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Con il VTTE verso il West | Prima della partenza
Scritto da Girumin
Il tintinnio delle chiavi del 22 mi accompagna mentre pedalo lungo il canale. Mettono un minimo di allegria in una giornata che speravo andasse diversamente, ma forse no, forse va bene così. A dir la verità non sono tutte e due del 22, una è 20-22, l’altra è 21-23, sono valori che indicano i millimetri di larghezza di dadi e bulloni. Le ho messe sopra il bagaglio a portata di mano, le ho messe lì perché mi servono per la regolazione fine del carrello, per gestire quel mezzo millimetro di spessore che può determinare la riuscita o meno di questo viaggio.
No, non stiamo parlando della regolazione di una nave stellare o di una supercar, stiamo parlando delle regolazione di un carrello che ho costruito per la bicicletta. Lo so, è assurdo, è incredibile, eppure mezzo millimetro in più o in meno fanno la differenza in questo viaggio.
Fino ad ora è andata bene poi staremo a vedere per i prossimi giorni.
Dalla Goat al VTTE con carrello: il dilemma del freno!
È semplice, è banale… Una ruota, quattro pezzi di ferro e un po’ di viti. Tutto lì, non ci vuole poi molto a mettere insieme un carrello da attaccare dietro alla bici. No, non è così semplice…
La Goat ha dato buone soddisfazioni, mi ha portato in giro per l’Italia, su asfalto , su sterrato e in mezzo alla neve, anche se io quel passo con la neve non l’ho certo affrontato volentieri, però era andata meglio del previsto. La Goat è lenta, ma è stabile, anche se certe malelingue parlano di un ribaltamento, si è trattato solo di un ribaltamento del carrello su un sentiero molo stretto lungo l’Adda, un sentiero più stretto della distanza fra le ruote.
Il VTTE è un buon mezzo, ma devo ancora capire come si comporta con un carrello. Sono stati tribolati gli ultimi giorni, a dir la verità ero ottimista, mi sono permesso di prendere più tempo per i dettagli, per le rifiniture, per ottimizzare al meglio, ben sapendo che dopo la prima prova emergeranno un sacco di difetti che poi cercherò di correggere nella versione successiva.
A parte il peso (questo carrello sembra il simbolo della meccanica pesante) l’insieme risponde alle mie idee. Solo pezzi piatti, non ci sono pezzi curvi, niente saldature, niente rivetti. Il tutto è pensato per essere facile da realizzare e da riparare. Lo considero modulare, perché si può cambiare e realizzare diversamente un pezzo senza dover cambiare tutto il resto.
Hai quasi finito il lavoro, lo agganci e fai un giro di prova. Il freno… è vero devo ancora sistemare il freno… Infilo la bacchetta, avvito a parto. Prima frenata: ZAC! La bacchetta si sfila, svito, reinserisco e riavvito. Riparto ZAC! Si sfila un’altra volta! Smonto i pezzi, ma non si può perché sono grippati, nessuno mai ha forse provato a smontarli negli ultimi venti o trent’anni.
Spruzzo lo svitante, nulla, smonto l’insieme superiore. Rimonto il tutto faccio diverse prove, non ve le sto a raccontare tutte perché sarebbe veramente dura.
Ci sono momenti che arrivano, prima o poi arrivano, magari te li aspetti, magari no. Sono anche momenti in cui hai in mano un pezzo di ferro forgiato forse vent’anni prima che tu nascessi e quel pezzo di ferro che ha fatto il suo egregio lavoro a un certo punto decide che ha fatto il suo tempo e smette di funzionare. Tu non capisci il perché, lo guardi, lo scruti, lo piazzi sotto una lampadina come facevano negli interrogatori dei film degli anni 70. Niente, è tutto perfetto, eppure qualcosa non funziona, eppure tu, una soluzione la devi trovare, eppure tu da quella soluzione devi uscire, perché tu domani sarai in viaggio, con quella bici, con quel carrello, verso quella meta, e quella maledetta asta del freno deve funzionare! DEVE FUNZIONARE!
Che faccia come vuole, ma deve funzionare, deve fare il suo dovere. Riprovi per l’ennesima volta, hai paura di perdere la pazienza, ma non te lo puoi permettere. No, non te lo puoi permettere, perché è sera tardi, perché domani in negozi saranno chiusi, perché non è detto che tu quel pazzo domani lo trovi in commercio e tu, domani, devi partire.
Se si sfila forse è troppo liscio, forse con quel colpi di lima lo rendo ruvido e poi funziona. Uso la lima dolce, la bastarda o la lima da mazzo?
La dolce può bastare per un primo tentativo, non posso indebolire troppo l’asta. Ok, riprovo. Avvito e parto, freno… ZAC! Si sfila ancora! Mi siedo, devo stare calmo, non posso permettermi di sbagliare. Ricomincio a guardare, studiare, pensare, ipotizzare… Forse la filettatura non è sufficiente, forse basterebbe mezzo millimetro… Ok, ho capito, che scemo, perché non ci ho pensato prima, ci vuole più spessore.
