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Provenza e Camargue bici e barca: cicloturismo tra fiumi e storia
Scritto da Girumin
Le indicazioni ad Aigues Mortes dicono di uscire dalla stazione e girare verso la città: “La barca è ormeggiata prima del ponte a sinistra.” Di mare non ne so molto, so però che sulle barche c’è sempre scritto il nome... ce la posso fare a trovare la barca giusta!
Il ponte è praticamente davanti alla stazione e non faccio in tempo a sistemare lo zaino sulle spalle: sono già arrivato. Eccole: l’Estello e Soleo, leggo il nome e salgo su quella giusta... si inizia il viaggio in Provenza e Camargue bici e barca.
Mi ha sempre attratto l’idea della navigazione di un fiume, perché mi fa pensare a un rapporto stretto fra acqua e terra, non solo perché l’acqua è la linfa vitale della terra (io non sarei capace di inoltrarmi nella poesia), ma anche per considerare i fiumi come lo erano un tempo e come lo sono in molti paesi: luoghi di incontro, scambio e comunicazione. Credo sia un vero peccato aver perso il rapporto con i fiumi e mi piacerebbe se in Italia venisse recuperato. Spero che questa sia un’occasione per conoscere meglio questo aspetto.
Cena col gruppo, un gruppo internazionale, arriviamo da Italia, Russia, USA e Inghilterra. Sarà l’occasione per allenare l’orecchio alle varie pronunce, anche questo è un aspetto interessante di un viaggio così. Da una parte può intimidire, ma dall’altra essere stimolante.
Chiede certamente di superare alcune apprensioni e di accettare qualche magra figura quando si confondono i verbi, si sbagliano le pronunce, si mischiano i termini, si invertono i tempi, si dicono della parolacce senza saperlo, si esprimono concetti contrari a quelli pensati... e basta!
Qualcosa riuscirò pur a capire e a esprimere, suvvia un po’ di ottimismo!
Chiede certamente di superare alcune apprensioni e di accettare qualche magra figura quando si confondono i verbi, si sbagliano le pronunce, si mischiano i termini, si invertono i tempi, si dicono della parolacce senza saperlo, si esprimono concetti contrari a quelli pensati... e basta!
Qualcosa riuscirò pur a capire e a esprimere, suvvia un po’ di ottimismo!
Il fuso orario è lo stesso dell’Italia, ma siamo un po’ più a ovest, a parità di orario la luce se ne va qualche minuto più tardi. Ne approfitto per fare un giretto e scattare qualche foto con le ultime luci della sera.
Le mura imponenti della città fortificata dicono subito che non si tratta di un posto qualsiasi. Forse questo nome, che non sembra certo molto simpatico, Acque Morte, in realtà ha un significato molto profondo e forse le Aigues Mortes in questo territorio non sono l’aspetto negativo della questione...
Acque Morte, paludi... zanzare... ma forse no. Forse il significato è ben diverso, ha un senso diverso, un senso da scoprire.
Le mura imponenti della città fortificata dicono subito che non si tratta di un posto qualsiasi. Forse questo nome, che non sembra certo molto simpatico, Acque Morte, in realtà ha un significato molto profondo e forse le Aigues Mortes in questo territorio non sono l’aspetto negativo della questione...
Acque Morte, paludi... zanzare... ma forse no. Forse il significato è ben diverso, ha un senso diverso, un senso da scoprire.
Aigues Mortes e il suo territorio
Ci sono diversi modi per vedere le cose da un punto di vista diverso, una molto semplice è farlo all’alba. Punto la sveglia alle 6.30, attraverso la porta del castello, che un tempo era sorvegliata da guardie armate, cammino fra i vicoli e mi trovo dall’altra parte, all’altra porta della fortezza.
Il panorama cambia all’improvviso, quella che poteva essere una cittadina turistica torna ad essere l’imponente fortezza eretta a proteggere i soldati delle crociate.
Mi godo il momento di pace e cerco di assorbire con lo sguardo un’opera che continuerò a definire veramente imponente.
Il giorno inizia e in barca è già pronta la colazione “continentale”. Oggi andremo in esplorazione attorno ad Aigues Mortes. Voglio vedere se la mia ipotesi in merito al valore nascosto delle acque morte è sensata.
Il panorama cambia all’improvviso, quella che poteva essere una cittadina turistica torna ad essere l’imponente fortezza eretta a proteggere i soldati delle crociate.
