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Anatolia Orientale in bici: la grande traversata verticale
Come spesso accade quando si viaggia in bici, i piani vengono stravolti da qualche vicissitudine, da un incontro o... da un confine chiuso. L'idea iniziale era quella di percorrere quella grande mezzaluna di Turchia chiamata Anatolia Orientale, quell'ampia regione racchiusa tra Georgia, Armenia, Iran e Siria, glaciale d'inverno e bollente d'estate. Quella terra immensa, remota e per nulla ospitale... almeno sulla carta. Se dovessi descrivere la nostra Anatolia Orientale in bici infatti, non potrei mai utilizzare la parola inospitale. No, sarebbe falso.
In questo articolo
A pochi metri dalla Turchia
La nostra traversata verticale dell'Anatolia orientale in bici è cominciata a Kartsakhi, sulle rive di un lago condiviso tra Georgia e Turchia, davanti a un soldato georgiano serio e irremovibile.
"Da qui non si passa, il confine è chiuso!"
I nostri occhi, supplicanti fino a quell'istante, si erano improvvisamente rabbuiati: inutile insistere, dovevamo tornare indietro!
L'unico confine transitabile dai turisti tra Georgia e Turchia era quello tra Batumi e Hopa, sul mar Nero, a poche decine di chilometri da Poti, punto di partenza del nostro viaggio, oltre un mese prima. In questo periodo pensavamo di aver concluso il nostro percorso in Georgia in bici, tra Svanezia, Tbilisi e Lesser Caucasus. Invece quel soldato intransigente ci ha costretto a cambiare piani, a ristudiare il nostro itinerario.
Resteremo per altri 350 km in Georgia, tornando sul mar Nero e attraversando poi da Nord a Sud l'Anatolia Orientale. Questo cambiamento di piani ci costringerà a rinunciare a pedalare da Kars al lago Van per tracciare una linea quasi verticale fino a Mydiat, nella Mesopotamia settentrionale.
Un nuovo inizio
È arrivato il momento. Varcare un nuovo confine, ascoltare una nuova lingua, vedere nuovi volti, innamorarsi della voce dolce e accomodante del muezzin.
È giunto il momento di entrare in Turchia. I tir sono già in coda e noi, come sempre, passiamo a lato e siamo invitati dai poliziotti a procedere. Un controllo ai documenti per il Covid con la doppia vaccinazione e per Vero è tutto ok, mentre il Green Pass di Leo è stampato solo a metà e manca l'indicazione delle due dosi e del vaccino. Di leggere un QR code qui nemmeno se ne parla! I poliziotti ci rimbalzano ad altri poliziotti che ci dicono di fare il test PCR perché senza in Turchia non ci faranno entrare. Panico.
Lasciamo i gabbiotti di frontiera e ci perdiamo tra i banchetti di cambio, PCR, cafè. E decidiamo di bere un caffè! Ci calmiamo, riusciamo a collegarci a internet e Leo finalmente riesce a scaricare il suo certificato di vaccinazione completo! Ritentiamo. Torniamo dal primo poliziotto e, dopo il controllo, ci fa passare. È il turno dei turchi e tutto fila liscio: controllano il passaporto di Nala e il nostro certificato di vaccinazione sbrigativamente e tutto è ok. Super accoglienti, anche gli ultimi uomini in divisa ci danno il benvenuto! I primi chilometri lungomare scorrono veloci e noiosi su una strada ampia e poco trafficata in questo periodo dell'anno. A Hopa ci fermiamo in un ristorante dove scegliamo due piatti e due tazze di thè. Prima di servirci ci portano salsine, insalata, pane caldo e una sorta di peperonata: tutto incluso nei circa 8€ che spendiamo: questo nuovo inizio già ci piace!
Sulla strada il muezzin richiama alla preghiera e quel sapore d'Oriente ci rende felici, appagati. Poco oltre Hopa, dove un gommista tenta di stringerci la vite allentata del freno del carrello di Nala senza successo, prendiamo una strada secondaria che evita una lunga galleria e scavalca una collina a 700 m, tra le piantagioni di thè, preziosa risorsa di questa zona. Al valico c'è una vecchia caserma con un custode che guarda la partita. Chiediamo di poter campeggiare sotto una pensilina e acconsente sorridente: anche per stanotte, la prima in Turchia, siamo al riparo dalle sporadiche raffiche di vento e dall'eventuale pioggia!
Risalita verso le terre anatoliche
Pozzanghere e cani sono sempre in agguato, ma presto la strada secondaria finisce e giungiamo a Borcka. Dopo una sostanziosa colazione a base di thé, caffè e degli ottimi involtini con carne trita speziata, riempiamo le borse di baclava e riprendiamo l'ascesa.
