Dati tecnici
Costa Rica in bici
DETTAGLI ITINERARIO
Partenza/Arrivo |
San José |
Tempo |
15-25 giorni |
Dislivello |
24.300 m
|
Lunghezza |
1280 km
|
Tipologia di strada |
Asfalto 45%
Sterrato 55%
|
Bici consigliata |
Bici da viaggio
Gravel
|
VALUTAZIONE
Difficoltà |
|
Panorama |
|
Files GPS
Costa Rica in bicicletta
Come nasce l'idea del Costa Rica in bici?
L'idea della Costa Rica in bicicletta era nata così per caso, 15 giorni prima della partenza. Ero alla ricerca di un paese caldo, facile e poco frequentato dai cicloviaggiatori nostrani. Le prime opzioni erano state Uganda e Rwanda, paesi relativamente sicuri e attraenti. Purtroppo l'esigenza del vaccino contro la febbre gialla mi aveva fatto scartare subito queste alternative: non avrei avuto i tempi tecnici sufficienti per vaccinarmi.
Esplorando l'atlante mi è venuto spontaneo un pensiero: non ero mai stato in America Centrale. Avevo vistitato tutti cinque i continenti, ma non avevo ancora pedalato in questa specifica area del mondo. Allora perché non tappare questo buco? Il periodo era perfetto, perché la stagione era quella secca (gennaio-febbraio) e il caldo sarebbe stato assicurato.
Mancava una sola cosa: volevo un viaggio "facile", in un paese sufficientemente turistico per potermi concedere qualche notte in buoni alloggi, mangiare bene e liberare la mente da qualsiasi preoccupazione. Era un periodo in cui avevo bisogno di questo tipo di viaggi, magari meno avventurosi, ma non per questo meno stimolanti. Tra tutti i paesi del Centro America, quello più stabile e turistico è di sicuro la Costa Rica. Perfetto. Notte tempo decido: prenoto il volo e finisco gli ultimi preparativi.
Qualche giorno più tardi, davanti all'ultima pizza del prossimo mese o giù di lì, l'amico se ne esce con la famosa domanda:
"Vai in Costa Rica in bici? Ma non ci sono solo foresta e animali?"
"Può darsi" ribatto "ma, per prima cosa: ti pare poco? Foreste pluviali e animali esotici mi piacciono un sacco. E poi non è esattamente tutto lì"
La Costa Rica è il paese più stabile e sviluppato del Centro America. Il 27% del suo territorio è protetto da parchi nazionali, riserve e aree verdi mentre il turismo è una delle principali fonti economiche del paese. Dal 1949 non ha un esercito, potendosi così vantare di essere il primo paese ad averlo abolito. Il suo territorio è caratterizzato dalla presenza di numerosi vulcani, tanti dei quali ancora attivi. Il monte più alto è il cerro Chirripó che raggiunge i 3820 m di quota.
"E poi lo sai che io del sentito dire mi fido poco, preferisco vedere con i miei occhi e giudicare sulla base di ciò che tocco e pedalo. I racconti vanno bene, ma solo per farmi sognare!"
Tornato a casa, ho studiato un percorso non troppo lungo, che mi permettesse di essere modellato, tagliato e cucito qua e là a seconda delle esigenze e della volontà ma considerando anche un po' di info turistiche reperite sul sito ufficiale del turismo. Ho preferito concentrarmi sulla costa pacifica che dovrebbe essere meno piovosa e ventosa: si rivelerà, forse per la prima volta in vita mia, un'ottima scelta perché tutte le sere le previsioni meteo evidenzieranno nuvoloni minacciosi un po' ovunque a parte dove mi troverò io.
Poi l'entroterra e i vulcani della Cordillera Guanacaste non potevano mancare. Ah, però, anche i parchi costieri non sarebbero male. E vuoi perderti ancora un po' di montagna al sud?
Alla fine ne è venuto fuori un itinerario di 2000 km e mille mila metri di dislivello. Lavoro di taglia e cuci fino a fare pace con me stesso e scendere intorno ai 1500 km, con varie possibilità di fuga per accorciare il percorso se si dovesse rivelare troppo tosto per il mio scarso allenamento o se volessi fermarmi qualche giorno qua e là.
Non manca nulla, Costa Rica arrivo!
Ah sì, la bici, è vero... senza di lei come si fa?!? La mia nuova compagna è una Genesis Longitude che mi ha già fatto innamorare nel recente viaggio sul Jordan Bike Trail: agile e reattiva, ma anche sorprendentemente comoda e sicura, mi ha condotto su salite toste e fuori dalle sabbie del deserto.
