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Giro della Sardegna in bici: un colpo di pedale in sardo, APPEDALAI!
Ce la faremo? Questa è la domanda con la quale abbiamo intrapreso il nostro viaggio. Girare la Sardegna in bicicletta, partendo da Olbia e seguendo la costa nord/ovest fin dove il tempo ci consentirà, per poi tagliare di netto l’isola, raggiungendo Arbatax sulla costa est perrisalire a Olbia.
In questo articolo
Giro della Sardegna in bicicletta: il nord
Abbiamo scelto il mese di giugno per evitare il caldo torrido estivo e le ondate di gente che invadono l’isola. Un viaggio che fosse una vacanza, questa era lo scopo, apprezzando ogni singolo scorcio paesaggistico e respirando i profumi della terra Sarda.
Appena sbarcati ad Olbia, gambe in spalla, si comincia a pedalare direzione Santa Teresa di Gallura. Raggiunto Capo Testa ci tuffiamo, con ancora addosso i pantaloncini da bici; il vento qui la fa da padrone. Una brezza tesa, a tratti fastidiosa che solca quel lembo di Tirreno che divide l’Italia dalla Francia. Si possono ammirare le magnifiche scogliere di un bianco accecante, simbolo di Bonifacio, che distano non più di una manciata di chilometri.
Il viaggio prosegue fino raggiungere l’estremità nord occidentale dell’isola, nella zona di Stintino. Il territorio sembra pianeggiante ad un occhio inesperto, ma le gambe e gli ormai inseparabili gps dicono tutt’altro. A fine viaggio arriviamo alla conclusione che quest’area di Sardegna è la più selvaggia e disabitata. La sera ci fermiamo nella spiaggia di Rena Majore per ammirare il sole proseguire la sua corsa verso ovest; sulla spiaggia solo noi, qualche nuvola in cielo e un tronco conficcato verticalmente nella sabbia.
Temperatura infuocata verso Bosa
L’indomani, di buon'ora, percorriamo in direzione sud la costa ovest, attraversando la meravigliosa Alghero, ignari di ciò che ci aspetterà da lì a poco. Usciti dalla città ci restano da percorrere “solo” 40km, siamo tranquilli e ci sentiamo in forze ma ben presto la situazione cambia drasticamente. La strada che conduce a Bosa passa a mezza costa qualche centinaio di metri sopra il litorale; versanti brulli e disabitati che sfociano in calette dall’acqua cristallina. In un paio di chilometri la temperatura comincia a farsi infuocata; siamo ormai a metà tragitto e non si trova nessun punto di ristoro, non ci si può fermare!
Il termometro segna 43°, le borracce sono vuote e il corpo ormai si rifiuta anche di sudare, meglio risparmiare liquidi starà dicendo. Arriviamo a Bosa e l’unica cosa a cui riusciamo a pensare è una bella birra ghiacciata. Ci sediamo in uno strano supermercato, dove probabilmente ci lavora una famiglia di tre generazioni; conosciamo due ragazzi sardi moooolto simpatici ed originali, arrivano le 16 del pomeriggio ed ormai il tavolo è pieno di bottiglie vuote. Giunti a Torre dei Corsari, l’idea originale era di proseguire fino Nebida, ma la tappa sahariana di Bosa ci costringe ad accorciare il tour di una tappa.
La traversata da ovest verso est
Attraversiamo così l’isola direzione ovest-est; dividiamo la traversata in due segmenti. Il primo tratto da Torre dei Corsari ci porta attraverso le campagne del medio campidano, caratterizzate da vere e proprie distese agricole con una varietà infinita di ortaggi. Raggiungiamo così la diga di Flumendosa e qui il paesaggio varia totalmente, si fa sempre più montuoso ed alpino. La notte la passiamo in un singolo villaggio immerso nel nulla. Paesaggio lunare, nessuna strada in vista, nessuna luce artificiale, solo una vecchia ferrovia attiva una volta a settimana nei soli mesi estivi. Il Vecchio Borgo dei Carbonai, questo il suo nome, si trova a 2km dalla strada asfaltata più vicina e dista 8km dal primo paesino abitato. Ci accoglie un omino che gestisce in autonomia la struttura; con lui c’è Teo uno strano incrocio di cane, abbandonato lì qualche mese prima. Vederlo gestire tutta quella struttura da solo ti porta a provare un po’ di compassione; bastano poche ore per rendersi conto della sua scelta, già proprio perché la sua non è stata una scelta obbligata ma voluta. Si emoziona nel vedere quattro albicocche mature sulla pianta, chissà da quanto le curava.
Una strada larga quanto una pista ciclabile attraversa il cuore della Sardegna; si ha l’impressione di pedalare in un set cinematografico western. Canyon e i famosi “tacchi”, così vengono chiamate le asperità rocciose in mezzo alla steppa, fanno da contorno alla striscia di asfalto che conduce ad Arbatax.
Orientale sarda e rientro a Olbia
Qui ci prendiamo un rest-day, siamo ospiti da amici di famiglia; in due giorni mangiamo tutto quello bruciato in sei. Il vero tonno sott’olio fatto in casa, le tempure di pesce sono emozioni che ti sogni per mesi. E’ ora di risalire verso nord; affrontiamo il passo di Ghenna Silana, mille metri di dislivello ti portano nel centro del parco del Golfo di Orosei. Gole mozzafiato e pareti interminabili ti fanno voglia di lasciare la bici e inforcare imbrago e scarpette.
Giunti a Orosei le strade e i paesi, che si trovano in successione direzione Olbia, sono un po’ meno affascinanti a livello paesaggistico e per di più le strade cominciano ad essere invase da turisti. Quest’angolo di Sardegna, con villaggi turistici, spiagge attrezzate, ci regala però una delle più belle cene della vacanza. Ci ritroviamo a mangiare una pizza su sabbia finissima fronte Tavolara, al tramonto; uno scatto immortala il momento ma per chi l’ha vissuto non rende la metà delle emozioni. Varchiamo nuovamente il confine comunale di Olbia, ce l’abbiamo fatta! La nave è già lì che ci attende ma noi sfruttiamo fino l’ultimo minuto disponibile per girare un po’ la città.
Passiamo nuovamente dalla strada imboccata nove giorni prima in direzione Santa Teresa, per un momento la voglia di tirar dritto frulla nella mente. Ci imbarchiamo, saliamo sul ponte; affacciati dal parapetto col vento in faccia guardiamo l’orizzonte. Nella nostra testa un criceto sta ripercorrendo il tragitto fatto fermandosi nei momenti e nei luoghi che più ci hanno colpito. Salutiamo l’isola e ci mettiamo a nanna, svaccati sulla moquette della nave. Quello che conta del viaggio è stato fin qui raccontato; passano in secondo piano chilometri e dislivello percorso.
Nove tappe, 780km e 8300m di dislivello ci hanno permesso di ammirare e goderci questi luoghi.
Viaggiare in bici significa essere agili e lenti allo stesso tempo; agili perché viaggi col minimo indispensabile, lenti perché ti permette di vedere scorci che in macchina ti sogni.
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