Com'è dura viaggiare in bici in Nuova Zelanda. I vulcani del Tongariro national park sono però uno spettacolo per cui vale la pena faticare.
Credevo che l'isola del nord sarebbe stata una passeggiata, con dolci e facili colline da valicare ed un terreno per la maggior parte pianeggiante... ed invece tutt'altro: salite e discese ripide anche se brevi hanno caratterizzato questa prima parte del viaggio in bici che da Napier mi ha condotto nel cuore del parco nazionale Tongariro dove è stato girato Il signore degli anelli, e conclusasi con il trasferimento in bus da New Plymouth, nella Taranaki region, fino alla capitale Wellington da dove ho preso il traghetto per attraversare lo stretto di Cook e giungere nell'isola del sud.
L'entroterra di Napier
Delle prime tappe fino a Napier vi ho raccontato... da Napier, sulla costa orientale dell'isola, nella Esk valley ricca di frutta e verdure, ho deviato ancora una volta verso l'interno, dirigendomi verso il più grande bacino lacustre della Nuova Zelanda, il lake Taupo. Le ascese che mi hanno portato fin oltre i 700m di altitudine sono state stremanti. Non ho contato le colline attraversate ma erano sicuramente più di cinque ed ogni volta raggiunto il valico la strada scendeva e risaliva nuovamente. Quando iniziavo a disperare di uscire dalla catena collinare dell'Ahimanawa range ho raggiunto le spettacolari cascate del Waipunga river dove ho sostato per un po'. Dopo di esse lo scenario è cambiato completamente: di fronte a me un infinito altopiano si stendeva e con la complicità di Eolo che spingeva alle mie spalle sono presto giunto nella bella cittadina di Taupo, sulle sponde dell'omonimo lago (anch'esso un enorme cratere vulcanico). Il giorno seguente ho visitato il Crater of the moon, un'area geotermicamente attiva sorta dopo l'installazione di una centrale che ha alterato le condizioni del sottosuolo cinquant'anni orsono. Dopodichè mi sono diretto verso le Huka falls, imponenti cascate poco spettacolari e le Aratiatia rapids, molto più fotogeniche anche se aperte a comando 4-5 volte al giorno: una diga idroelettrica è stata costruita esattamente a monte di esse, salvate solo grazie ad una forte pressione ambientalista. Lo stesso giorno mi sono spostato più a sud lungo il lago per ripartire alla volta del Tongariro National Park, nel cuore dell'isola del nord neozelandese, la mattina seguente.
Ai piedi del Monte Fato
Ancora una volta la strada ha iniziato a salire. Qualche chilometro oltre la cittadina di
Turangi un punto panoramico mi ha dato la possibilità di respirare per un attimo godendomi il panorama sul lago. Ripresa la strada mi sono inerpicato fino ad un altro altopiano sul lato occidentale del Tongariro National Park, pedalando per tutto il pomeriggio con i vulcani Tongariro, Ngauruhoe e Ruapheu alla mia sinistra. Quest'area è stata la sede delle riprese di alcune scene della trilogia de
Il Signore degli anelli, alcuni scorci del Monte Fato infatti, sono in realtà riprese del
vulcano Ngauruhoe. Il giorno seguente, dopo aver trascorso la notte nel villaggio di National Park (sì, è il nome del villaggio: che fantasia i Neozelandesi) mi sono avvicinato alle pendici del Tongariro tramite il bus navetta organizzato dall'ostello e da qui sono partito per effettuare una delle più famose camminate di un giorno in Nuova Zelanda: il
Tongariro crossing. Quest'escursione mi ha portato nel cuore del parco. Purtroppo le pessime condizioni atmosferiche hanno un po' guastato la giornata avvolgendo nelle nuvole le vette vulcaniche. Io ho tentato di salire su entrambi i vulcani (Ngauruhoe e Tongariro) ma a metà strada mi sono girato rientrando sul sentiero principale: non aveva alcun senso raggiungere la cima per essere completamente circondato dalle nuvole. La giornata è trascorsa comunque piacevolmente tra crateri, laghi d'acqua calda e colate laviche solidificate. Un episodio curioso era accaduto la sera precedente quando nell'ostello in cui ero ho conosciuto due italiani: mi stavano descrivendo quanto magnifico fosse stato per loro il "crossing" (con il sole splendente), quando sono venuto a conoscenza del fatto che non solo abitavano nella mia stessa città , ma erano quasi miei vicini di casa ed infatti avevamo in comune la conoscenza di molte persone: è proprio vero, il mondo è piccolo!
In mtb sulla 42nd traverse
Il paesaggio che mi circondava mi ha affascinato a tal punto che ho deciso di restare un altro giorno: c'era la possibilità di effettuare un'escursione in MTB, la 42nd traverse, lungo un percorso di 46 km di colline, guadi e sterrato e così ho colto l'occasione. In questo caso la fortuna è stata dalla mia parte: il sole splendeva e solo pochi giorni prima un ponte sul Whakapapa river era stato sistemato dopo i problemi avuti in inverno. Questo splendido itinerario si snoda tra due highway (un concetto vasto e relativo qui in Nuova Zelanda) ma il paesaggio patria del Kiwi, l'uccello simbolo della Nuova Zelanda, è assolutamente selvaggio ed isolato: in tutta la giornata non ho incrociato nessuno e così mi son potuto godere la natura che mi circondava in completa solitudine.