Costeggiamo a lungo il lago artificiale che sovrasta la cittadina: ci sono allevamenti di qualcosa, trote forse, e miriadi di aironi pronti a fare un bel pranzetto. I paesaggi, così come la temperatura, sono piacevoli e in lontananza si scorgono montagne innevate, preludio di ciò che sarà!
Artvin pare incastrata sulle pareti della stretta vallata e tra il campus universitario che sorge sulle rive del fiume e il centro cittadino, più a monte, ci saranno almeno 400 m di dislivello. Troviamo una sistemazione e la famiglia che gestisce la struttura è super carina, con due bei cagnoni (uno fa subito amicizia con Nala!). Siamo già dipendenti dal rituale del thé che si può bere a volontà nei tipici bicchieri a tulipano. Ci godiamo qualche ora di relax con gli ultimi comfort prima di rituffarci nelle selvagge lande anatoliche dove difficilmente troveremo molte comodità: da domani ci aspettano le montagne e la vera e propria traversata dell'Anatolia orientale!
Un thé con l'Imam
Il muezzin ci risveglia alle 5 e dopo un'abbondante colazione siamo pronti a riprendere il nostro viaggio in bici in Turchia, fiduciosi che l'Anatolia ci accoglierà a braccia aperte anche in inverno.
Il traffico è inaspettatamente irrisorio e, nonostante la moltitudine di gallerie, ci godiamo i paesaggi rocciosi e gli invasi creati dagli sbarramenti del fiume. La salita è graduale dopo la prima rampa. Con lo sguardo cerchiamo, senza successo, scappatoie a questi maledetti tunnel. Per pranzo ci ospita una pensilina, mentre a una successiva stazione di carburante beviamo un thè caldo che qui c'è dappertutto e viene offerto gratuitamente! Che spettacolo!
La vallata si inoltra verso le alture e i pendii si fanno via via più struggenti. Le rocce a picco ci sovrastano, colorate dal ferro e dalla manganese. Facciamo una pausa e guardiamo Nala che fissa un punto sulla montagna. Ci serve qualche secondo per individuare un gruppo di ungulati che i turchi chiamano ceci... o qualcosa del genere! Che meraviglia!
All'ennesima galleria infinita e deserta, dopo un viadotto sotto il quale passa la strada che dovremmo prendere, imbocchiamo una sterrata laterale che dovrebbe portarci sulla retta via. Intanto incontriamo un pastore del Caucaso con cinque cuccioli meravigliosi. Monteremo la tenda tra le rocce, con vista su una vetta piramidale che al tramonto si tinge di fuoco!
Una notte stellata lascia spazio a un cielo nuvoloso che promette pioggia. Al mattino la partenza è asciutta e ci porta a scendere lungo una sterrata chiusa nella morsa delle rocce, tanto stretta quanto pendente. La pioggia inizia a scendere, prima lieve e via via sempre più intensa, fino a diventare un diluvio. I chilometri passano e non riusciamo a goderci la bellezza della vallata. Il freddo aumenta, finché non raggiungiamo Aylati.
Una tettoia e un negozietto sono provvidenziali. Ci fiondiamo nell'edificio acquistando almeno 5 tipologie di dolci differenti. Il proprietario ci offre un thé caldo e noi ce lo godiamo come un regalo dal cielo. Tornati fuori da Nala e indecisi sul da farsi, la provvidenza viene in nostro aiuto: un giovane ci invita nel giardino antistante la moschea. Veniamo accolti come ospiti d'onore e ci vengono offerti dei deliziosi spiedini di carne e, nella stanza affianco, altro thé che ci scalda l'animo e le membra.
Siamo rigenerati e così chiediamo se non ci fosse un posto al coperto dove piazzare la tenda. Il giovane dagli occhi azzurri che fa il camionista si consulta con gli altri e ci accompagna in un ampio corridoio a lato del cortile. Ci apre anche una stanza, ma noi siamo già felici di avere un tetto sopra la testa. Il pomeriggio passa tra relax e riposo in attesa di partire l'indomani, incrociando le dita e sperando nella clemenza del tempo. Passa a salutarci pure il sindaco e la sera berremo thè in moschea con l'imam che insiste per farci spostare all'interno della moschea a dormire, sui tappeti al caldo.
Oltu e le sue rocce
La nottata trascorsa con l'imam a portarci il thè e il caldo angolo sotto la moschea è stata ottima. Entrambi abbiamo dormito alla grande e siamo pronti a ripartire con il cielo azzurro sopra di noi. Prima però sosta çay (ah, non l'ho ancora detto, ma thé in turco si dice così) al negozietto vicino. Anche il matto del paese che ieri ci ha portato mele cotogne e cachi passa a salutarci.
