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Karakorum highway (ed oltre) in bici... al femminile: il racconto di Donatella!

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Il binomio donna e bicicletta è uno di quelli che preferisco: prima di tutto perchè mi sento coinvolta in prima persona, secondariamente perchè, a mio parere, calza proprio a pennello. Tempo fa ho avuto il piacere di scoprire online un'altra coraggiosa cicloviaggiatrice che ha percorso per tre mesi la Via della Seta e la Karakorum Highway in bicicletta. Per molto tempo Donatella ha viaggiato in solitaria affrontando salite da brivido ed attraversato luoghi isolati al confine tra cielo e terra. Questa è l'intervista sul suo incredibile viaggio in bici!
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Ciao Donatella, hai percorso la Karakorum Highway in bicicletta in che senso di marcia e per quanti chilometri?

 
Partenza dal Pakistan, sulla Karakorum Highway fino al Khunjerab Pass (4.600 m), da qui in Cina, attraverso i grandi spazi dell’ovest, il deserto del Taklamakan, il deserto del Gobi, costeggiando la Grande Muraglia cinese per arrivare a Xian, da Golmut poi verso il Tibet, a Lhasa ed ancora sette passi ad oltre 5.000 metri, contro il vento freddo dell’Himalaya, gli ultimi affascinanti 1000 km che attraversano tutto il Tibet e ci conducono alla capitale del Nepal, Kathmandu, dove il nostro incredibile viaggio si conclude.
 

Prima di questo viaggio avevi già sperimentato il viaggio in bicicletta o è stata la prima volta?

 
Avevo fatto solo brevi viaggi di pochi giorni, con mie amiche, in Europa.
 

Perchè hai scelto proprio la bicicletta?

 
La scelta non è stata la mia, il viaggio mi è stato proposto: esperienza unica ed irripetibile che ho deciso di accettare. Era il sogno di un mio amico, fortissimo alpinista che aveva conquistato 13 delle 14 vette himalayane al mondo di oltre 8.000 metri, Christian Kuntner scomparso poi nel 2005 scalando l’Annapurna, il suo ultimo 8.000.
 
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Quanto pesavano le tue borse e adesso, ripensando al viaggio, c'è qualcosa che avresti preferito lasciare a casa e qualcos'altro che invece hai scordato di portare con te?

 
Le mie borse pesavano 30 kg, il bagaglio era stato studiato nei minimi particolari dato il lungo percorso e la durata (tre mesi). Sul peso non influivano certo gli indumenti e tanto meno, parlo per me in qualità di donna, oggetti o cosmetici per la bellezza e per l’estetica, piuttosto l’insostituibile attrezzatura per riparazione bike. Data la pesantezza degli strumenti, veniva penalizzato il nostro abbigliamento personale ridotto al minimo necessario. Dovendo affrontare migliaia di chilometri in zone desolate dovevamo assolutamente essere autosufficienti anche in caso di rotture ed usura del nostro mezzo di trasporto. Pertanto la parte più cospicua delle nostre borse è stata ingombrata da strumenti tecnici: pompa, smagliacatena, smonta copertone, camere d’aria, copertoni, olio catena, cacciavite (varie misure e cacciavite a stella), cavetti freni, cavetti cambio, pinza-tenaglia, nastro isolante, carta abrasiva, chiavi di varie misure (per freni, ruote, pedali, raggi), rattoppi gomma, colla vulcanizzatrice.
 
Questo viaggio poi non doveva rimanere fine a se stesso, ma il nostro obiettivo era quello di documentare attimo per attimo la nostra avventura, un tragitto ambizioso che pochi uomini hanno percorso nella sua interezza, da soli ed in mountain bike. Pertanto grossa parte del nostro bagaglio era costituita da materiale fotografico altamente professionale ma pesante: due macchine fotografiche, una video camera con cavalletto, rullini fotografici (ancora non c’erano le macchine digitali con la leggerissima card) circa 200 di varie sensibilità, in più cassette per filmare tre mesi di viaggio, conservati dentro buste termiche ed impermeabili per resistere al caldo ed al freddo. Comunque nessun rimpianto.
 

Ci dici tre cose che consiglieresti di portare ad una cicloviaggiatrice in partenza?