Mi godo il momento di pace e cerco di assorbire con lo sguardo un’opera che continuerò a definire veramente imponente.
Il giorno inizia e in barca è già pronta la colazione “continentale”. Oggi andremo in esplorazione attorno ad Aigues Mortes. Voglio vedere se la mia ipotesi in merito al valore nascosto delle acque morte è sensata.
Da quando Luigi IV ha fatto sviluppare la zona è ha invitato la gente a viverci, invogliandola con gli sconti sulle tasse, le cose sono cambiate e in ottocento anni la situazione è migliorata... Sono sorte le fortificazioni e i castelli, sono stati scavati i canali e sono arrivati i turisti.
Si sganciano le bici, si regola l’altezza di sella e manubrio. Un giretto di pochi metri per provarla e via!!! Seguiamo la strada che costeggia il canale, uno dei canali del delta del Rodano.
Ma... tutti questi canali sono stati scavati a mano?!? Certo, l’uomo ha costruito le piramidi e la muraglia cinese, ma anche lo scavo dei canali non è stata una passeggiata...
Passiamo fra gli allevamenti di cavalli e di tori, i cavalli si muovono nei grandi recinti e si avvicinano alla strada. Anche i tori possono passeggiare all’interno dei recinti, ma i loro recinti sono più lontani dalla strada... meglio così! La prima cosa che scopriamo è la corrida... No, non è come quella spagnola, in questa “competizione” lo scopo è di prendere dal toro una coccarda fra le corna. Non c’è spargimento di sangue, così dicono le guide, nessuno vuole fare del male al toro, ma il toro non lo sa, ed è forse per questo che quando infila il suo muso fra le gambe dello sfidante non sembra che lo faccia con dolcezza... Gli sfidanti non impugnano lame, ma sembra proprio che ai torelli le decorazioni piacciano molto e non le vogliano mollare facilmente.
A metà strada ci si ferma per lo spuntino in una palestra dell'ardimento, cioè... un “parco avventura”. Piattaforme, ponti sospesi e teleferiche, qualcuno si butta sul tappeto elastico, ma il gestore gli fa notare che è per i bambini!
Appare da lontano, inattesa perché non ci si aspetta certo che sia così grande. È la Tour Carbonnière, posta là, in mezzo al nulla, proprio nel bel mezzo di una lunga striscia di terra. È la porta di passaggio, è la torre di guardia; costruita in mezzo all’immensa palude che non era certo facile da attraversare con le armi di allora. La salita in cima alla torre è su scala a chiocciola. Si sale piano per godere il più possibile dell’ombra e della frescura che rilasciano le pietre. In cima il panorama si perde all’orizzonte.
Per un attimo ricordo il Tenente Drogo, del deserto dei Tartari, che scrutava l’orizzonte in attesa di un nemico che non è mai arrivato. Puntiamo verso la spiaggia, ci fermiamo in barca per cambiarci al volo, eggià perché non è così bello buttarsi in acqua con i pantaloni imbottiti da bici, e via verso il mare.
Vengo riassalito dal dubbio: “Perché il castello non è stato costruito più vicino al mare visto che da Aigues Mortes al mare di Le Grau du Roi ci sono sei chilometri?”
Si possono dire due cose, la prima è che il delta del Rodano si è esteso moltissimo nel corso dei secoli, la seconda è che chi avesse voluto attaccare il castello avrebbe dovuto portare le armi in mezzo alla palude. Io non avrei certo voluto essere fra coloro ai quali toccava spingere la catapulta in mezzo al fango...
Finita l’esposizione in spiaggia della tuta da ciclista tatuata bicolore su braccia e gambe, si torna in barca. Dopo cena però torno a godermi il tramonto al castello, sul lato verso il mare. I turisti stanno fra le mura a passeggiare con il cono gelato e io mi stendo ad ammirare il paesaggio mentre calano le ombre della notte.
Verso Arles
La meta di oggi è Arles, qualche ora di navigazione e arriviamo alla chiusa. Vi ricordate le chiuse di Leonardo da Vinci?
Quelle che consentono alle barche di andare sù e giù lungo il fiume quando l’acqua va in discesa? Proprio una di quelle. In questo viaggio ho la sensazione che possano apparire all’improvviso Piero e Alberto Angela che dicono “Ebbene, dovete sapere che...” oppure Roberto Giacobbo con l’indice teso che dice “Quale oscuro mistero si cela dietro queste mura???”.