Ravano nel bidone delle rondelle, bene, questa è quella giusta. Svito il dado, aggiungo la rondella e avvito senza sforzare troppo. Se mi mangio la filettatura va tutto a farsi friggere. Dai, ora tiene, ce l’ho fatta. Parto per il collaudo, due pedalate e poi freno… ZAC! Si sfila ancora! Non mi resta nient’altro da fare. Forse è finita, se non trovo una soluzione non parto, non posso mettermi in strada senza il freno posteriore… No, non mi posso rassegnare, una soluzione ci dev’essere. Una soluzione c’è, ma ha un punto di non ritorno, se va male devo assolutamente cercare un altro pezzo, potrei pensare di costruirlo, ma non è per niente semplice dovrei scaldare l’acciaio, dovrei saldarlo.. non so, non ci voglio pensare.
Dicevano che ci sono momenti…
Ci sono momenti in cui una volta andati avanti non si può più tornare indietro, ci sono momenti in cui chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, ci sono momenti in cui vinci o perdi, momenti in cui non puoi piangere sulle tue decisioni. La decisione è presa.. No! Ferma, pensaci ancora un attimo… Ci penso… la decisione è presa, bisogna ricorrere alla soluzione finale. Bisogna ricorrere alla soluzione decisa, netta ed inequivocabile. Bisogna ricorrere al padre della meccanica. Quando la meccanica si ribella bisogna, talvolta, chiamare in causa gli antichi poteri, risvegliare quelle forze della natura che sanno dove agire per risolvere le situazioni. Quel freno farà il suo dovere, che voglia o non voglia farà il suo dovere. Sfilo l’asticella e la fosso in morsa, è tardi, ma il condominio sa che io devo partire per cui saranno tolleranti.
Impugno saldamente la soluzione finale, la mazzetta da un chilo. Quell’asta si aggancerà nel punto giusto, comincio a martellare ben sapendo che la regolazione fine che prima faceva una vite da 4 millimetri io la devo ricreare con una mazzetta da un chilo. I colpi devono essere pochi e precisi, non so se ce la farò, ma sono fiducioso. Spero solo che l’acciaio sia della “morbidezza” giusta, che non si spezzi.
Un primo colpo, guardo bene, non ci sono crepe. Un secondo colpo, sfilo la stecca d’acciaio e la metto in posizione. Va bene, la misura è giusta.
La risistemo in morsa e finisco il lavoro. La rimetto in posizione e faccio un giro di prova. Tutto bene. Il freno non è perfetto, ma funziona. Una bici che ha vissuto almeno metà del secolo scorso non può certo avere i freni di una bici ad altissima tecnologia e gran parte delle bici in circolazione ha freni meno efficaci di questa. Posso quindi dire che parto con dei buoni freni.
Qualche giorno fa sono andato dal ciclista:
«Ce l’ha i pattini per i freni a bacchetta?»
«Sì, li vuole rossi o neri?»
«Che differenza c’è?»
«Quelli rossi sono più morbidi, quelli neri sono più duri»
«D’accordo, ma dal punto di vista della frenata che differenza c’è?»
«Con quelli rossi la frenata è più morbida, con quelli neri è più dura.»
Penso: “Adesso sì che ho le idee chiare.”
«Lei che bici ha?»
«Una bici da uomo, più o meno del 1950, con ruote da 26 pollici, alla quale aggancerò un carrello per farci un viaggio.»
«Allora le do quelli rossi.»
Cosi ho comprato quelli rossi, anche se non ho capito perché sono più adatte di quelli neri, ma sono convinto che se ci ragiono sopra qualche minuto ci arrivo, però fino ad ora non ho ancora avuto il tempo per farlo.
Dopo questa introduzione tecnica... Girumin è partito per la sua avventura con il VTTE e carrellino, potete continuare a seguirlo in diretta leggendo il resoconto della 1° tappa del suo viaggio in bici
Per maggiore chiarezza nella lettura del testo, qui di seguito la "traduzione" dei due mezzi di trasporto usati in vari viaggi da Girumin: VTTE ossia Velocipede Tradizionale Tipico Essenziale e GOAT ossia Graziella Operativa Alternativa Tattica!
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Girumin
La mia voglia di camminare parte dall’esigenza di vivere il rapporto con la natura. Ho avuto la fortuna di camminare su lunghi percorsi e di viaggiare in diversi paesi, anche meno conosciuti dal turismo tradizionale e ho vissuto alcune esperienze internazionali.
Sono forse stato inesorabilmente spinto dall’istinto naturale che porta a muoversi, a esplorare e a conoscere. Attratto dal bisogno di esserci in prima persona, di arrivare da qualche parte con le mie gambe. Qualche volta ho cercato di giocare con idee meno consuete e magari non sempre garantite.
Penso che il viaggio non sia solo andare lontano geograficamente, ma sia l’occasione per provare ad affrontare le cose in maniera diversa. Spesso per trovare il nuovo basta guardare le cose da un altro punto di vista.
Apprezzo la tecnologia più recente, ma anche le tecniche tradizionali e credo più nella voglia di fare che nella strumentazione più sofisticata.
Partendo da questa idea mi piace preparare un viaggio anche con le mani, per i lunghi cammini ho realizzato dei carrelli per portare il bagaglio e ho fatto qualche giretto con una Graziella e un carrello, ho poi sistemato una vecchia bici da uomo e ho costruito un altro carrello. Cerco idee nuove, ma esploro tecniche del passato come i bastoni di legno.
Nel corso del tempo ho raccolto molti appunti su equipaggiamento, abbigliamento, abitudini, tecniche ed esperienze varie che ho inserito in un libro scritto per la casa editrice “Terre di mezzo”.
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