 
Primo suggerimento viaggiare leggeri! Ogni grammo di troppo diventa un inutile macigno da trascinarsi dietro. Molto difficile dare consigli in generale, dipende dal tipo di viaggio: se ci si dirige in luoghi isolati dal resto del mondo o no (deserti o città?... oriente o occidente? in quota o no, ecc.), per quanto tempo e per quanti chilometri, a quali temperature, se in compagnia o in solitaria… e soprattutto dipende dall’adattabilità della persona! Comunque essenziale una mappa ben dettagliata, medicine con kit per igiene intima, e oggi direi anche un gps con cellulare (abbiamo viaggiato senza contatti con il mondo, senza cellulari, senza gps, solo seguendo cartine molto approssimative, quindi il chilometraggio spesso sbagliato ci ha costretti più di una volta a drammatiche tappe forzate, infatti le nostre previsioni andavano miseramente a rotoli poiché le distanze reali erano molto più lunghe, anche di 50 Km se non di più!!). Ovviamente non può mancare l’attrezzatura per riparare la bici e capi di vestiario specifici, comodi per il movimento e possibilmente leggeri.
 
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Hai viaggiato da sola o accompagnata? Dormendo in tenda, guesthouse o altri alloggi?

 
Eravamo in due, ma ho pedalato per la maggior parte del viaggio da sola, perché in queste situazioni estreme è molto difficile imporre il proprio ritmo, limitando le prestazioni di chi è più potente (si rischia di farlo faticare molto di più se deve rallentare). Si dormiva in base alle possibilità dettate dall’ambiente, dall’ora di arrivo e dalle situazioni più o meno difficili che si incontravano: in tenda specialmente quando si attraversavano zone assolutamente disabitate (come in Himalaya, sugli altopiani, nei deserti); a volte ospiti in qualche capanna o case di poveri villaggi; nelle città cercavamo gli alberghi per riposare meglio e poterci ogni tanto dare una bella lavata; nei lodge in Tibet; nei caravanserragli e a volte sotto le stelle e sotto i camion nei deserti cinesi.
 

Qual è stata la tappa più dura del viaggio? Perchè?

 
Di tappe durissime ce ne sono state tante… potrei dire tutte! Se parliamo solo di Karakorum Highway forse i 1000 metri di dislivello in 74 km per arrivare proprio al Khunjerab Pass, ma ancora non sapevo cosa mi aspettava nei tre mesi successivi! Sono stati 74 km di sudore, di volontà, di denti stretti. Ma alla fine del giorno, verso le 19, il cielo si copre di nubi nere, il temporale è in agguato, lampi squarciano l'orizzonte, arrivo al chek post. Sopra di me una orripilante serie di tornanti, che salgono in modo vertiginoso. Il mio corpo e la mia mente si rifiutano di andare oltre. Mancano ancora 14 km alla vetta ed al passo: è una sconfitta, purtroppo mi devo fermare, la cima si conquisterà il giorno dopo. Notte in tenda, senza cena, con 74 km di fatica sulle gambe, senza aver mangiato per tutto il giorno, nevica e c’è ovunque un’atmosfera di ghiaccio e solitudine.
 
Altre tappe difficilissime nel deserto del Taklamakan, che significa il deserto in cui si entra e da cui non si esce! Da questo punto in avanti dovevamo effettuare dei calcoli precisi sulla nostra rotta, molto difficile trovare acqua e le distanze tra un’oasi e l’altra possono toccare perfino i 250 km. Il deserto si distende a perdita d’occhio, terra arida e rocce assolate, non c’è acqua, non c’è vita, niente ombra, né alberi, né villaggi: il vuoto penetra nel profondo delle viscere, il caldo diventa sempre più torrido e insopportabile. Tre giorni di km misurati sulla sofferenza, su piste sterrate, solo il giallo del deserto ed ogni pomeriggio un vento soffocante e tanto forte (sempre contrario), da rendere la nostra marcia ancora più lenta e difficoltosa. La sfida diventava quasi impossibile: il deserto mi annullava, succhiando ogni goccia della mia linfa vitale, mi lacerava con il vento infuocato della follia, mi consumava lentamente.
 