Attracchiamo a sinistra, poco prima della chiusa, e inforchiamo le bici. A me piacerebbe anche attraversare la chiusa da dentro la barca, non è una di quelle cose che si fanno tutti i giorni, ma parto in bici. La stradina incrocia la principale sulla quale passa anche l’itinerario verso il Cammino di Santiago. È il tratto percorso da chi parte dall’Italia.
Non sono ancora molti a partire dall’Italia a piedi o in bici per andare a Santiago, ma conosco qualcuno che lo ha fatto e con lo sviluppo dei lunghi cammini aumenteranno anche coloro che partiranno direttamente dall’Italia per andare a Santiago.
Arriviamo ad Arles e diamo un’occhiata alla mappa sulla quale spiccano il teatro e l’arena, da un passato remoto in cui ci siamo trovati a contatto con le mura dei crociati proseguiamo il viaggio a ritroso nel tempo e ora di fronte a noi si ergono le mura costruite dall’impero romano.
La guida ci mostra i monumenti principali della città, il teatro, l’arena, che è un po’ come il Colosseo. Anche se non è grande come il fratello maggiore ha comunque la sua bella imponenza. Agli italiani riaffiorano alla mente gli studi delle elementari, ma anche i servizi di Quark e Superquark sulla storia dell’impero.
Le opere, le sfide, i gladiatori e le belve feroci. Purtroppo il tempo e l’uomo hanno favorito il decadimento della struttura e buona parte dei materiali, che componevano le costruzioni, sono diventate fondamenta e mura di altre realtà. Alcuni tecnici stanno allestendo il palco per un concerto; anche dopo migliaia di anni il teatro non è ancora andato in pensione.
Si torna alle bici, qualcuno mi segue nella mia ricerca di un supermercato dove trovare una bibita di dimensione adeguate alla mia sete, le bibite in confezioni omeopatiche non mi attirano molto... Solo quando sono dentro al negozio faccio riflettere i compagni di viaggio sulla possibilità di entrare in un negozio per scroccare l’aria condizionata ed è per questo che la mia scelta di una bibita si protrae a lungo.
Arriviamo al porto, la nostra barca non c’è, eppure dovrebbe essere già qua. Davanti a noi c’è una nave enorme, una roba lunga almeno cento metri e larga almeno quindici. La nostra, che è lunga poco meno di quaranta metri, sembra veramente piccolina... Ma è là ad attenderci. L'arrivo al Rodano esprime l'imponenza di questo fiume, un fiume che nasce dalle Alpi.
So che uso spesso il concetto di imponenza, ma si adatta bene. Qui arriva a una portata d'acqua tale da consentire la navigazione anche di navi di grande portata, non sono grandi navi da crociera, ma non faticano a superare i cento metri.
I romani e il Rinascimento italiano
Si parte dopo la solita abbuffata della colazione e si punta verso l’acquedotto romano.
Ma non sarebbe meglio stare leggeri??? Non so... forse è l’istinto di sopravvivenza a far sì che prima di uscire di casa ci si riempia la pancia il più possibile, poco importa se si parte per quattro passi intorno a casa o per il giro del mondo. Qualcuno per la tappa di oggi ha fatto del terrorismo psicologico per diffondere il panico, si parla di ardue salite, di valichi, di gran premio della montagna...
C’è chi farebbe di tutto per avere una bici a pedalata assistita e c’è chi ripensa alla mitica Coppa Cobram di Fantozzi. Dopo qualche pedalata siamo già all’acquedotto romano. Ho sempre una grande ammirazione nei confronti di grandi opere come queste, fatte con strumenti del tempo. Si riparte in salita, sono poche centinaia di metri di dislivello, il caldo si fa sentire ma le profezie che annunciavano salite apocalittiche si rivelano infondate. Arriviamo al castello, ci addentriamo fra i turisti, come noi, e i negozi di souvenir. Non siamo i soli ad arrivare in bici, nella zona anche altri si muovono su due ruote, la strada è piacevole e la pendenza è accettabile. Vorrei visitare il museo che contiene la catapulta, ma so che poi mi piacerebbe costruirne una uguale e non posso purtroppo sfogare ogni mia ambizione costruttiva.
