Questo racconto fa parte del diario di viaggio a puntate scritto da Giancarlo Cotta Ramusino (in arte Girumin) che viene pubblicato in queste settimane. Potete leggere tutti i racconti già pubblicati nell'apposita sezione
Viaggio con la GOAT.
Com'è facile allungare la strada
Mi butto nella strada secondaria, vedo davanti a me un sottopassaggio, se sono arrivato fino a qui non ho ragione di preoccuparmi per un banale sottopassaggio. Ci vado con un po’ di timore, ma senza pensarci troppo. Inizia la discesa e immediatamente cambia la situazione, la bici prende velocità, il carrello comincia a saltare di qua e di là.
Cerco di frenare, ma il mezzo accelera. Non posso fare nulla, provo a rallentare, ma rischio che tutto si ribalti e la mia faccia finisca grattugiata sull’asfalto. Non ho molto tempo, ma basta per dirmi che sono stato proprio molto incosciente a scendere con troppa fiducia senza fissare i freni del carrello. Il mio istinto di sopravvivenza mi prenderebbe volentieri a sberle. Sono secondi interminabili, le mani stringono le leve dei freni oltre l’impossibile, resisto in equilibrio impassibile senza neppure fare smorfie per evitare che il flusso dell’aria su di me possa in qualche modo disturbare il mio equilibrio estremamente precario. Arrivano gli ultimi metri, resisto ancora un po’, finalmente la discesa finisce e i freni cominciano a servire a qualcosa. Me la sono fatta sotto, ma sono ancora in sella. Credo proprio che la prossima volta sarò più prudente...
Meglio così, meglio fare una prova in un sottopassaggio che in montagna.
Mi fermo a lato della strada, come faccio spesso, per scattare delle foto con il cavalletto, non ho altro modo per riprendermi in movimento. A volte temo che qualche autista mi possa scambiare per un agente che misura la velocità delle auto. Faccio molta attenzione, se vedo arrivare un mezzo abbasso la fotocamera e mi giro verso l’esterno della strada per mostrare che non presto attenzione alle macchine.
Cerco di piazzarmi solo in zone isolate, dove non passa nessuno, oppure dove sono molto visibile da lontano, ma temo che prima o poi qualcuno mi insegua per linciarmi. Spero sia chiaro che non sto appioppando delle multe, ma non vorrei mai che qualcuno, per sbaglio... sbandi e mi catapulti dentro una roggia.
Riprendo la via, questa strada però mi riporta sulla Via Emilia, io sto invece cercando un passaggio in mezzo alla campagna. Chiedo a un paio di persone che incontro: “Sì, vai su questa strada, passi sotto l’autostrada e arrivi alla Via Emilia.”
Seguo le indicazioni che però mi fanno aumentare i chilometri a dismisura, mi rendo conto che farò un giro lunghissimo. Non ci vuole molto per capire che sono fuori dal percorso indicato dalla guida, arrivo a passare l’Autostrada del sole in un sottopassaggio.
Se vado avanti ancora arrivo al Po... sto andando verso nord invece che verso est, sto proprio allungando la strada.
Credo sia bello anche affidarsi alla gente del posto, è interessante sentire cosa ne dice e cosa ne sa, chiedere indicazioni è un modo per entrare in contatto. Io ho chiesto e due persone mi hanno indicato la stessa strada che si è rivelata lunghissima. Forse se avessi seguito la guida alla lettera avrei fatto prima, anzi, sono sicuro che avrei fatto meno strada... Sarei passato nelle strade sterrate al bordo dei prati, dove avrei affrontato qualche difficoltà, però avrei risparmiato alcuni chilometri.
