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Maratona delle Dolomiti… l’equilibrio e la magia
Più di novemila ciclisti provenienti da 68 nazioni del mondo e arrivati in Val Badia per trovare il proprio ecuiliber, equilibrio in lingua ladina. Proprio l’equilibrio è la tematica che ruota attorno all’edizione 2018. Ogni anno infatti il Patron della manifestazione, Michil Costa, sceglie un tema che contraddistingua la granfondo che si snoda tra le Dolomiti, magnifiche opere d’arte naturali che rendono lo scenario di questa granfondo unico al mondo.
Bella da impazzire
“La vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia” dice il testo di Sally, una nota canzone di Vasco Rossi. È questione di equilibrio, di godere della magia dei momenti che questi scenari e questo evento possono darti, belli da farti impazzire.
Un po' di numeri per la mera cronaca… L’equilibrio va trovato anche in sella scegliendo tra 3 percorsi: il classico Sellaronda (55 km per 1780 metri di dislivello), il medio (106 km per 3130 metri) o il famigerato “lungo” (138 km per 4230 metri) che può essere considerato un tappone dolomitico da Giro d’Italia. Oltre 32.000 richieste di partecipazione alla Maratona delle Dolomiti, circa 9000 fortunati che hanno avuto privilegio di partecipare tra cui io insieme agli amici del Team Rigamonti. Ho avuto il piacere di correre diverse granfondo ma la Maratona delle Dolomiti rimane una delle corse più belle e affascinanti in cui un cicloamatore possa cimentarsi. L’organizzazione per l’intero week end è impeccabile, l’atmosfera è unica e si respira aria di un grande evento internazionale (il 50% degli iscritti sono stranieri).
Protagonisti, storie e compagni di viaggio
I Protagonisti, come di consueto, sono però sempre loro, i passi dolomitici: Campolongo, Sella, Pordoi, Gardena, Giau, Falzarego e Valparola.
I giorni precedenti la gara sbrigo le varie pratiche di rito del ritiro pettorale, chip e pacco gara al Maratona Village dove un ginepraio di ciclisti gironzolano in trepidante attesa per gli stand e dove ti capita di sentire tra crocchi di ciclisti le storie più assurde che solitamente cominciano con “Una volta io…” oppure quando ti imbatti in un ciclononno “Ai miei tempi quando c’era il vero ciclismo…”. Le migliori però rimangono sempre le classiche scuse del ciclista: “non ho tanti km nelle gambe, non sono stato bene e non mi sono potuto allenare…”.
Arrivato allo stand Rigamonti tra i vari assaggi di bresaola di manzo che conosco bene sono rimasto estasiato dalla bresaola di tacchino che non avevo mai assaggiato e su cui inizialmente ero un po' prevenuto. In realtà un prodotto delicatissimo, gustoso e che risponde alle moderne esigenze nutrizionali grazie all’elevato contenuto proteico e alla ridottissima presenza di grassi (2%). Faccio incetta anche di “Quando e dove vuoi” che ho scoperto l’anno scorso e che da allora precede e accompagna le mie uscite più lunghe: si tratta di uno stick di bresaola che ha un alto contenuto proteico e soprattutto può essere conservato fuori frigo.
Sfida ai sette passi
La sveglia suona presto, alle 4 e 30 sono già a fare colazione e mi devo sforzare per mangiare qualcosa e mettere un po' di benzina in corpo. Fa meno freddo rispetto all’anno scorso ma in griglia c’è da aspettare e il sole non scalda ancora. Ci siamo quasi, l’adrenalina sale insieme agli elicotteri delle riprese TV che ci sorvolano ripetutamente. I momenti prima della partenza ed il conto alla rovescia sono particolarmente emozionanti e mi fanno sempre venire la pelle d’oca. Finalmente il via con lo “sparo”.
Mi aspettano sette passi della leggenda del ciclismo che per un giorno saranno liberi dagli infestanti rumori di moto e auto, solo i respiri affannosi, i rumori dei cambi delle biciclette, il fruscio dello scorrere delle ruote e il tintinnio delle gocce di sudore che dal casco cadono sul telaio della bici perché nel silenzio della fatica ogni rumore è amplificato.
Mi impongo sempre di partire con un’andatura regolare, senza strappare perché la gara è lunga e io non sono certo un grimpeur ma un vecchio trattore di pianura, e invece mi lascio sempre prendere dall’euforia del gruppo che pedala veloce.
Salendo il Campolongo con il panorama sull'alta Badia e sulla vetta del Sassongher è da brividi e forse ancora più suggestivo è vedere il serpentone colorato e agguerrito dei ciclisti. Il Pordoi con i suoi 33 tornanti si snoda dolcemente tra i verdi pendii fino a quota 2239 mslm tra il Gruppo del Sella e il Gruppo della Marmolada che si stagliano in fondo alla strada e che tolgono il fiato.
Salendo al passo Sella il panorama è ancor più maestoso e struggente: Sassolungo e Sassopiatto incombono sul valico mentre alle spalle di chi pedala, si staglia il massiccio del Sella in un ideale e imponente abbraccio dolomitico. Un punto molto spettacolare che ricordo in modo vivido e quasi reverenziale è anche il passaggio al fianco del minaccioso costone di roccia salendo verso passo Gardena.
Arrivo all’imbocco del Giau, lo conosco, non perdona e salgo con il rapporto più agile. C’è un gran caldo e mi “pianto”, gli ultimi chilometri son un calvario, testa bassa e sguardo fisso sul manubrio e prime avvisaglie di crampi. Stringo i denti e cerco di salire sui pedali con un rapporto più duro per allontanare per un po' il dolore dei crampi, ma è solo un’illusione, un po' come un miraggio nel deserto... li metti a tacere per un po' ma poi ritornano. La discesa nel bosco dal passo Giau ha un non so che di arcano e mi serve per sciogliere i muscoli. Affronto l’ultima asperità che mi porta sul Valparola dove lo spettacolo delle rocce lo rendono un paesaggio quasi lunare.
Dopo oltre 130 chilometri con i muscoli gonfi di acido lattico mi trovo di fronte il Mür dl Giat, il temibile Muro del Gatto con una pendenza del 20%, il pubblico ai lati della strada ti incita e non posso mollare, do tutto quello che mi rimane e lo faccio tutto d’un fiato per alleviare la sofferenza… d’altronde anche Pantani diceva “Vado forte in salita per abbreviare la mia agonia.”
Poco dopo taglio il traguardo di Corvara in Val Badia, quasi commosso per la mia gara che preparavo da tempo e ho portato a termine.
E il pensiero è già rivolto alla prossima sfida e le sofferenze appena patite sono già un ricordo perduto.
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