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Cina, l'invasione degli ultracorpi - seconda parte (il Millino)

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Lunedì 1 marzo 2010 – gg 139 È notte quando usciamo dalla stazione di Kaili, i bus ancora non ci sono, prendiamo un taxi fino in centro (10 Y) È ancora tutto chiuso, ma gente in giro ce n’è, ci sediamo su di una panchina davanti ad una bancarella che vende ali di pollo fritto e aspettiamo che faccia chiaro. L’alba non si fa attendere, il celo è sereno ed il sole brillante; Kaili è una brutta, normale, moderna cittadina cinese, con i palazzoni, i fast-food, ed i suoi cementifici a due passi dal centro. Alloggiamo al Petrol Hotel, un vecchio casermone di cemento a sei piani, ma è pulito ed economico.
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Subito dopo, seguendo i consigli della L.P., ci rechiamo al c.i.t.s. per chiedere informazioni riguardanti mercati, feste e manifestazioni varie tra i villaggi della zona. Il personale è gentile e parla un buon inglese, ci da una mappa e ci illustra il calendario delle manifestazioni: oggi a Long Chang ci sarà il festival dell’etnia Geija, domani visiteremo il villaggio tradizionale di Xinjiang e quello di Langde, poi sarà finalmente la volta del festival dei famosi Miao a Zhouzi. Bus dall’autostazione e in un attimo siamo a Long Chang, ma è troppo presto. Seguiamo un viottolo di campagna e arriviamo in un piccolo villaggio con casette di legno. Subito un ragazzo ci invita ed entrare in casa e ci intratteniamo con lui e la madre bevendo tè e mangiando una pappa di riso che non saprei definire. Accidenti, non avrei mai pensato fossero così gentili questi maledetti musi gialli, se non fosse per la barriera linguistica credo che potrei passare la giornata a chiacchierare amabilmente con loro. La festa comincia ad animarsi verso mezzogiorno, si svolge tra i campi fuori dal villaggio, con danze di ragazze in costume, con le lotte dei bufali e le bancarelle che vendono patate fritte e cani arrosto. L’atmosfera è molto piacevole e trascorriamo qui l’intero pomeriggio.
 
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Martedì 2 marzo 2010 – gg 140

Prendiamo un bus dall’autostazione e dopo un'oretta stiamo scendendo i tornanti che portano nel tradizionale villaggio Miao di Xinjiang. Nonostante oggi sia nuvolo e faccia freschino il colpo d’occhio non è male. Il villaggio, con le sue casette di legno, è adagiato sul fondo valle e si inerpica sulla collina retrostante; un silenzioso fiumiciattolo con due ponti storici in legno lo separa dalle numerose risaie che lo circondano. È tutto troppo bello, qualcosa non ci convince ma non capiamo subito cos’è. Poi poco a poco un idea si insinua nella nostra mente, ma no, non è possibile, invece sì… siamo a Gardaland!! Qui è tutto finto!! Il ponte in legno che da lontano sembrava antico in realtà è nuovo e nasconde una biglietteria; le case la cui facciata principale è in legno hanno il retro in cemento; le viuzze che si srotolano tra i negozi di souvenir non sono quelle tipiche di un villaggio ma studiate a tavolino da un urbanista. Il colpo di grazia lo dà la centralissima exhibitions square, uno slargo di mille mq, con spalti e tettoie in legno adatte all’accoglienza turistica nella quale ragazzi Han con falsi costumi Miao, tre volte al giorno, danzano per centinaia di turisti Han appena scesi dal pullman. Cerchiamo qualcuno che parli inglese e che ci possa spiegare chi abbia potuto trasformare un villaggio in un parco giochi. Lo troviamo alla Full View guest house, dalla parte opposta del fiume, insieme anche ad una mappa della valle. Purtroppo ormai è tardi per fare un giro della zona circostante, ci sediamo vicino alla stufa con una tazza di tè e cerchiamo di carpire qualche informazione all’oste. Da unici occidentali in una nazione di asiatici non è difficile attaccar bottone. Dopo qualche battuta, la ragazza alla reception, candidamente ci spiega che qualche anno fa il villaggio è stato ‘adeguato’ al turismo, ovvero demolito e ricostruito in toto. Solo le case più alte sulla collina sono state risparmiate. Anche lei, prima abitava a Wuhan, poi si è trasferita qui per aprire un albergo e lavorare con i visitatori. Il governo di Pechino si è accorto che l’industria del turismo muove molto denaro e da qualche anno ha posato gli occhi su questo villaggio… E i Miao che fine hanno fatto? Uccisi? Deportati? Imprigionati in campi di lavoro? No, nulla di tutto questo, i Miao sono ancora lì, fuori dal percorso turistico, in zone ‘non rilevanti’, nelle case che sono rimaste nascoste dai ripetitori o sovrastate da qualche immenso cavalcavia autostradale, nei villaggi veramente tradizionali che continuano ad esserci ma non sono per nulla facili da trovare.
 