Verso Sivizzano
Chi studia i percorsi per le vie dei pellegrinaggi spesso lo fa in maniera molto dettagliata, molte volte neppure chi abita in zona sa che si può passare su alcuni sentieri o strade di campagna. Non tutti i locali conoscono la strada secondaria che arriva dove vuoi andare tu. Poco importa, con l’efficientissima Goat posso recuperare tempo senza problemi! Comunque è positivo anche il fatto di aver trovato due persone di seguito che hanno detto la stessa cosa. Non è così frequente, non succede spesso, non è raro che due persone diverse suggeriscano strade diverse. A proposito di strade di campagna, sapete come si chiamano le strade al bordo dei prati? Secondo il dizionario si chiamano “capezzagne”, io però non ho mai sentito nessuno usare la parola “capezzagna”. In compenso però una volta sono impazzito nel cercare una “cavedagna” indicata da una guida, perché pensavo fosse un allevamento di cavedani... mentre si tratta di una strada sterrata. I dizionari dicono che sono sinonimi. Man mano che avanzo cerco di capire fin dove posso arrivare, pensavo a Medesano o a Fornovo. Pian piano però mi rendo conto che potrei puntare a Sivizzano, ovvero ancor più avanti. Ci provo! Puntare verso Berceto sarebbe ambizioso, sono ventidue chilometri in più e ci sono anche 1.400 metri di dislivello, in alcuni momenti anche una Goat deve sapersi limitare. Pedalo e pedalo, vedo davanti a me due pellegrini, mi avvicino suonando il campanello all’impazzata. Mi fermo e faccio due chiacchiere, sono una coppia di olandesi di... Bert??? Sono partiti da casa due mesi fa, domani saranno due mesi esatti. (A me sembra di aver capito “Bert” o qualcosa di simile, mi sembra il nome di una città olandese famosa, ho poi chiesto a Francesca che ha vissuto in Olanda diversi anni e mi ha detto che non ci sono città con un nome simile... Boh! Chissà di dov’erano?). Sembrano quasi sorpresi di vedere che qualcuno gli rivolge la parola, forse sono timidi, ma chi si mette in cammino dall’Olanda a Roma non può essere molto timido. Forse si sono spaventati o forse si vergognano a parlare con me? (È più probabile che sia così, come non capirli...).
Arrivo in vista di Costamezzana, questa è la prima salita del viaggio, intendo la prima in collina, quella del cavalcavia dell’altro giorno era solo una prova e l’avevo affrontata pedalando, ma stavolta non ho speranze, salto giù dalla sella e spingo. Vado oltre il paese e incontro una lunga e ripida discesa. Una di quelle discese che un vero ciclista non vede l’ora di incontrare; già pensa a bloccare le gambe, piegarsi in avanti, rannicchiarsi in posizione fetale e ridurre al minimo il coefficiente di penetrazione dell’aria per raggiungere la massima velocità e sfondare il muro del suono...
Il vero ciclista sogna di essere sulla pista del chilometro lanciato, sogna Star Trek mentre sfreccia a velocità Warp attraverso lo spazio ipercosmico, di trasformarsi in uno starfighter, sogna di impersonare l’Enterprise di di Star Trek mentre sfreccia a velocita Warp attraverso lo spazio ipercosmico.
Ma un ciclista carrellato con la Goat no! Un ciclista Goat sa bene che la salute è importante, che alla Goat le discese ripide non piacciono neanche un po’. Non è attratto dall'idea di frenare con le ginocchia e di rotolare lungo la banchina. Non lo ha ancora sperimentato di persona, ma sa di non averne bisogno. Si ferma e, per la prima volta, attiva i freni statici del carrello. I freni statici si chiamano così perché chiamarli freni a mano non sarebbe proprio corretto, anche i freni sul manubrio sono freni a mano. Mentre i freni statici sono statici perché per disattivarli non basta mollare le leve, bisogna svitare e avvitare dei dadi. Oltre ai freni da manubrio e ai freni statici la Goat è dotata anche di freni a pedale, sì... cioè... a piedi, i miei piedi.
Convivialità in ostello
Arrivo a Sivizzano attorno alle cinque. L’ostello è un antico edificio, forse un monastero, con la volta a botte in mattoni, un ambiente molto suggestivo, un lungo salone in cui sono state messe alcune brande per i pellegrini. Una cucina consente agli ospiti di preparasi cena e colazione. Spesso i camminatori di lungo corso cenano al sacco o in una trattoria/pizzeria, ma quando hanno la possibilità di cucinare per proprio conto possono meglio creare dei momenti di convivialità.
