Esistono dei luoghi leggendari per i ciclo-viaggiatori, luoghi che si tramandano come tradizione nei racconti degli avventurieri a due ruote, luoghi da dove ogni giro del mondo in bicicletta deve prima o poi passare: penso alla Carretera Austral, alla Pamir Highway o alle Dolomiti Italiane. Il lago di Ohrid dovrebbe senz’altro essere annoverato tra questi luoghi. Non soltanto perché insieme ai laghi di Prespa costituisce un’eccezionale riserva transfrontaliera al confine tra tre stati (Albania, Macedonia e Grecia), perché rappresenta uno straordinario sito naturalistico e culturale eletto a patrimonio dell’UNESCO o perché sulle sue sponde si è intessuta una fitta trama di destini che ne ha disseminato i panorami di santuari ortodossi e minareti ottomani.
GIRO DEL MONDO IN LIBERTANDEM – Un viaggio in bici all’insegna dell’ecologia, un’avventura alla scoperta del mondo, un inno alla vita, alla salute e alla libertà. Loro sono Ale e Ste, nomadi a due ruote. Il loro viaggio in pillole su
GODIMUNDI
Il lago di Ohrid è un luogo sacro del cicloturismo anche e soprattutto perché pedalando al suo cospetto il viaggiatore lento diventa una volta per tutte consapevole della ragione che lo ha spinto a inforcare la bici.
Qualche numero
Un po' di cifre
- Giorni in Macedonia
- 2
- Chilometri percorsi
- 101
- Notti campeggio libero
- 2 su 2
- Spesa media giornaliera
- 3 € a testa
Lago di Ohrid: un prodigio ambientale
Se, infatti, andare in bicicletta significa vivere – sempre e comunque, a ogni giro di ruota, in ogni angolo del globo – l’esperienza di un’unione mistica e carnale con il paesaggio, allora si parte proprio per trovare un autentico prodigio ambientale come questo lago: si vaga cioè per poter infine lambire e solcare, accarezzare e penetrare, danzare e fondersi in quei santuari naturali con i quali il pianeta sembra ringraziare chi ha scelto di vivere e viaggiare nel rispetto dei suoi ritmi millenari. E nel lago di Ohrid la natura si esprime in tutta la propria magnificenza – accendendo la sua superficie di sfumature cangianti, popolando le sue acque d’un denso e vivace brulicare d’organismi, infondendovi la sua stessa maestosa presenza – e sfida così l’uomo a prendersi cura di lei con la stessa passione per la vita che è infusa nella sua bellezza.
Il più antico lago d'Europa
Ohrid è in effetti il più antico lago d’Europa, oasi di un’esuberante biodiversità e dimora di una rigogliosa abbondanza di endemismi che si sono prodotti nel corso di oltre un milione di anni e si sono conservati nei secoli grazie alla sue peculiari qualità geomorfiche. Nonostante l’elevata profondità e la lentezza del ricambio idrico (che hanno d’altra parte favorito la longevità del bacino e la preservazione delle specie), le acque sono infatti dotate di una singolare purezza e grande densità di ossigeno per il continuo apporto di copiose sorgenti sotterranee provenienti in massima parte dal vicino lago di Prespa.
La sorgente più spettacolare è quella del fiume Drin Nero (Crn Drim), che sgorga poche centinaia di metri dopo il confine tra Albania e Macedonia, gettandosi nel lago in un’ampia e vigorosa cascata sovrastata dal monastero di S. Naum.
Di lago in lago: da Ohrid a Prespa
Vi giungiamo
dopo aver attraversato l'Albania in bici mentre già incombe la sera, e la Macedonia sembra venirci incontro con il sospiro malinconico di curve contadine accigliate che attraversano la frontiera a passo lento tornando dalla campagna, con il sorriso incredulo di chiassosi turisti turchi e bulgari che scattano foto alla nostra bici, con l’ostentata noncuranza di schivi pescatori indolenti che dal molo ci osservano mentre
ci tuffiamo nel lago. Pur nell’oro brunito della luce del tramonto, l’acqua è cristallina fino al fondale, e se ne vede come attraverso un vetro il frenetico pullulare di una convulsa miriade di pesciolini guizzanti che si avvicinano a mordicchiarci le gambe.
Sulle prime pigre anse della sorgente, una foresta incantata di pioppi, ontani, salici e cespugli palustri, costellata da radure d’ortica e soffici tappeti di trifoglio e centonchio, nasconde piccoli eden ideali per campeggiare. Decidiamo di piazzare la tenda sulla riva d’un approdo imboscato tra i canneti, presso il quale sorge una cappella in stile ortodosso costruita per proteggere e riverire una fonte sacra, la cui acqua gelida, venerata da chissà quale epoca, allieta tuttora le gole dei viandanti.
Dal lago Ohrid imbocchiamo la strada panoramica che si inerpica attraverso le pendici boscose e le vette brulle del parco nazionale di Galičica. La salita, che si snoda piuttosto agevole lungo stretti tornanti a gomito fino a 1600 m, non è faticosa quanto l’interminabile discesa sull’asfalto sconnesso che ci porta fino al lago di Prespa.
L'incontro con il sorprendente popolo macedone
Qui avviene il nostro primo, sorprendente approccio con lo sconosciuto popolo macedone. Sfiniti dallo stress della discesa, riflessi nello specchio scuro delle placide acque del lago di Prespa – più buie e torbide di quelle del compagno Ohrid – inquietati dalle minacciose carcasse di lussuosi hotel in rovina che si affacciano sulla strada, non nutriamo troppe speranze di riuscire a strappare un sorriso ai severi musi squadrati intenti alla raccolta tra gli sterminati filari di meli. È così con immensa sorpresa che, non appena incrociamo lo sguardo con un uomo poderoso alla guida d’un trattore carico, questo ferma il mezzo per riempirci il cestino del tandem con le sue mele succulente; nella prima bottega in cui ci imbattiamo troviamo le nostre amate barrette di sesamo a pochi centesimi; quando poi ci fermiamo presso un casolare di campagna a chiedere un po’ d’acqua, finiamo per intrattenere una divertente conversazione nel nostro turco approssimativo con un’arzilla vecchietta a cui brillano gli occhi di commozione venendo a sapere che stiamo andando nella sua terra d’origine in bicicletta.
Siamo commossi anche noi nel ritrovare un po’ di rimembranze turche in questo paese appena sfiorato dal passaggio del nostro libertandem. Ci suona familiare perfino il nome della catena dei monti Baba, di cui costeggiamo i rilievi pedemontani settentrionali in una serie di piacevoli saliscendi fino a raggiungere la pianura della Pelagonia.
Una frizzante aria di Turchia pervade inoltre Bitola, centro principale della piana, che reca evidenti testimonianze dell’eredità ottomana, come moschee, hammam e mercati coperti. Dall’atmosfera dinamica di questa città universitaria ripiombiamo infine nell’imperturbabile desolazione delle mulattiere di campagna che ci conducono alla frontiera con la Grecia.
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