La controllo e poi la imballo. Stavolta non manca davvero più nulla. Sono pronto alla partenza.
Costa Rica in bicicletta: da San José a San Ramón
L'aeroporto di San José si trova, in realtà, nel sobborgo di Alajuela, a nord della città. Da lì parto per il viaggio in bici che ho deciso di definire #bradipotour in onore dell'animale più conosciuto del paese, ma anche per chiarire subito quale sarà l'andatura di marcia.
I primi giorni mi condurranno verso San Ramon, Monteverde e poi attraverso la Cordillera de Guanacaste, una catena montuosa che corre nel nord ovest del paese.
La partenza è in discesa e nel traffico cittadino, mitigato dalla percorenza di vie secondarie. Il primo impatto con le strade e la gente è positivo. Tutto sommato gli automobilisti sono rispettosi e i visi delle persone si aprono in un sorriso al mio passaggio.
I fiumi. Sono loro il grande nemico. Tagliano la foresta, scavando forre che puntualmente la strada attraversa perpendicolarmente. Picchiata in discesa, muro in salita. Punto.
La prima di queste pareti di grado 9c mi si para davanti appena dopo, manco a dirlo, un ponticello su un torrente. Vista la presenza dell'asfalto, merce rara da queste parti, ci provo, ma nemmeno i 42 denti del mio pignone più agile possono aiutarmi.
Serpeggio per qualche decina di metri sfruttando l'intera carreggiata, ma reggo un minuto o poco più. Appena metto il piede a terra mi rendo conto di non poter ripartire. Scendo e spingo, ma nello stesso istante in cui mi muovo due fulmini colorati mi sfrecciano davanti al naso fermandosi tra i rami di un albero a bordo strada. Becco lungo e sfumato d'arancio, petto giallo e rosso, movimenti agili e continui. Mi inchiodo allungando il collo per scrutare tra le fronde e... eccoli lì, prima uno e poi l'altro. Sono due aracari dal collare, una specie piccola di tucano.
Nel paese vivono sei specie di tucani ed è possibile avvistarne una in tutto il territorio, a prescindere da dove ci si trovi. Il tucano gola gialla è il più grande della famiglia prima del tucano becco a chiglia, poi ci sono i cosidetti aracari (dal collare e dal becco infuocato) mentre i tucani smeraldo e quello dalle orecchie gialle vivono in montagna e sono più difficili da avvistare.
Trascorro qualche minuto osservandoli mangiare frutti tra i rami, sfruttando la scusa per tirare il fiato e poi riprendo, rigorosamente a piedi, la salita. L'asfalto lascia spazio allo sterrato e le case vengono sostituite dalle piantagioni di caffè e dalla foresta pluviale. Il cielo si oscura coprendosi di nubi grigie che sputano qualche goccia a terra senza convinzione. La successiva discesa porta a San Ramon dove mi fermo per la notte.
La ruta del quetzal
In questo giro della Costa Rica in bici scoprirò presto che l'orario migliore per pedalare è quello che va dall'alba a mezzogiorno, per due motivi. Per prima cosa i nembi che hanno oscurato il cielo nel mio primo giorno di viaggio arrivano puntuali ogni pomeriggio a coprire i monti dell'entroterra Tico e spesso si accompagnano a piogge persistenti. Se non fosse per il fango in cui si rischia di incappare sulle strade secondarie, non sarebbero così fastidiose come il caldo torrido che domina le fasce pacifiche e costiere nel primo pomeriggio. Proprio questa afa è il secondo motivo per cui partire presto al mattino è un'ottima scelta.
Lasciata la cittadina agricola di San Ramón imbocco, inconsapevolmente, quella che è nota come ruta del quetzal. Lo scoprirò solo più tardi quando Alfonso, un biker 73enne, mi supererà sulla salita principale raccontandomi dell'evento che ogni anno attira centinaia di persone a pedalare fino a Miramar. Quando Alfonso devia per rientrare in città da un sentiero, resto solo in paradiso.
La fatica, il sudore, gli sforzi sono parte dell'idilliaco contesto.
La prima salita è tosta ma costante mentre sulla seconda breve rampa sono costretto a scendere e spingere. In cima si aprono scorci sul Pacifico che fungono da perfetta scusa per una sosta. La picchiata che mi porta a Bajo Caliente è adrenalinica.
