è di un azzurro intenso, terso e senza nuvole! Il Khardun La, il passo che collega la Val Nubra alla vallata di Leh, si trova a 5600 metri sul livello del mare, viene orgogliosamente indicato dai locali come il passo stradale più alto del mondo, lo si raggiunge dalla capitale del Ladakh dopo 38 chilometri di salita.
Partire a mezzogiorno ci rende non poco inquieti, ma si confida sul vento in quota che dovrebbe almeno mitigare l'assolamento delle ore centrali. Di fatto si soffre il caldo per i primi dieci chilometri, poi si procede con temperature più fresche. La passeggiata odierna è un test fondamentale per capire se la preparazione fisica e ľacclimatamento sono adeguati per affrontare la seconda parte del viaggio, quando una volta superato il passo Taglang a m. 5358 non si potrà discendere al di sotto dei 4600 dell'altopiano che ci riporterà ad un altro passo, il Lachung, posto a m. 5064.
Certo, 38 chilometri rappresentano una distanza enorme se percorsa in salita, ma grazie alle pendenze piuttosto dolci (5/7%) si riesce a salire senza grosse difficoltà con la bici priva di borse, lasciate alla guesthouse di Leh.
Tappa 6 | Leh - Rumtse
80 km |
1113 m |
5h 13 min |
4200 m
Il percorso si presenta impegnativo dal punto di vista fisico, data la presenza di passi ad alte quote, ma siamo ormai rodati e non ci spaventa. Partiamo da Leh verso mezzogiorno dopo le visite ai luoghi che hanno suscitato la nostra curiosità e, districandoci tra il traffico, iniziamo a discendere gradualmente fino ai 3200 metri del fondovalle. La sensazione di essere in un'oasi nel deserto è ancora più netta osservando l'assenza di qualsiasi tipo di vegetazione nel paesaggio sabbioso circostante. È curioso che Leh, nonostante l’altitudine in cui è ubicata, venga raramente coperta di neve in inverno, grazie alle barriere montuose che la circondano, sebbene rimanga isolata per la impercorribilità della "Highway Road" Srinagar - Manali. L'aeroporto della base militare ne garantisce i rifornimenti.
Decidiamo di rimanere nel progetto originario in direzione del passo Tanglang, inoltrandoci in una gola che ci accompagnerà fino a Lato per circa 30 chilometri. Gli scenari sono ora cambiati, le montagne dalla roccia color marrone intenso, seppur prive di vegetazione, danno la sensazione di aver abbandonato il deserto. La strada sale con le consuete pendenze e, grazie alle temperature più fresche, ci si ritrova ai 4200 di Rumtse, l’ultimo villaggio in cui sappiamo trovare un riparo coperto per la notte prima dei campi tendati. Nessun Wi-Fi ovviamente nella "Homestay" che offre "room with attached bathroom" (con doccia!) perché la zona non è coperta da segnale e anche stanotte, sebbene la stanza sia carina, con tende colorate, materassi a terra ricoperti da morbidi tappeti e con la disponibilità di pesanti coperte, in assenza di lenzuola e di federe pulite, preferiamo il nostro caro saccoletto.
Tappa 7 | Rumtse - Pang
97 km |
1320 m |
7h 14 min |
4544 m
Ma veniamo a noi. La tappa di oggi prevede il superamento del passo Tanglang a m. 5358. Nonostante la scelta di Rumtse sia stata fatta per essere più vicini al passo, la vetta dista 31 chilometri.
Il cielo è parzialmente nuvoloso e i landscapes non brillano in bellezza. Non resta che pedalare dosando le forze, dato il carico che trasportiamo. La vista delle ali maestose di un’aquila che ci sorvola ci attenua per un’attimo la fatica. Quattro ore di concentrazione per controllare il respiro e tanta tenacia: questo il segreto per arrivare in cima. Va detto che la preparazione fisica è iniziata diversi mesi fa, personalmente mi sono allenato sui monti casalinghi quasi ad ogni uscita. Per tutta la traversata himalayana assumiamo quotidianamente Diamox, il diuretico consigliato in forma preventiva per attenuare gli effetti del mal di montagna che, nella fase acuta, può rivelarsi molto pericoloso. Per saperne di più, ti rimando ad una pagina web di Sergio Borroni, cicloviaggiatore e medico, che spiega scientificamente il processo.