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Come donna in viaggio, hai avuto mai difficoltà? Paura di qualcosa di particolare?

 
Lungo la Karakorum Highway, in una tappa di 35 km di salita, sulla strada deserta i miei pensieri vagavano: sola, persa tra queste gole, potrebbe succedermi di tutto. Proprio mentre ero in balia di queste tristi riflessioni un camion con dei militari a bordo, in un breve tratto di discesa, si fa superare dalla mia bike che sfreccia. Ma è stato solo un attimo, la salita incombe. Lentamente le mie gambe spingono, il camion mi raggiunge, sembra voler procedere con me, i militari ammiccano. Rallentano, uno scende, mi aspetta e poi incomincia a spingermi, quando non riesce più a seguire il mio ritmo, una pacca sulla spalla e risale sul vecchio e lento camion. Così, per tre o quattro volte, a turno scendono, mi spingono e via. Sono sempre sola, ed ho un po’ paura! Questo mondo di soli uomini mi spaventa.
 
L'incombenza del silenzio, del vuoto che precipita negli strapiombi vertiginosi che sembrano risucchiarmi, la mia impotenza, sono attimi che si fissano nella mia mente, impercettibili, in cui interi destini vengono decisi per sempre. Finalmente supero la parte finale di salita e a velocità folle, in discesa, riassaporo la mia solitudine! Tiro un sospiro per aver incontrato persone “nice and friendly”. Sicuramente per loro ero una novità: una donna sola e su un mezzo di trasporto così particolare! Le paure comunque ti assalgono non nel momento stesso in cui vivi le situazioni, ma quando ci ripensi a mente fredda! Altri momenti di paura quando viaggiando sola perché più lenta e quindi indietro, a diversi incroci, a volte anche di notte e senza luci, non sapevo dove girare, poiché tutte le indicazioni erano in cinese incomprensibile! Le mie scelte sono state quasi sempre precise, quando invece ho sbagliato l’intuito mi ha aiutata e quindi sono sempre tornata indietro riuscendo a rimettermi sulla giusta strada… anche se con diversi e pesanti km in più nelle gambe!
 

Qual è stata l'emozione più forte provata in viaggio sulla Karakorum Highway?

 
Le emozioni sono state vissute ad ogni istante, ad ogni secondo che ha scandito i tre mesi di viaggio, per 5000 km, emozioni che per sempre restano nel tuo cuore, nel tuo bagaglio personale di vita. È il fascino evocato dai paesaggi suggestivi, lo stupore provato ad ogni tramonto, il ricordo di volti incontrati, le nuove amicizie strette, le cronache, gli aneddoti, le riflessioni, le paure, i miei appunti di viaggio, la fatica, le sfide, le conquiste, la nostalgia degli affetti lasciati a casa. Forse sarò banale, ma sulla Karakorum l’emozione più forte è stata proprio il primo contatto telefonico e le poche parole scambiate con mio padre, dopo i primi 10 giorni di assoluto silenzio, fuori dal mondo ed in situazioni critiche ed estreme. Incredibile: in un luogo lontano da tutto e da tutti, a 3000 metri di altezza, a Sost un piccolo villaggio, ho trovato un telefono che mi ha permesso di gioire, commuovermi e rasserenarmi ascoltando la voce di mio padre.
 

Con che bicicletta hai viaggiato?

 
Una mountain bike ottima, fornita da un’azienda tedesca, che ha voluto testare la resistenza del mezzo sottoposto a sollecitazioni notevoli per circa 5000 km di strade sterrate, nei deserti, a 5000 metri di altezza, al caldo, al freddo, sotto l’acqua, sotto la neve, contro il vento. Alla fine del viaggio se la sono ripresa per verificarne lo stato! La potete vedere in foto.
 

Il luogo più bello visto

 
Sono una patita del Tibet e delle vette Himalayane. Esiste anche il “Mal di Tibet”: quell’inarrestabile desiderio di immenso, di altezze, di libertà che ti inebria e ti lega senza possibilità di scelta, riportandoti sempre con la mente, il cuore, con tutti i tuoi sensi ai colori, ai profumi, ai suoni, al misticismo di un mondo antico, battuto dai venti delle alte vette innevate e coperte dai ghiacci perenni.
 