Si riparte, quei pochi metri di discesa, che poi saranno salita, puzzano di fregatura, di quelle cose che… sono solo pochi metri... ma poi saranno tanti! Invece no, invece sono veramente solo pochi metri. Ci fermiamo per lo spettacolo video sul rinascimento italiano, dedicato a Leonardo, Michelangelo e Donatello.
Come descrivere il luogo in cui ci troviamo? Io ci provo. Una grotta, una caverna artificiale, un “vuoto” dentro la montagna. Lungo una cinquantina di metri e largo almeno venti, un parallelepipedo, con alcune appendici, dall’alto potrebbe sembrare un pezzo del tetris molto grande. Le pareti di roccia (eggià, siamo dentro la montagna...) sono alte una decina di metri.
La proiezione ti avvolge e ti immerge nelle immagini che sono tutte intorno a te. Si alternano dipinti, quadri, statue e ogni genere di opera d’arte dei tre grandi artisti che ti fanno proprio pensare di essere là nel momento in cui le realizzavano. La perfezione con la quale si susseguono le immagini sulle pareti crea un contesto a più dimensioni che lascia stupiti e senza parole. La Gioconda appare davanti a te, ma anche a destra, a sinistra...
Si riparte e si arriva al passo, si scattano le foto che tutti devono scattare nei momenti di passaggio, nei momenti in cui si stabilisce un confine fra i territori: un prima e un dopo, di qua e di là! “Ora è tutta discesa”.
Ed è così, mi ricorda la discesa dal passo della Cisa verso Pontremoli, parecchi chilometri di mani tese sui freni come il Gabbiano Jonathan quando imitava l'ala corta del falcone per andare più veloce e pescare nell’acqua più profonda. Non ci raccogliamo in posizione fetale per affrontare la discesa, ma cerchiamo comunque di gustarci la velocità e il vento sulla pelle, ci piace finalmente sentire una grande valanga di molecole che ci bersagliano la faccia e cercano di rinfrescarci un poco.
All’incrocio giriamo a destra a arriviamo laddove Van Gogh è stato ospitato in manicomio. Chiedo se l’entrata è libera e l’uscita è a pagamento, ma mi rassicurano dicendo che si paga per entrare, ma si può uscire liberamente.
Passiamo fra le copie dei dipinti di Van Gogh, visitiamo il chiostro e le stanze. Qui, durante il suo soggiorno, Van Gogh ha realizzato diverse opere, per un attimo ci spostiamo dalle grandi costruzioni a un momento più dedicato all’arte tradizionale. Si potrebbe fare una riflessione interessante sul rapporto fra arte e pazzia anche se io preferisco studiare il rapporto fra avventura e pazzia, ma non sono ancora abbastanza preparato per affrontarlo, magari un giorno ci proverò.
Dopo cena mi preparo per cercare di scattare un foto del tramonto, ma un nuvolone si è messo in mezzo, fra me e il sole. Il contorno di luce della nuvola non è un granché, ma in un viaggio una foto di un’alba e di un tramonto ci devono essere! Sapete come si fa a sapere se una foto è stata scattata all’alba oppure al tramonto? (Certo, senza sapere dove è stata scattata...). Io non lo so.
L’Abbaye St Michel de Frigolet
Partiamo con le biciclette e arriviamo al villaggio di oggi, ci inoltriamo, saliamo fino alla torre e scattiamo qualche foto al mulino. Finalmente trovo una costruzione più bassa di venti metri, qui è tutto enorme, mi sembra di essere nel viaggio di Gulliver. Scendiamo per i vicoli fino alla boulangerie. Le meringhe giganti sul bancone sembra che siano lì a sfidarmi, le devo proprio affrontare, gli igenisti con cui viaggio si limitano alle solite bibite scontate perché non sanno apprezzare i sapori e le quantità, ma io sento il dovere di accettare la sfida con questa meringa di qualche etto. Erano anni che non ne incontravo una così! Certo! La visita del villaggio è molto interessante, ma una meringa così non si trova dappertutto!
Il cartello sul rettilineo annuncia L’Abbaye St Michel de Frigolet. Non è un'abbazia sulla cima di un monte o al centro della valle, tutto quanto qua intorno è costruito in luoghi particolari, sarebbe interessante capire perché è stata costruita in questo punto. Dalla strada che percorriamo noi non è in vista come le altre costruzioni viste fino ad ora.