Tappa 8 | Pang - Sarchu
76 km |
1082 m |
6h 23 min |
4346 m
A ottobre la prima neve costringe tutti a tornare nelle città, pastori compresi. La Highway Road che parte da Sarchu in direzione Manali, pur essendo l'unica via di collegamento, assomiglia vagamente ad una strada e probabilmente è stata asfaltata fino a qualche anno fa, ma ora si è costretti a pedalare per 32 chilometri sul fondo sassoso al limite dell'impraticabile, richiedendo tanta pazienza ed equilibrio. Per i primi sette chilometri ci si muove in uno scenario particolare, con pareti sabbiose scoscese, da cui spuntano rocce verticali che ricordano i comignoli delle fiabe.
Poi inizia la salita che per un breve tratto si snoda tra tornanti e curve cieche sul dirupo sottostante. La strada entra nella valle che si allarga seguendo il corso del fiume Tsarap per 14 chilometri. Oggi sembra che si siano dati appuntamento bikers, camion militari e i soliti "Tata" per riversarci addosso così tanta polvere da ridurci due macchie bianche semoventi. Il passo Lachung è posto a m. 5064, il cui superamento non fa più notizia, considerato il buon adattamento del nostro fisico. La discesa di 6 chilometri termina con un rigenerante milk tea bevuto durante una breve sosta nel piccolo accampamento di tende. Si risale immediatamente per altri 4 chilometri fino al passo successivo, il Nakeela a m. 4738, dove finalmente inizia l'asfalto e si ridiscende per ben 22 chilometri. In tutta questa zona non sono presenti pastori né ci è capitato di vedere animali selvatici. Anche le foto sono diradate, sembriamo quasi assuefatti alla vista di rocce e montagne. O forse la nostra preoccupazione è più rivolta a dei neri nuvoloni che sembrano minacciarci sempre più vicini.
Non faccio in tempo ad osservare che il profumo umido e terroso della pioggia imminente si svela identico a quello delle nostre parti. In men che non si dica, ci troviamo nel bel mezzo del temporale e sotto la grandine. Siamo ormai nella pianura del fiume Tsarap, a una ventina di chilometri da Sarchu, luogo prescelto per la notte, ma la pioggia mette sempre a disagio chi si muove in bicicletta, le temperature scendono molto rapidamente (di colpo a 6°) e nella fretta di proteggersi dalla pioggia con gli abiti adeguati, non riusciamo ad indossare indumenti intimi più caldi. Se un acquazzone come quello descritto si abbattesse in cima a un passo da 5000 metri, la discesa sarebbe a dir poco... congelante.
Le previsioni promettevano bel tempo qualche giorno fa, per questo motivo e quasi a prevenire brutti incontri metereologici alle alte quote, ci siamo messi in marcia anzitempo, quasi scappando da Leh. A Sarchu tutti i fabbricati sono in lamiera, pareti, tetto e toilette esterna. Preferisco non descriverne i particolari, ti lascio con la curiosità culinaria se il riso che mangeremo stasera sarà accompagnato da fagioli, ceci o lenticchie. Scherzi a parte, devo ammettere che ho sempre mangiato volentieri queste pietanze, così come i momos (ravioloni di origine tibetana) e i chapati (simili alle nostre piadine). Rifiuto solo le zuppe vegetali di colore biancastro: sono generalmente preparati Knorr!