Da vulcano a vulcano
Nel pomeriggio mi sono rilassato fuori sulla veranda dell'ostello, di fronte alle vette vulcaniche: sarei potuto restare qui per mesi, immerso nel silenzio e nella natura... ed invece il mattino successivo sono di nuovo "on the road". Dopo una lunga e lieve discesa sono entrato nella valle del Whanganui river, spostandomi dalla strada principale per seguire la tortuosa e parzialmente sterrata (40 km circa) Whanganui river road. Ancora una volta silenzio, isolamento e natura rigogliosa mi hanno circondato. Decido di fermarmi in una radura prativa adiacente al fiume per la notte e un bagno nelle sue acque (freddine!) sostituiscono la doccia. Nella notte inizia a piovere ed al mattino il paesaggio è davvero spettrale. Sono circondato dalla nebbia e diluvia: decido comunque di muovermi ed è così che affronto una giornata infame. Piove ininterrottamente per tutti i 140 km che mi conducono lungo la costa verso ovest fino ad Hawera, ai piedi del Mt. Taranaki - Egmont, un vulcano perfettamente conico che ricorda il MT.. Fuji in Giappone. Vado a dormire speranzoso che il tempo migliori e quando mi sveglio... perlomeno non piove. Il vento sferza la penisola e le nuvole basse coprono il vulcano. Mi trasferisco verso Egmont village da dove ci si può arrampicare sulle pendici del vulcano e penso a quanto potrebbe essere stata spettacolare questa tappa con il Taranaki sempre al mio fianco... ed invece ancora nuvole basse all`orizzonte. Mi fermo in un ostello-campeggio in cui la bici la fa da padrone dato che il gestore ne è appassionato: ci sono decine di biciclette ormai inutilizzabili a ricoprire il recinto di fronte all'ingresso, in cucina le pentole sono appese ad una MTB a sua volta appesa al soffitto, le piante rampicanti crescono su telai e ruote che fuoriescono dal terreno nel giardino e un'intera parete è ricoperta di foto in bianco e nero di vecchie gare.
Dopo una notte a dita incrociate le nuvole non mi hanno accontentato ma perlomeno metà del vulcano è visibile. Accontentandomi, inforco la MTB e salgo i 16km fino al parcheggio di North Egmont da dove si diramano molti sentieri. Gli ultimi 6.5 km di strada sono tosti ma divertenti, immersi tra due pareti di alte felci e vegetazione inestricabile. Dal centro visitatori dove si conclude la strada la vista spazia dal mare e New Plymouth ad ovest fino alle vette del Ruapheu e Ngauruhoe ad est. Decido di effettuare un
breve trekking salendo fino ai 1500m del Thaurangi lodge, una sorta di rifugio che si trova sulla strada per la vetta (la quale richiede ancora l'utilizzo di ramponi e piccozza a causa della neve invernale permasta fino ad oggi). Da qui devio sull'
around the mountain circuit, un anello che circonda il mt. Taranaki e che è possibile concludere in due o tre giorni.
Io lo seguo per un'oretta e quindi svolto nuovamente verso valle per concludere il mio anello. Nonostante la cupola di nuvole sia rimasta per tutta la giornata a coprire il cono vulcanico, io mi sono divertito molto anche perchè i sentieri erano pressochè deserti e silenziosi:
splendida solitudine. Sceso al livello del mare proseguo la mia corsa fino a
New Pymouth, il centro commerciale della Taranaki region. Qui mi godo un tramonto fatato sull'oceano (le nuvole si sono diradate qui a valle) ed il giorno successivo, dopo l'ennesima notte in cui la pioggia ha ticchettato sulla mia tenda, salgo sul bus che mi poterà fino a
Wellington da dove mi trasferirò nell'isola del sud. La capitale neozelandese non è affatto una città caotica e trafficata come le capitali europee ed il centro compatto è facilmente percorribile in bicicletta. Dopo aver organizzato il trasporto fino a Picton, nel sud, dedico una mattinata all'unica vera attrazione della città:
Te Papa, il museo nazionale che sorge sulla sponda dell`oceano. Ancora pioggia e per di più non appena arrivo sulla porta del museo scatta l'allarme antincendio e l'edificio viene fatto evacuare, facendomi attendere una mezz'oretta (un falso allarme, evidentemente!) prima della visita.
Nella capitale neozelandese si è conclusa la prima parte di questo mio tour e posso sicuramente dire che Aotearoa, la Nuova Zelanda in lingua maori fino ad ora non ha deluso le mie aspettative, deliziandomi con struggenti paesaggi costieri, rilassanti areee termali e potenzialmente devastanti catene vulcaniche oltre che mettendomi a dura prova lungo le tortuose ma adorabili strade collinari (su tutte, gli sterrati che mi hanno portato al lake Waikaremoana e lungo il Whanganui river).
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