Giro fra i vicoli per cercare angoli da fotografare, ma soprattutto cerco un punto interessante dal quale riprendere le guglie delle torri. Giro attorno alla chiesa, ma non riesco a trovare il punto adatto, finalmente riprendo la bici e scendo verso valle, lungo la strada in cui ci sono varie torri, potrebbero sembrare torri di guardia, ma forse rappresentano la Via Crucis.
Scendo fino al primo tornante e finalmente trovo il punto dal quale si vede meglio l’abbazia. Varrebbe la pena di scendere un po’ di più, ma il tempo previsto per questa visita è finito e temo che il gruppo mi stia aspettando. Se arrivate fin qua non limitatavi a girare a piedi fra le viuzze, saltate in sella e scendete per qualche centinaio di metri lungo la strada che porta a sinistra e costeggia l’abbazia tenendola a destra. Farete poi un briciolino di fatica per risalire, ma ne sarà valsa la pena.
Ripartiamo in barca, arriviamo ad Aramon e facciamo un giretto in paese. Il paese è protetto da un argine in muratura che lo protegge dalle forze del fiume, un tempo il fiume era più vicino alle case, ma era pericoloso per via delle alluvioni, pare quindi che lo abbiano spostato. Qui il castello è più piccolo degli altri, è tondeggiante e posto in cima alla collina.
Il Pont du Gard e Avignone
La meta di oggi è il Pont du Gard, un altro tratto di un acquedotto romano, uno dei più intatti. Un capolavoro! All’arrivo anche questo si mostra grandioso, l’idea di un “tubo” lungo decine di chilometri, realizzato in pietra e con una pendenza perfetta lascia stupefatti.
Chi vuole può percorrere la parte alta dell’acquedotto, camminando laddove un tempo scorreva l’acqua. Bisogna procurarsi il biglietto prima di salire al ponte. Superato l’ingresso si cammina lungo il fiume fino alla base del ponte e poi si sale sulla sinistra. Lo dico perché se ci andate evitate di perdere tempo andando dall’altra parte del fiume per poi tornare indietro.
Il percorso va da una riva all’altra e non viceversa ed è sbarrato dai cancelli poiché si può accedere solo con la guida. Ci fermiamo poco dopo il ponte e ci facciamo un bel bagnetto in un luogo suggestivo. Dopo pranzo si torna alla barca e si parte verso Avignone. Chi vuole risalta in sella, ma c’è chi preferisce l’arrivo dall’acqua. Io scelgo la barca, mi sembra più suggestivo.
La vista di una città dal fiume offre sempre un punto di vista diverso, il castello che appare da lontano esprime tutto il suo carattere. C’è il tempo per un giro in centro, pochi passi e siamo già immersi nella folla. Siamo arrivati nel bel mezzo del Festival d'Avignon, il festival del teatro; un bel colpo di fortuna! La città è tappezzata di poster che invitano alle manifestazioni, quasi tutti appesi con delle corde per evitare le affisioni sui muri. Il castello si sviluppa fra saloni e saloni, scale e arcate, scale e torri. Qualche plastico aiuta a capire meglio come è fatto tutto il palazzo. Anche qui tutto è enorme.
Ci buttiamo nella bolgia del festival. Strade e piazze sono il palco degli artisti di strada. C’è chi suona e chi canta, chi mima e chi balla, chi è travestito da non so cosa e forse non lo sa neppure lui, è bello lo stesso. Uno sembra un ranocchio e uno va in giro con una botte, non capisco se si ispira a Diogene o ad Attilio Regolo, ma credo Diogene, o almeno lo spero per lui. Ci sono saltimbanchi, mangiafuoco e massaggiatori.
I colli, i vini e le residenze dei papi
Anche oggi partiamo in direzione nord, si va verso la collina. Raggiungiamo la cima e diamo un’occhiata ai vigneti, il terreno è coperto di pietre. Ci viene detto che mantengono una temperatura ideale per le viti: limitano il caldo di giorno e lo rilasciano di notte. Il vino è sempre il prodotto di alchimie complesse, i vignaiuoli le studiano proprio tutte!
Ci fermiamo per una sosta al bar e diamo un’occhiata alla boulangeire/pastisserie, anche questa ha delle meringhe enormi, ma stavolta non mi lascio tentare. Arriviamo all'azienda agricola, lo spaccio offre i prodotti tipici della zona: miele, marmellate, lavanda e vino.