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Mercoledì 3 marzo 2010 – gg 141

Stanotte ho dormito malissimo, mi sveglio ed ho la febbre, il fisico non è più quello di una volta. Rientriamo a Kaili a metà mattina e trascorriamo tutta la giornata a letto mentre fuori piove. La sera vorremmo uscire mangiar qualcosa ma anche qui, nonostante la pioggia e il freddo, i ristoranti tengono le porte spalancate ed i locali non sono quasi mai riscaldati. Io sono ancora febbricitante e vorrei cenare in un posto confortevole, per lo meno riscaldato. Non è facile, solo tre locali hanno questa peculiarità: i primi due sono l’uno di fronte all’altro a metà di Beijing Donglu, si chiamano “Bobo” e “Happy”, ma c’è poco da stare allegri. Il cibo è pessimo, l’acqua sa di colluttorio ed i peperoni li trovo anche nel caffè latte. Ci siamo trovati meglio al fastfood che sta nella piazza principale, sul lato opposto delle poste.

Giovedì 4 marzo 2010 – gg 142

Oggi è la volta del villaggio ‘tradizionale’ di Langde, speriamo bene! Il minibus ci scarica a upper Langde, anche qui balza subito all’occhio qualche intervento di adeguamento turistico ma è poca cosa. Il villaggio è pressoché architettonicamente intatto, pochissimi sono i segni di ammodernamento. Purtroppo però, è semideserto: di bar, ristoranti e guesthouse nessuna traccia, è tutto chiuso. Sappiamo che da qui intorno parte un sentiero di circa 15 km attraverso alcuni villaggi Miao, ma il cielo minaccia pioggia e non c’è la minima indicazione inerente alla strada da percorrere. Desistiamo, ci facciamo solo una passeggiata tra i campi fino a Langde town, al bivio prendiamo un bus e rientriamo. Cosa abbiamo visto? Non lo sappiamo! Forse un villaggio tradizionale che sta per essere adeguato turisticamente oppure, un villaggio tradizionale che stava per essere adeguato, ma un cambio di rotta improvviso ha fatto si che venisse abbandonato per concentrasi su Xinjiang? Non lo sapremo mai.
 
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Venerdì 5 marzo 2010 – gg 143

Finalmente è il grande giorno, andremo a Zhouzi per partecipare alla festa più importante dei Miao. Lo ammetto, ho paura! A cosa mi troverò davanti oggi? La location questa volta è costituita dal letto del fiume anziché dai campi, ma l’iter è lo stesso del festival di Long Chang, solo più in grande. Nel primo pomeriggio, sotto un cielo plumbeo, si fanno vivi i musicisti ed anche le donnine Miao che indossano i famosissimi… ma!? Non è possibile, i costumi non sono finemente decorati a mano ma di tessuto stampato, mentre i monili e le collane d’argento sono in realtà di latta!!! A dirla tutta i costumi non sono neanche di loro proprietà, alcune bancarelle lungo il fiume li affittano alla gente che paga per indossarli. Altro che tradizione, è una carnevalata! Un attimo, guardiamo meglio! Di turisti cinesi in comitiva non c’è neanche l’ombra, la gente che balla e canta intorno a noi è tutta Miao, non stanno recitando una parte, si divertono sul serio. La festa dunque è originale, sono i costumi che non esistono più, o comunque chi li ha non li usa. Nella zona intorno a Kaili solamente i Geija indossano ancora giornalmente l’abito tradizionale, mentre le donne Miao ora perlopiù indossano una casacca nera e usano raccogliersi i capelli in uno chignon in cima alla testa con una spilla di latta talvolta coperti da un ‘asciugamano ospite’ di fattura industriale. Le donne Miao della zona di Gulang invece, hanno una casacca azzurra ed un copricapo di stoffa color rame cinto da un tovagliolo blu, a volte decorato con spille o collane in china-silver. La Cina è un continente dove sopravvivono ancora molti usi e costumi antichi, una grande tradizione e cultura millenaria, ma al contempo è una nazione in forte sviluppo, che sta cercando di ammodernarsi nel più breve tempo possibile, inevitabilmente a scapito di qualcosa e qualcuno. Alcune cittadine o monumenti dichiarati ‘storici’ in realtà non lo sono minimamente, in compenso, ve ne sono molti altri in luoghi dove non ti aspetteresti nulla; valli che dovrebbero essere isolate ed irraggiungibili sono invece oggetto di devastanti cantieri stradali, mentre invece nel centro di Shanghai si possono trovare quartieri che sembrano cristallizzati all’epoca di Mao. Abbiamo trovato parchi giochi al posto di monasteri buddisti, ma anche templi confuciani intatti nascosti tra i palazzoni di cemento, un’intera tribù in abiti ultratradizionali dell’etnia Akha prendere un volo aereo tra Xining e Chengdu ed un centinaio di monaci tibetani dal cappello giallo fare una processione di alcuni chilometri tra le montagne senza che ci fosse un solo fedele. Noi, in qualità di visitatori al primo approccio con questo panorama socio-cultural-popolare in rapidissima trasformazione non possiamo fare a meno di sentirci confusi e disorientati. E poiché sembra che sia impossibile sapere quando si potrà trovare ciò che si sta cercando, è forse meglio non cercare nulla ed accettare ciò a cui si assiste senza nessuna aspettava futura (che poi, per me, è un po’ il vero senso del viaggio)
 