Si sale subito. La temperatura non è troppo rigida e anche se il sole va e viene, pedaliamo di buona lena. Ci troviamo circondati da rocce multicolori che incantano e presto oltrepassiamo la diga che forma il lago sul fiume Oltu. Lo costeggeremo per un po'. La neve caduta ieri imbianca le cime tutt'attorno e siamo spesso fermi a fotografarei paesaggi di questo angolo d'Anatolia. Nala è la più infelice perché asfalto e pendenze molto dolci la costringono spesso nel carrellino. Dopo una trentina di chilometri il lago si stringe in fiume e un villaggio ci permette di trovare rifornimenti di cibo.
La sorpresa più piacevole arriva un paio di chilometri più avanti. Un profumo di legno bruciato ci inonda provenendo da un locale sotto la strada. Ci affacciamo curiosi e un simpatico oste che parla un buon inglese ci accoglie. Si mangia. Spiedini doner kebap di agnello, thé e una stufa calda alle nostre spalle: cosa chiedere di più?
Non avremmo più voglia di andarcene, ma dobbiamo proseguire e risaliamo in sella. La vallata si stringe, passiamo prima il bivio per Olur e poi, verso ora di ricerca del posto tenda, incontriamo anche quello verso Ardahan. Giriamo verso Oltu ed Erzurum. La strada è larga e più frequentata di quella fatta finora. Troviamo un posto di blocco e i militari, molto gentili, ci chiedono informazioni sul nostro viaggio facendo una faccia allucinata quando nominiamo Midyat e Mardin.
Poco più avanti ci fermiamo nuovamente e un altro poliziotto fa marcia indietro per salutarci e darci un po' di informazioni sui luoghi nei dintorni mostrandoci svariate foto sul suo telefonino. Il tramonto è ormai imminente e delle colline ferrose meravigliose attirano la nostra attenzione: ci sembrano il luogo ideale dove piazzare la tenda. In realtà ciò che ci è inizialmente apparso semplice, si rivela essere piuttosto complesso. I pendii non sono pianeggianti oppure certi spiazzi sono troppo vicini alla strada, ma finalmente, dopo svariati minuti di ricerca e prove, troviamo un piccolo pianoro. La luce calda del tramonto illumina le rocce e noi ci godiamo lo spettacolo, poi zuppa e tenda a riscaldare la serata. Il freddo è già pungente e sul versante opposto al nostro, quello "storto" la neve di ieri non è ancora andata via.
Camini delle fate in salsa anatolica
Notte ghiacciata! Al mattino, quando il sole ci ha raggiunto, è stato un po' come rinascere!
La strada sale su un asfalto perfetto, in una cornice meravigliosa di montagne spruzzate di bianco, formazioni rosse e un cielo turchese. Continuo a guardarmi intorno felice, con gli occhi spalancati per la bellezza. La temperatura è ancora fresca quando raggiungiamo il primo benzinaio della giornata, a pochi chilometri da Oltu. Il ragazzo, dapprima meravigliato nel vederci, ci apre le porte del suo ufficio offrendoci un caffè e facendoci accomodare su delle poltroncine con una stufetta elettrica puntata addosso. Chiacchieriamo, si fa per dire, grazie al traduttore del telefono e lui mi chiede se non avessi freddo a viaggiare in bici... eheheh!
Il suo nome è Talib e ce lo ricorderemo insieme a tutte le altre persone super accoglienti incontrate qui in Turchia. "Tornate a trovarmi" ci dice salutandoci. Chissà, magari un giorno!
Entriamo a Oltu seguiti dall'ennesimo kangal, anche lui innamorato di Nala! In paese il cagnone fa paura, ma che possiamo farci?!? Facciamo una spesa che potrebbe bastarci per un mese mentre un signore turco dagli occhi verdi che parla benissimo il tedesco da a Leo un sacco di informazioni aggiungendo che solitamente, in questo periodo dell'anno, c'è almeno mezzo metro di neve.
Davanti alla colonna del centro città, su cui campeggia un termometro che segna 3°C (a mezzogiorno), vediamo un bel ristorante che ispira - il Cinar - e ci concediamo un pranzetto con i fiocchi a base di melanzana ripiena, riso, kebab, patate e un dolce offerto dai ragazzi! Il tutto per meno di sei euro in due.
