...molto lontano.
Immagina di trovarti su una strada sterrata che taglia in due una valle himalayana, con le montagne che sembrano talmente vicine da poterle toccare. L’aria ha quell’odore misto di legna bruciata e Dal Bhat che trovi solo qui.
In questo articolo
Ricordi del mio primo viaggio in Nepal
È passato un po' di tempo dal mio primo viaggio in Nepal, eppure ogni volta che ci penso mi sembra di essere ancora lì, a pedalare in salita mentre il sole mi brucia la faccia e il cuore mi scoppia nel petto.
Quando sei in quei posti succede una cosa strana: non sei più solo tu e la bici, ma diventi parte di ciò che ti circonda.
Le persone ti guardano, ti salutano, ti offrono un sorriso, a volte una tazza di tè. E anche se ci sono momenti in cui ti senti stanco e vorresti solo riposare, ti arriva addosso quella sensazione di completezza che solo un viaggiatore conosce.

Dolce risveglio
Ricordo una mattina in particolare.
Mi trovavo in un piccolo villaggio, uno di quelli che vedi sulle mappe e ti chiedi se esistano davvero, perché sembrano nomi messi lì per riempire uno spazio vuoto. La sera prima ero arrivato tardi, sfinito, e avevo dormito in una guesthouse costruita con pietre tenute insieme dalla speranza.
Quando sono sceso per fare colazione c’era solo una donna anziana, minuscola, la pelle segnata dal sole e dagli anni, che mescolava una poltiglia di riso e lenticchie in una pentola annerita. Mi ha guardato, ha sorriso e senza dire niente ha messo davanti a me una ciotola fumante. Poi ha indicato la bici parcheggiata fuori e ha fatto un gesto che, anche senza parole, ho capito:
"Vai piano, la strada oggi è tosta”
Aveva ragione. Era tosta davvero.

Preghiere al vento
Uscendo dal villaggio ho iniziato a salire. Non c’era traffico, non c’erano auto, non c’era niente. Solo io, la bici e quel riverbero strano dei miei respiri sulle rocce.
Ogni tanto incontravo qualcuno: un pastore, un ragazzino con un sacco sulla schiena, una donna che portava fascine di legna più alte di lei. Tutti mi guardavano con quella meraviglia leggera che solo le popolazioni di montagna riescono ad avere.
A un certo punto, dopo una serie di tornanti che sembravano non finire più, ho visto un bambino seduto su un muretto. Mi fissava arrivare da lontano, con quella curiosità tipica di chi non si aspetta di vedere uno straniero lì in mezzo al nulla. Quando sono passato vicino a lui mi ha sorriso, un sorriso timido, quasi trattenuto. Io gli ho risposto allo stesso modo e lui ha allungato la mano stringendo una piccola bandierina di preghiera, piegata, già un po’ consumata.
Con un gesto rapidissimo me l’ha portata, come se volesse regalarmi un pezzetto del suo mondo. Ho rallentato, l’ho presa, e lui è scappato via, ridendo.

Ciò che resta del viaggio
Non so perché, ma quel momento lì me lo ricordo più di tutto il resto del viaggio. Non è stato il paesaggio incredibile, non sono state le cime innevate, non sono state le strade polverose che sembrano discese da un film d’avventura.
È stato quel gesto semplice, spontaneo, che a distanza di tempo continua a ricordarmi una cosa: quando viaggi in bici ti apri al mondo con una vulnerabilità che non è debolezza, anzi.
È la chiave che ti permette di connetterti con la gente che incontri. Una bici non fa paura, non crea distanza, non ti mette in una posizione di potere. Sei lì, esattamente come loro, a lottare contro la fatica e le salite, con la tua polvere addosso, con la tua sete, con il tuo entusiasmo.

Il Nepal non è solo un paese
È un promemoria. Un invito a rallentare, a osservare, a farsi sorprendere.
Le persone vivono con semplicità. Ti accolgono senza filtri, senza aspettative. Ti fanno sentire parte di qualcosa, anche solo per un istante.
Pedalare lì significa accettare di essere piccolo, di essere ospite, di essere vulnerabile. Ma significa anche sentirsi vivo in un modo che, spesso, nella vita di tutti i giorni, ci dimentichiamo.
Ogni volta che incontro qualcuno che sogna un viaggio in bici diverso dal solito, che vuole qualcosa di più profondo di un semplice itinerario “carino”, penso sempre al Nepal. Non perché sia più bello di altri luoghi (il mondo è pieno di posti incredibili), ma perché lì trovi una combinazione di natura, cultura, silenzi e incontri che, messi insieme, creano un’esperienza rara.
Il tipo di esperienza che non si dimentica.

Vieni in Nepal in bici con noi?
Proprio per questo ho deciso di organizzare viaggi in bici in Nepal, e lo faccio da decenni.
Non è un tour in stile “tutto comodo, tutto perfetto”.
È un’avventura fatta di strade, polvere ed emozioni vere. È un itinerario pensato per chi vuole pedalare, certo, ma soprattutto per chi vuole lasciarsi cambiare da quello che trova lungo la strada.
Ho messo insieme tutto ciò che ho imparato nei miei viaggi lì e con Ox, la guida nepalese con cui collaboro dal principio, abbiamo studiato un itinerario equilibrato, perfetto per scoprire il paese pedalata dopo pedalata: i percorsi che meritano davvero, le salite che sono dure ma non impossibili, le guesthouse più autentiche, i luoghi che ti rimangono attaccati addosso.
Se ti riconosci in quello che ho raccontato, se senti anche tu quella voglia di spingere sui pedali verso qualcosa che non conosci ancora, forse questo viaggio fa proprio per te.
Dal 19 Marzo al 1 Aprile 2026 puoi venire a scoprire il Nepal con me e Leo.
Spero davvero di averti trasmesso almeno un po’ di quello che ho provato io.
E, chissà, magari tra qualche mese saremo lì, a pedalare insieme in mezzo all’Himalaya, con il vento freddo sulla faccia e quella sensazione di libertà che solo certi posti sanno regalare.
Qui sotto trovi il link con tutti i dettagli, il programma e le informazioni pratiche.
Nepal in bici con WWB, Life in Travel e Salite in bici
A presto, Andrea Wheels Without Borders






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