Il paesello, manco a dirlo, si trova in cima a una rampa durissima, tra l'altro fuori rotta. Ma la 'pulperia' (negozietto di alimentari) nel borgo mi salva e riesco a mangiare e bere qualcosa accampandomi poi nel giardino di un contadino gentile e divertente.
Monteverde e il parco nazionale del vulcano Arenal
Il tragitto seguente è un saliscendi sempre intenso, immerso nella foresta, lungo le sponde del rio Aranjuez.
Il fondo un po' disastrato in alcuni punti complica le cose ma, tutto sommato, a parte un sentierino in discesa e relativa rampa assurda oltre il torrente, il percorso si rivela pedalabile e divertente. A Guacimal si ritrova l'asfalto, ma anche la salita.
Non sarebbe impossibile se non fosse che oggi il vento spira a tutta e mi fa quasi cadere due volte. Procedo ai 2-3km/h per un paio d'ore poi trovo un 'tico' (costaricano) a bordo strada in sosta con un pick-up e chiedo un passaggio. Santa Elena si raggiunge dopo 18 chilometri di salita. È un luogo molto turistico, soprattutto per la presenza della Reserva Biológica Bosque Nuboso Monteverde. Uccelli coloratissimi e animali strani popolano l'area protetta e hanno attirato l'attenzione di molti curiosi, facendola diventare il luogo più visitato della Costa Rica.
Il giorno successivo non passo per la riserva ma mi addentro nella foresta pluviale prospiciente, sempre con un gran vento e la pioggia ad abbattere la polvere delle sterrate.
La strada prima si fa più sconnessa e poi diventa sentiero. Il fango mi intrappola e sono costretto a scendere di sella e accompagnare la bici giù per il canalone che si è formato sul sentiero. Man mano che mi inoltro nella foresta, più i timori di dover risalire si fanno concreti. A malapena passo tra i rami con il manubrio che si incastra ovunque. Dopo tre ore, mi ritrovo nel cuore del parco Nazionale del Vulcano Arenal, sempre celato dietro le nuvole e ora anche dietro la fitta foresta.
Tre ore di camminata più tardi trovo un fiume ad attendermi in fondo alla discesa. Per seguire il sentiero devo guadarlo, non una ma tre volte! Prima le borse e poi la bici. Faccio la spola due volte lottando contro la corrente piuttosto forte.
Ritrovo la strada dopo 6 ore di camminata e presto raggiungo le sponde del lago Arenal con la bella sorpresa di un cono perfetto davanti a me, quasi completamente sgombro da nuvole.
Cordillera Guanacaste
Il vulcano Arenal, imponente, simmetrico, elegante, è il più conosciuto e popolare tra i coni che formano la Cordillera Guanacaste, una catena montuosa di 113 km che taglia da nord-ovest a sud-est la Costa Rica settentrionale. Dopo l'esperienza adrenalinica nella foresta del giorno precedente, dai piedi dell'Arenal inizio un vagabondaggio tra i tanti parchi che proteggono le maggiori vette della Cordillera.
Il lago Arenal è un bacino artificiale che fornisce elettricità a migliaia di abitanti della provincia di Alajuela. Seguo le sue sponde inoltrandomi verso la penisola che si trova ai piedi del vulcano, dove vive un uccello straordinario noto come keel-billed Motmot, dal piumaggio incredibile. Non ho la fortuna di avvistarlo, ma nel mentre un coatì mi si para davanti e non se ne vuole andare.
La strada è piacevole e raggiungo facilmente Arenal, cittadina sulla sponda nord-occidentale del lago (che fantasia sti costaricani eh: vulcano, lago, città... tutti con lo stesso nome). Per aggirare il secondo parco nazionale e vulcano raggiungo le pianure del nord-est con una picchiata sotto la pioggia verso Gautuso. Il cono che voglio aggirare si chiama Tenorio e al mattino successivo salgo sulle sue pendici, ma la sua cima, ancora una volta, se ne resta nascosta tra le nubi. Il rio Celeste e le sue acque cristalline sono l'attrazione principale del parco ma la ressa all'ingresso mi fa optare, in alternativa, per una bella sterrata nella foresta verso Canalete (Upala).