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Sabato 6 marzo 2010 – gg 144

Qui come in India, il treno è il mio mezzo di trasporto preferito, lo uso ogni volta che posso. Ci danno sempre le cuccette in alto, non so perché, forse un caso o forse ai cinesi non piacciono molto, non mi importa, io le adoro. In nottata siamo tornati a Kunming dove ritroviamo il caldo e il sole che contraddistingue il clima dello Yunnan. Cazzeggeremo per l’intera giornata, domani mattina vorremmo andare a Dali, ma non possiamo in treno poiché risulta essere completamente pieno. Speriamo di avere più fortuna con gli autobus, ma al momento, qui in centro città, non c’è modo riservare alcun biglietto quindi lo scopriremo solo vivendo. Maledetti musi gialli, per certe cose sono avantissimo, per altre meno. Nel sud est asiatico, normalmente, in una qualsiasi delle mille agenzie presenti anche nei villaggi più sperduti o semplicemente alla reception di una guest house economica, si può trovar di tutto. Dalle cose più semplici: informazioni, guide, connessione internet, servizio lavanderia o ristorante; alle più improbabili: cambio di valuta, biglietti ferroviari, autobus o aerei, visti per paesi stranieri, escursioni guidate, masterizzazione cd e dvd, ecc… Qui no, gli alberghi fanno solo da alberghi, i ristoranti solo da ristorante ed i cambiavalute solo cambio di valute. Per lavare i vestiti bisogna andare in lavanderia, per connettersi a internet bisogna andare in un internet-cafè, per acquistare un biglietto ferroviario bisogna andare in stazione, per un biglietto dell’autobus al terminal di partenza, per un biglietto aereo in una delle rare agenzie viaggi oppure, di nuovo all’internet-cafè che però non stampa anche i biglietti, quindi con i file su chiavetta si cerca qualche negozio che abbia un p.c. collegato ad una stampante. Insomma, non è per nulla facile, ci sono molte cose da dire a molte persone diverse e quasi nessuno parla una parola di inglese.
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Domenica 7 marzo 2010 – gg 145

Bus cittadino dalla stazione ferroviaria al terminal, autobus fino New Dali ed altro bus locale fino a Dali vecchia. Alle undici del mattino stiamo già passeggiando nel centro storico di Dali, o per lo meno in quel che ne resta. Ne ho viste di cagate patrocinate dall’Unesco, ma i cinesi superano ogni limite. Dov’è la cittadina ‘storica’ patrimonio dell’umanità? I sigilli sono apposti in ogni strada, su ogni monumento, quasi su ogni edificio, ma io ho il sospetto che le targhe siano false. Penso proprio che qui la gente le compri alle bancarelle e poi si auto-patrocini la casa, il pollaio, la moto, il maiale. Una sosta di qualche giorno tutto sommato può essere piacevole, vi sono anche numerose guest house e ristoranti adatti ad un target occidentale. Forse eredità di quei fricchettoni che frequentavano questi luoghi negli anni ’70 e che sono andati via via diminuendo fino a scomparire del tutto. Tra le orde di turisti cinesi, le bancarelle ed i negozi di souvenir, sembra che di storico sia rimasto ben poco. Una parte della città vecchia è stata demolita e un'altra è in fase di demolizione; pare stiano costruendo complessi turistici e residenziali in stile “nuova vecchia Cina”. Neanche le antiche mura perimetrali sono state risparmiate, la parte nord ormai è scomparsa, in compenso però, hanno costruito una nuova ‘antica’ torre in centro. C’è anche un quartiere per il divertimento notturno, con discoteche e birrerie, completo di torrente sormontato da centinaia di lampade rosse con cascatelle e ponticelli in pietra.
 
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Dopo il secondo capitolo delle avventure di Mag e Sabri in Cina, potete continuare la lettura del terzo episodio o, se preferite, potete iniziare a curiosare fra le divertenti avventure di Mag e Sabri in Israele... buon divertimento!!!

 
 
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