C’è una coppia di ospitalieri gentili, dicono che è in aumento il numero di pellegrini che si ferma per la notte. È una buona cosa, tenendo anche in considerazione che non tutti si fermano qua, molti si fermano a Fornovo. Non siamo al livello di affluenza di Santiago, ma fa piacere sapere che c’è gente in marcia. Prima di me è arrivato un pellegrino spagnolo, un basco, ceniamo insieme. Non è il primo spagnolo che incontro sulla Francigena, sono diversi coloro che dopo aver raggiunto Santiago emigrano in Italia per camminare verso Roma o lungo gli altri cammini che si stanno sviluppando nel bel paese. Gli avevo detto che non mi serviva nulla per la cena, ma lui ha preparato per due, mettiamo in comune il cibo. Ha fatto un’insalata con una valanga di cipolle che mi devastano lo stomaco io ricambio con i ciccioli dell’altro ieri, che già non mi piacevano l’altro ieri e forse nel frattempo, stando nel mio borsone che cuoce sotto il sole tutto il giorno, sono magari andati a male, ma del maiale non si butta via niente...
Chiacchieriamo in spagnolo e in italiano. Io in spagnolo e lui in italiano così nessuno di noi capisce un tubo di quel che dice l’altro. No, non è vero, ci capiamo. Domani la Goat verrà configurata in modalità da montagna, molto probabilmente la bici verrà piegata e smontata per essere piazzata sul carrello. Il ciclista carrellato si muoverà in assetto da camminante carrellato da montagna. Chissà, forse invece che fermarsi a Berceto si potrà puntare verso Pontremoli. Si tratta di capire come portare un fardello così pesante, saranno più di cinquanta chili fra carrello, bagaglio e bici.
Staremo a vedere...
Eccomi qua a scrivere in una sera di fine estate, avvolto dai mattoni cotti di queste antiche mura con la volta a botte che esprimono storia e cultura. Su questa strada percorsa dai pellegrini di oggi e di ieri, punto di passaggio per i commerci dalla pianura al mare, dai porti del Tirreno verso le città del nord. Luogo di incontro e scontro, di lotte e condivisione. Sarebbe bello se avessi una storia da raccontare, se avessi qualcosa per riempire la mia Moleskine. Di questi luoghi potrei riportare antiche storie, potrei narrare di delitti passionali, di lotte contadine, di tradimenti, congiure e giochi di potere, sotterfugi e malaffare, di eroi, santi, briganti e meretrici, scienziati ed esploratori... Invece non mi viene in mente proprio niente, vado a nanna.
Anzi no, ci ho ripensato, prima vi racconto di come Lorenza è andata in Portogallo, anche questa è una storia vera. Mi scrive Lorenza
“Ciao, sto partendo per l’Erasmus in Portogallo. Mi hanno regalato una vecchia bici da uomo, una di quelle con i freni a bacchetta, ho fissato al portapacchi una cassetta della frutta e lì dentro metterò tutte le mie cose.”
“No, Lorenza non puoi fare una cosa del genere.”
“Lo so che andare fino in Portogallo in bicicletta è pericoloso, ma tu e gli altri mi avete sempre parlato del senso dell’avventura...”
“D’accordo, ma ci sono cose che vanno pensate per bene prima di partire.”
“È vero: una ragazza che parte da sola può correre dei rischi.”
“Questo è vero, ma non è questo il problema.” “Certo, non so dove dormirò, non so cosa incontrerò.”
“Ma questo è un problema che si supera.” “E allora qual è il problema???.”
“La cassetta sul portapacchi!!! Ti crea un baricentro del carico troppo alto che potrebbe farti sbilanciare la bici.”
Puoi rileggere le puntate precedenti del Viaggio in Graziella sulla Via Francigena:
Viaggio in bici con Graziella | L'idea Viaggio in bici con Graziella | Il nome Viaggio in bici con Graziella | I preparativi Viaggio in bici con Graziella | Bagaglio e partenza Viaggio in bici con Graziella | Da Lodi a Fiorenzuola Viaggio in bici con Graziella | Seguendo il Po Viaggio in bici con Graziella | Digressioni sulla Goat Viaggio in bici con Graziella | Nell'ostello di Sivizzano Viaggio in bici con Graziella | Storie di sterrati e discese impervie Viaggio in bici con Graziella | Dalla Cisa a Pontremoli Viaggio in bici con Graziella | Lo zen della camera d'aria Viaggio in bici con Graziella | Pietrasanta in bici dal mare Viaggio in bici con Graziella | Polvere e catena verso Lucca Viaggio in bici con Graziella | L'ultima fatica per il convento Viaggio in bici con Graziella | San Gimignano e Monteriggioni
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