Un gustoso piatto di casado e lascio il punto più a nord del mio viaggio in bici in Costa Rica deviando verso ovest e risalendo nuovamente una bella sterrata, ormai già a settentrione del più alto tra i vulcani, il Miravalles (2028 m). In realtà mi sto già dirigendo verso il Parco Nazionale Rincón de la Vieja. Anche questo vulcano è attivo e rigorosamente incappucciato da una bassa coltre di nubi al mio passaggio. La strada che lo aggira a nord però è strepitosa. Immersa nella foresta, isolata e percorsa solo da me e da qualche motociclista che va a lavorare su mezzi decisamente più anziani del sottoscritto nelle fattorie della zona.
Oltre il piccolo centro di Dos Rios si scavalca il più basso dei valichi della Cordillera, sospinti dal vento che qui passa dal mar dei Caraibi al Pacifico. Da un lato il Rincón de la Vieja decide di mostrarsi mentre dall'altro i vulcani Cacao e Orosì nel parco nazionale di Guanacaste chiudono l'orizzonte che si spingerebbe fino in Nicaragua.
Una mappa poco accurata mi trae in inganno e mi conduce a una finca (fattoria) dove la strada diventa privata. Il mandriano mi suggerisce un sentiero sul lato opposto della collina: ci provo ma radici, rami e la prospettiva di due guadi piuttosto impegnativi mi fanno rinunciare tornando sui miei passi. L'esplorazione finisce con l'allevatore che deve scendere in città e mi dà un passaggio fino a Liberia sulla Panamericana.
La penisola Nicoya
La città rappresenta un punto di svolta. Lascio le montagne per lanciarmi verso il Pacifico. La prima parte è trafficata, ma il vento continua a spingermi forte fino ai margini meridionali della baia Culebra dove inizio la parte di viaggio in bici in Costa Rica che mi condurrà a esplorare la peninsula Nicoya.
Questo risulterà essere uno tra i tratti più entusiasmanti del mio viaggio in bicicletta. Dopo un primo momento di smarrimento nella caotica baia El Coco, il tragitto mi regala subito un'altra follia con la risalita di una collina su un sentiero letteralmente aperto a colpi di macete tra i bamboo. In cima, un filo spinato protegge una casa e chiude la via. Scavalco con difficoltà ed esco dal cortile, di nuovo sulla strada.
La notte in riva all'oceano sulla playa La Planca, preceduta da un tuffo, mi riconcilia con il mondo.
Il tragitto lungo la costa pacifica della Nicoya peninsula procede così, su strade secondarie meravigliosamente nascoste nella vegetazione e strade principali sterrate e polverose. I piccoli centri del sud-ovest sembrano essere perfettamente integrati nella foresta. Un'armonia surreale in cui risulta difficile distinguere le zone selvagge da quelle residenziali. Ogni edificio è contornato da alte piante che regalano ombra e frutti tropicali. Mango selvatici, banani, papaye e goiaba si intrecciano in un abbraccio che rinfresca e tonifica.
Nosara, Samára e Santa Teresa sono eccezioni alla quiete che si respira nelle altre località. Pedalo sulla spiaggia e incrocio una povera (ed enorme) tartaruga spiaggiata e morta che diventa banchetto per decine di avvoltoi neri. La Natura ancora una volta mi insegna che la vita non può esistere senza la morte. Lì vicino il Refugio de Vida Silvestre Ostional ospita una delle spiagge in cui le tartarughe liuto vengono a depositare migliaia di uova a Luglio e Dicembre. Giornate lunghe e torride si alternano a serate di bagni nell'oceano e tramonti struggenti. Prima di raggiungere Manzanillo incontro Esteban in mountain bike che mi conduce ancora una volta sulla spiaggia: il tragitto è percorribile solo con la bassa marea e noi facciamo giusto in tempo a pedalare affannosamente sulla spiaggia morbida prima che venga inghiottita dai flutti.
Montezuma segna un punto di svolta. Lo sterrato lascia spazio all'asfalto e in men che non si dica mi ritrovo sul traghetto che mi farà lasciare la penisola per raggiungere Puntarenas.
La costa pacifica sud e Manuel Antonio
L'impatto con la costa Pacifica non è dei migliori. Traffico e strada stretta mi costringono a pedalare duro per uscire dall'istmo su cui sorge Puntarenas mentre più avanti mi districo tra la Carretera Pacifica Fernandez e le secondarie che riesco a trovare. Il ponte sul Rio Táracoles regala un bel diversivo. Sporgendosi dal parapetto si scorgono a pelo d'acqua decine di coccodrilli americani assonnati che si crogiolano al sole.