Nella cantina, che ospita una quarantina di botti enormi, la ragazza ci parla delle peculiarità del territorio grazie alle quali si ottiene un vino con caratteristiche particolari. È uno di quei momenti in cui nessuno vuole sembrare un principiante, tutti cercano di ondeggiare il bicchiere con un certo stile come se fosse una cosa quotidiana. A me viene in mente Antonio Albanese quando imita il somellier, andate a vederlo su youtube perché ne vale la pena. Anche questo, come i filmati di superquark, fanno parte del bagaglio culturale per questo viaggio.
Si riparte, ma... tutti hanno fatto la degustazione del bianco e del rosso, nessuno fra noi NON ha bevuto, chi guiderà il gruppo? Ci dirigiamo verso il prossimo castello, sembra proprio che da queste parti la moda di costruire castelli sia stata portata avanti per parecchi anni.
Ogni tanto qualcuno si metteva a costruire un castello qua... un castello là... E non si limitavano a dei castelli da poco, quando ne facevano uno doveva essere enorme. Anche qua non hanno risparmiato in quanto a pietre e manodopera. Saltiamo in sella e partiamo verso Villenueve les Avignon. Anche qui ci aspettano castello ed Abbazia, è un'altra tappa fondamentale nella storia dei Papi ad Avignone. S’ha da fare!
Si torna poi verso la barca ad Avignone, ne approfitto per un altro giretto in centro prima di cena. Io credo che spesso per gustare un luogo, per viverlo, per coglierlo al meglio sia giusto dedicarci del tempo. Una visita veloce non lascia il segno, a volte bisogna investirci del tempo, senza bisogno di fare molto, semplicemente stando in quel luogo. La mente ha bisogno di tempo per fissare le immagini.
Si torna a casa
Parto al mattino presto per andare verso il treno, dalla barca alla stazione ci vogliono poco più di venti minuti a piedi, mi sono studiato il percorso, ma devo fare attenzione a muovermi bene fra vicoli e viali. Mi godo Avignone con i pochi che sono in giro a quest’ora. Menestrelli e saltimbanchi sono probabilmente andati a letto da poco. Lascio il grande fiume e l’imponenza delle costruzioni ereditate dalla storia: torno a casa.
Due riflessioni...
Questo è un viaggio facile, non chiede preparazione fisica, basta saper stare in sella, ci sono solo un paio di brevi salite, ma sono affrontabili facilmente. La barca viaggia sul fiume, non si rischia il mal di mare.
Provate ad alzarvi presto a passegiare prima dell’alba.
Fotografia: gli amanti della fotografia troveranno buoni soggetti, portatevi il cavalletto e cercate di scattare prima dell’alba o dopo il tramonto, date un’occhiata in giro per cercare i punti interessanti dai quali scattare; soprattutto ad Aigues Mortes e ad Avignone. Forse un tramonto interessante sul mare potrebbe essere fra Aigues Mortes e Le Grau du Roi, ma io ci ho pensato dopo. Magari bisogna farsi quattro passi a piedi per cercare il posto giusto, ma un buon fotografo sa che deve anche camminare...
Fatevi dire dal tour leader quando arriverete nei luoghi signicativi per le foto e magari anticipate il gruppo per riprenderlo mentre arriva. Se siete amanti delle foto dall’alto puntate sulla Tour Carbonnière e sulla torre del palazzo dei papi ad Avignone. Informatevi sugli orari di apertura.
Prima di ogni viaggio è buona cosa documentarsi in merito alle cose che si andranno a vedere. Si può pensare che la documentazione si troverà sul posto e che internet dia l’informazione giusta al momento giusto, ma non è la stessa cosa... Documentarsi prima non serve a faticare meno quando sarete sul posto, serve a godere meglio di ciò che si va ad esplorare. Serve ad accendere quel pizzico di sana curiosità che stimola poi a guardare e magari a superare la fatica del viaggio, la noia di mura che non ci sembrano più così diverse fra loro, la voglia di sedersi sulla prima panchina anziché osservare gli affreschi... Per questo viaggio non c’è bisogno di studi noiosi, qualche pezzo di documentario su youtube può essere una base di partenza.
Buon viaggio
Questo racconto è il diario del viaggio in bici e barca in Provenza e Camargue effettuato con Girolibero a luglio. Se siete interessati a seguire le mie orme potete dare un'occhiata alle proposte di Girolibero per i tour di gruppo italiani di Agosto.
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Girumin
La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.
Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.
Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.
Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.
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