Il paese più ospitale

 
Nepal
 

Il luogo più deludente

 
Le città cinesi
 
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L'incontro più bello

 
Sono stati circa 5.000 km di vite, di storie, di incontri. I più belli: gli incontri con le famiglie che senza chiederci nulla, senza parlare la stessa lingua, ma solo con un linguaggio fatto di gesti e di sguardi, hanno capito la nostra difficoltà e le situazioni critiche e ci hanno ospitati per la notte offrendoci quel poco che avevano. Con loro abbiamo condiviso un tappeto, un letto di fango, poche uova sode, ma soprattutto il sorriso, la comprensione e l’altruismo dei più semplici e dei più poveri.
 

Un colore da associare alla Karakorum Highway in bicicletta

 
ROSSO! Nonostante le difficoltà ho vinto la battaglia e sono arrivata in cima, lì ho capito il perchè del nome Khunjerab: significa Valle del Sangue! Ma sono rimasti impressi nella mia mente altri tre colori: il nero delle pareti a strapiombo sul fiume, il giallo intenso del sole che arde ogni cosa ed il bianco scintillante dei ghiacci sul Rakaposci.
 

Tre parole per descrivere il viaggio in bicicletta

 
Un viaggio di rottura, oltre l’immaginabile, alla scoperta dell’ignoto e soprattutto di se stessi.
 

Il tuo prossimo viaggio??

 
Ogni giorno è un viaggio, nel percorso della nostra vita. Tutte le nostre mete sono la nostra esperienza, tutte le nostre sfide sono i nostri sogni raggiunti. Per il momento non posso organizzare viaggi così estremi e lunghi, ogni età porta con sé la necessità di nuove scelte, obiettivi e stili di vita diversi. Sono comunque sempre in movimento e cerco di apprezzare anche le mete più vicine ed i modi di viaggiare meno estremi, forse più semplici, più lenti, ma che ci permettono di vedere ciò che ci circonda con occhi nuovi. Infatti ora mi sono avvicinata al Nordic Walking e quindi pedalo molto di più… a piedi, piuttosto che in bicicletta! È uno stile di vita sano e attivo, per mantenersi in forma all’aria aperta e a contatto con la natura… un “viaggiare lento” a piedi, per sperimentare, assaporare e sempre emozionarsi.
Potete trovare Donatella anche sul suo sito di nordic walking, attività alla quale si dedica con grande passione!!! Collegatevi a http://www.anwi.viterbo.it/
 
 
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Vero

ITA - Correva l'anno 1983 quando ha sorriso per la prima volta alla luce del sole estivo. Da sempre col pallino per l'avventura, ha avuto la fortuna di girare l'Europa e l'Italia con i genitori e poi, per la maturità, si è regalata un viaggio in 2 cavalli da Milano verso la Russia. Al momento giusto ha mollato il lavoro senza alcun rimpianto per volare in Nuova Zelanda dove ha viaggiato per cinque mesi in solitaria. Nel 2007 ha provato per la prima volta l'esperienza di un viaggio in bici e, da quel momento, non ne ha potuto più fare a meno... così, dopo alcune brevi esperienze in Europa, nel 2010 è partita con Leo per un lungo viaggio in bicicletta nel Sud Est asiatico, la prima vera grande avventura insieme! All'Asia sono seguite le Ande, il Marocco, il Sudafrica-Lesotho e #noplansjourney. Se non è in viaggio, vive sul lago d'Iseo! Carpediem e buone pedalate!

EN - It was 1983 when he smiled for the first time in the summer sunlight. Always with a passion for adventure, she had the good fortune to travel around Europe and Italy with her parents and then, for maturity, she took a trip in 2 horses from Milan to Russia. At the right moment he quit his job with no regrets to fly to New Zealand where he traveled for five months alone. In 2007 she tried the experience of a bike trip for the first time and, from that moment on, she couldn't do without it ... so, after some short experiences in Europe, in 2010 she left with Leo for a long cycling trip in South East Asia, the first real great adventure together! Asia was followed by the Andes, Morocco, South Africa-Lesotho and #noplansjourney. If he's not traveling, he lives on Lake Iseo! Carpediem and have good rides!

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