Decido che dopo questa sorpresa ho bisogno di nuova linfa vitale e a Quebrada Ganado lascio di nuovo la via costiera per salire una meravigliosa seppur tosta strada nella foresta. L'idea è quella di raggiungere il parco Manuel Antonio dall'entroterra ma ancora una volta devo fare i conti con gli imprevisti: quella che sulla mappa è segnata come strada si rivela un sentiero scavato dalla pioggia. Memore dell'esperienza nel parco nazionale Arenal, stavolta decido di girare i tacchi e scendere a Jacó seguendo poi di nuovo la costa. Resta una bellissima deviazione, seppur breve.
Manuel Antonio è un paradiso infernale. Un piccolo parco dove animali e uomini provano a convivere. L'ingresso è contingentato e anch'io devo differire di un giorno la visita, prenotando online il ticket (a questo link), ma la pressione antropica sembra lo stesso eccessiva. Il motivo? È il luogo più facile in cui avvistare il bradipo. Succede anche a me e devo dire che l'emozione è tanta, nonostante la palla di pelo in mezzo alla foresta sia poco attiva e ben mimetizzata. Oltre all'indiscusso protagonista, ci sono anche coprotagonisti come le 3 specie di scimmia della Costa Rica (urlatrice, cappuccino e scoiattolo), la Terciopelo, una delle vipere più velenose del paese e la rana dagli occhi rossi che, essendo notturna, di giorno se la dorme alla grande. Alla sera a Quepos mi attraversa la strada un formichiere nano mentre un'ara scarlatta sbuca da un tronco secco di palma. Insomma, se ami la fauna questo è sicuramente un posto adatto a te, ma non credere di vivere un'avventura selvaggia nella foresta perché sarai in mezzo a centinaia di altre persone.
A 3000 m sulla Interamericana
L'idea iniziale era quella di proseguire verso sud ancora un po' ma visto il traffico sulla Carretera Pacifica cerco un'alternativa e la trovo: devio subito verso l'entroterra iniziando il lento rientro verso San José. Lasciato il parco nazionale Manuel Antonio, seguo a ritroso il rio Savegre che poi diviene rio Divisón. Nel mezzo, una collina assurda e 4 km di strada impossibile da pedalare e persino da spingere: sono costretto a trasportare prima le borse e poi la bici. Ma chiudo la giornata con Esteban e la famiglia a Eya dove campeggio tra tucnai e vino di hibiscus. Un'altra salita tosta ma in cui riesco a stare in sella, mi fa raggiungere San Isidro de El General dove inizio l'ascesa tra le più alte vette della Costa Rica. Ormai sono nel cuore del Centro America. Il Cerro Chirripò (3821 m), il più alto del paese, si staglia all'orizzonte mentre salgo, salgo, salgo e dopo 46 km tocco i 3350 m ai piedi del Cerro Asunción, sulla Carretera Interamericana. Sarà il punto più alto di questo viaggio in bici, tra i parchi Tapantì Macizo y Cerro de la Muerte e Los Quetzales.
La discesa in realtà non si rivela una picchiata perché continue salitelle interrompono la goduria. Ancora una volta il traffico mi fa esplorare. Prima sulla mappa e poi nella realtà. Trovo una bella sterrata che scende e risale il costone prima di gettarmi in una discesa da brividi sotto la pioggia. Orosì è una cittadina tranquilla dove mi fermo per la notte prima di aggirare il bel bacino artificiale Cachì.
La Cordillera Centrale negata
Perso tra le campagne infinite che sfruttano la fertile terra vulcanica, mi ritrovo nella città di Turrialba e inizio la scalata alla Cordillera Centrale. I vulcani Turrialba e Irazú dovrebbero essere l'obiettivo, con i loro coni fumanti e la caldera occupata da un lago smeraldo. La giornata è pessima, piove e c'è nebbia bassa. A Santa Cruz prendo la decisione di non risalire oltre i 3000 m ma di restare a mezza costa e raggiungere direttamente Cartago, l'antica capitale, prima di chiudere in bellezza questo anello di oltre 1200 km in Costa Rica in bici, entrando nella capitale odierna di San Josè.
Ultimi commenti
Oggi con una ebike si possono fare dei percorsi impegnativi fisicamente (per una bici senza motore) ma per quanto riguarda la tecnica non tutti possono fare dei giri tecnicamente difficili.
Io, con i miei 67 anni, cerco giri fino a 1500 m di dislivello, ma non troppo difficili tecnicamente per potermi gustare pienamente i paesaggi e i posti, senza dover rischiare su single trail esposti.
Grazie Enrico