Tappa 9 | Sarchu - Jispa
85 km |
830 m |
6h 28 min |
3400 m


Tappa 10 | Jispa - Khoksar
66 km |
940 m |
4h 51 min |
3200 m
I primi chilometri sono un po' inquietanti per la presenza di numerose zone della strada ricoperte da sassi precipitati dal monte. Non si vede alcuna messa in sicurezza con reti o altre protezioni e si procede cautamente, nonostante la presenza di enormi massi instabili, in bilico lungo la parete rocciosa, a malapena sorretti da altri più piccoli. Un occhio al dirupo e uno al monte. A mano a mano che si risale il fiume si ha l'impressione di pedalare lungo una vallata alpina, circondata da montagne erbose con formazioni rocciose più in alto, cascate e ghiacciai sulle cime. A pochi chilometri da Khoksar, al di là del fiume, osserviamo l'ingresso del tunnel in costruzione per Manali. Con il traforo, il Rohtang pass perderà il fascino romantico del “percorso per duri" per raggiungere il Ladakh, tanto amato dai bikers, ma la vita delle valli più interne si arricchirà durante l'isolamento invernale. Chissà se i locali saranno tutti entusiasti dell’avvento della modernità! Siamo ormai a Khoksar. Nulla di interessante da segnalare se non la presenza di alcune homestay prima del ponte, che ci permetteranno di passare la notte di vigilia dell'ultima tappa.
Tappa 11 | Khoksar - Manali
70 km |
852 m |
5h 07 min
Abituato all'idea che gli indiani si spostassero a cercare lavoro in Europa, prendo atto dell'esistenza di questo movimento migratorio interno. C'è un po' di sole ed è un piacere pedalare. Siamo in compagnia, oltre che di tre cani randagi che ci hanno adottati come loro nuova famiglia, dei soliti Tata, bus e pulmini turistici. Abbiamo sicuramente le gambe provate da innumerevoli fatiche consumate in altura, ma questa salita, fra tutte quelle percorse, sembra essere la più dura, con pendenze che toccano spesso il 9%. Dopo circa 6 chilometri la strada diventa impraticabile e per 5 lottiamo tra fango, terreno sabbioso misto a sassi, in un inusuale "sobbalza sopra la pietra e poi affonda nella sabbia". Tutto ormai si supera con la solita caparba tenacia. Salendo, è impossibile non notare il moto veloce delle nubi che giungono dalla vallata di Manali: sono basse, all'altezza del terreno e, spinte da un vento importante, prendono velocità e salgono in verticale. In cima al passo, a quota m. 3978, ci immergiamo nella nebbia. I tre cagnoni ci seguono in salita ormai da venti chilometri e il più dotato tra loro potrebbe stare tranquillamente al seguito di un cicloviaggiatore. Non possiamo far altro che salutarli prima di imboccare la discesa. C'è bisogno del fanale per aumentare la nostra visibilità e fino a che non usciamo dalle nubi non ci rendiamo conto della bellezza della nuova valle. Gli strapiombi sono sempre i soliti, ma gli scenari cambiano e ci offrono nuove emozioni.
Informazioni utili
Ringraziamenti
Col senno di poi
- Completo estivo + ricambio di pantaloncino, maglietta intima e calzini.
- Antivento, manicotti, gambali, guanti invernali, maglia termica intima più calda
- Completo antipioggia
- Scarpe da bici leggere e copriscarpa
- Tenda. da valutare in caso di emergenze o difficoltà a raggiungere posti notte
- Saccoletto leggero, da valutare per maggior igiene personale nei campi tendati
- Medicinali: Antibiotico/Antidiarroico/Antinfiammatorio/Diuretico (Diamox)/Crema protezione solare
- Vaccinazioni: epatite A/B. Antitifica. Anticolerica. Antitetanica.
- Passaporto con 6 mesi di validità e visto online da produrre stampato in aeroporto di partenza e arrivo ( https://indianvisaonline.gov.in/evisa/tvoa.html )
- Bici con gomme tipo Schwalbe Marathon plus 32. Pacco pignoni: 28 anteriore, 36 posteriore
- Powerbank, caricabatterie e adattatore spine indiane
- Kit riparazione e multiattrezzo



















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