Il San Primo è la montagna più alta e rappresentativa del Triangolo Lariano, porzione di territorio lombardo condiviso dalle province di Lecco e di Como e che ha la forma di un triangolo con due lati bagnati dai due rami del Lago di Como – detto anche Lario – e con Lecco, Como e la ridente Bellagio a definirne i vertici. Nonostante il percorso più conosciuto da effettuarsi con la MTB sia la cosiddetta “dorsale” da Brunate a Bellagio con rientro su strada asfaltata o eventualmente con il traghetto (verificare se è possibile trasportare le bici), io propongo una variante al tema che permetta di evitare un lungo ritorno su asfalto percorrendo una parte della dorsale (con l'aggiunta della vetta) e completando il giro sfruttando le piste sterrate che si ramificano dal paese di Albavilla.
Dati tecnici
Triangolo Lariano in MTB
DETTAGLI ITINERARIO
Partenza/Arrivo |
Albavilla |
Tempo |
6-8 ore
|
Dislivello |
1950 metri circa |
Lunghezza |
55 km |
Tipologia di fondo |
Asfalto 15%
Sterrato 75%
Single Trail 10%
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VALUTAZIONE
Difficoltà |
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Panorama |
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Files GPS
MTB sul Monte San Primo
Il Buco del Piombo e l'Alpe del Vicerè
Posteggiata l'auto in uno dei tanti parcheggi di
Albavilla (427 m), si percorrono i primi metri all'interno del paese seguendo le indicazioni per il
Buco del Piombo. Dopo un paio di chilometri pianeggianti una svolta a sinistra sancisce l'inizio della salita; la strada, ancora asfaltata, si fa più stretta, ripida e all'ombra del bosco. Dopo qualche tornante, in corrispondenza della cascina
“Lo Zoccolo”, il manto diviene sterrato e si entra nella
Riserva Naturale Regionale Valle Bova, area protetta di rilevanza geologica e paleontologica. Al primo bivio si prende lo sterrato di destra, che con percorso breve e in leggera discesa conduce all'accesso del Buco del Piombo, un'enorme cavità di origine carsica alta 45 m e larga 38 m scavata nella roccia calcarea nel corso dei millenni.
Dopo questa breve ma interessante digressione culturale e paesaggistica torniamo sui nostri passi affrontando la dura e sconnessa sterrata che porta all'
Alpe del Vicerè (903 m), per fortuna inframmezzata da un breve tratto pianeggiante che permette di rifiatare. L'alpe, che è servita anche da una strada carrozzabile proveniente da Albavilla, rappresenta un'oasi di pace a pochi passi dal caos della pianura.
Salendo verso la dorsale
Transitando in un bosco di faggi e betulle, con parziale vista sul
lago di Pusiano, ci si inerpica sulle pendici orientali del
Monte Bolettone lungo uno sterrato traditore: all'inizio si presenta bello e pianeggiante fino al
rifugio Cacciatori lasciando presagire una salita tranquilla, poi diventa una successione di tratti cementati molto ripidi intervallati da brevi tratti pianeggianti che in certi casi non permettono di riposarsi a dovere prima della sferzata successiva. E in men che non si dica si giunge sul crinale, nei pressi del
Rifugio Capanna Mara (1125 m). Una breve discesa ripida e sconnessa sul versante nord ci porta velocemente alla
Bocchetta di Lemna (1115 m).
Pedalando senza confini
Ora ci troviamo sulla “dorsale” comune alla
traversata Brunate – Bellagio e quindi non resta che proseguire su tale percorso diretti verso il
Monte San Primo. Costeggiando nel bosco il versante orientale del Pizzo dell'Asino si perviene alla Bocchetta di Palanzo (1210 m) e successivamente, sempre su sterrato “traditore”, si giunge al
Rifugio Riella (1275 m), luogo panoramico sul dirimpettaio Monte Bisbino e sul ramo lacustre di Como. Superate due fontane si prosegue in salita all'aperto sino a giungere al
Cippo Marelli (1293 m) e poi su piacevoli saliscendi fino alla Bocchetta di Caglio (1124 m) con vista sulla meta da raggiungere, ancora lontana.
Dalla
Braga di Cavallo una discesa cementata ripidissima ci porta velocemente alla
Colma di Caglio (1129 m) e poi su facile sterrato alla
Colma di Sormano (detta anche Colma del Piano, 1124 m), luogo mitico del ciclismo noto per il
suo Muro affrontato in varie edizioni del Giro di Lombardia. Qui ci si può concedere una vera pausa addentando un panino prima di affrontare l'ultima parte di salita.
L'ultimo sforzo: il Monte San Primo
Fiancheggiando l'
osservatorio astronomico e il
Rifugio Stoppani, ci si immette su una piacevolissima sterrata nel bosco, in leggero falsopiano e solo con due brevi strappi decisi, fino alla
Colma del Bosco (1233 m) e all'
Alpe Spessola (1237 m).
Lasciando alle spalle un
grande esemplare di faggio, si prosegue a mezzacosta lungo il versante meridionale del MontePonciv e della Cima del Costone su sterrato dapprima impegnativo per la pendenza ed il fondo sconnesso (Alpe di Terra Biotta, 1436 m) e poi più tranquillo, anche se in salita, sino alla base del
Monte San Primo, la cui vetta si raggiunge spingendo la bici lungo il ripido sentiero per non più di cinque minuti.
Da quota 1686 m la vista è completamente appagata: sotto di noi i due rami del lago di Como che si ricongiungono in corrispondenza di Bellagio, il
monte Legnoncino e le vette calcaree della Valsassina a est e i pendii erbosi del MonteTremezzo a ovest; un vero spettacolo!
Il lungo, lunghissimo rientro
E ora... discesa!
Si ricalca lo stesso percorso fatto durante l'andata sino alla Bocchetta di Lemna, dovendo necessariamente superare lo scoglio della
salita indiavolata tra la Colma di Sormano e la Bocchetta di Caglio! Giunti alla Bocchetta di Lemna non resta che percorrere il sentiero dei faggi, un bellissimo e filante
single trail pedalabile al 99% e con pendenze irrisorie che si sviluppa in una spettacolare faggeta a nord del Monte Bolettone.
Attenzione a non cadere in quanto il versante boschivo è molto ripido! Dopo una goduria durata tre chilometri e mezzo impreziosita da qualche scorcio sul lago si giunge alla
Bocchetta di Molina, nei cui pressi sorge la
Capanna San Pietro (1116 m), ora in disuso.
Volgendo un ultimo sguardo sul lago di Como alle nostre spalle, si scende su un bel single trail erboso (direzione Solzago) che ben presto si trasforma in un ripido canale di terra; per fortuna successivamente le cose cambiano: il sentiero, sempre stretto e non pericoloso, si addentra nel bosco tra tratti con alta vegetazione innocua che accarezza dolcemente le gambe fin persino alle guance e settori più sassosi e sconnessi fino al momento in cui diventa praticamente una strada sterrata. Dai locali questa sterrata viene chiamata
“toboga” per la presenza di
curve paraboliche e picchiate vertiginose in discesa. A parte un paio di picchiate, personalmente non ho visto vere paraboliche né intravisto possibilità di discese funamboliche! Tanto meglio, così il
ciclista spensierato può godersi senza traumi una discesa nel fitto bosco perdendo dislivello poco alla volta e arrivando in tutta sicurezza a
Gilasca (575 m), frazione di Tavernerio. Da qui una strada asfaltata non a scorrimento intensivo permette di raggiungere facilmente il luogo di partenza.
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