Ripartiamo seminando il cagnone intento a rosicchiare un osso e pian piano ci immergiamo nella vallata, passando piccoli villaggi e inoltrandoci sempre di più tra le montagne. Sulla strada ci imbattiamo nel Gulperi Otel, a 8 km dai camini delle fate di Narman. Dopo aver contrattato sulla permanenza di Nala in stanza, decidamo di fermarci e sarà uno degli alloggi più lussuosi in cui ci concederemo di stare in questo viaggio. Il locale è proprio tipico di montagna ma, dopotutto, siamo a 1500 metri suonati e il camino acceso che riscalda ci ricorda che è ormai Dicembre.
Lasciare il tepore dell'hotel non è affatto facile, soprattutto dopo la super abbondante colazione con tre tipi di olive, formaggi, verdure, uova e patatine fritte! La giornata è bellissima e già prima degli 8 km che ci separano dai camini delle fate di Narman, iniziano a spuntare meravigliose formazioni rocciose e pinnacoli rossi. Una vera e propria città color porpora!
Quando raggiungiamo il vero e proprio accesso rimaniamo incantati: il luogo è sorprendente, una vallata di creazioni rosse di ogni sorta tra le quali vivono probabilmente diversi animali (ho visto un volatile gigantesco!).
Ripartiamo dopo una baklava e un dolcetto tipico della zona di Erzurum, lo stesso che ci aveva fatto assaggiare il ragazzo del Cinar a Oltu.
Nottte dal sindaco
La strada all'inizio docile, comincia poi a salire più decisa con alcune rampe davvero faticose. Scopriamo che esiste un villaggio a 2200 m dove gli abitanti vivono permanentemente e ci pare pazzesco. Un camioncino con un Kangal sul cassone si ferma e il ragazzo insiste per darci un passaggio, noi ringraziamo per tre volte e diciamo che ormai ci siamo: illusi!
A lato strada, sui pendii spolverati di neve, vediamo un gruppone di pernici tra cui alcune che stanno completando la muta in bianco. Più avanti, all'altezza del paese a 2200 m, un altro ragazzo con il trattore si ferma invitandoci a salire, ma ringraziamo nuovamente sentendoci ormai vicini allo scollinamento.
Ancora qualche rampa e un vento gelido che ci percuote, ma questa volta finalmente siamo davvero in cima al passo a 2335 m. Ci saranno -10°C, è freddissimo!
Due foto veloci e ci buttiamo in discesa sperando di perdere quota il più velocemente possibile! Ci mettiamo un po' ma usciamo dalla vallata giungendo sulla strada principale tra Kars ed Erzurum, a pochi chilometri da Koprukoy. Il sole inizia a tramontare ma il primo benzinaio non è molto accogliente. Tentiamo più avanti dove c'è anche un ristorante e i ragazzi, super gentili, ci fanno mangiare, bere un sacco di thè e ci concedono anche una stanzetta dove riposare al calduccio di fianco alle sale di preghiera.
La sveglia suona, ma nella stanzetta per i dipendenti del ristorantino si sta troppo bene e nessuno ha voglia di alzarsi. Pigramente arranchiamo verso l'uscita per bere una tazza di thè, mangiare una baklava (Leo anche una zuppa!) e prepararci alla partenza.
I primi due chilometri sono sulla stessa strada di ieri, dove tra le altre cose vediamo le rotaie del Dogu Train, ma poi deviamo a destra sul vecchio ponte, ormai solo pedonale. Oltre il passaggio sul fiume, una striscia di asfalto abbandonato a se stesso scivola nella campagna. È bianca perché ricoperta di brina e una spruzzata di neve scesa nella notte. Macchine, camioncini e due biciclette con un cane si susseguono su questo tappeto candido senza esagerare con la velocità... perché non si sa mai.
Continua così per un po', poi il timido sole esce e cambia tutto. La strada gira in una vallata a sud e davanti a noi si apre un mondo fatto di picchi seghettati che ricordano le Dolomiti - se non fosse per i minareti dei villaggi - gole e canyon. Le montagne anatoliche (sembrano colline, ma siamo già a 1700 m) sono giallastre e arrotondate, l'acqua che scorre nel fiume è turchese, la vegetazione arbustiva è color porpora. Il paesaggio è.meraviglioso.
Avanziamo su incessanti saliscendi con i cacciatori che perlustrano la zona e le pernici che si cammuffano sulla nuda e candida roccia, mentre le anatre volano via veloci. I chilometri si susseguono e noi siamo continuamente fermi a fotografare e a goderci l'ambiente estremo che ci circonda. A Haciomer, dopo aver attraversato un altopiano candido e freddo, e aver visto scappare via una volpe, siamo convinti di trovare un posto dove dormire, ma a parte un piccolo negozio con alcuni ragazzini che mangiano caramelle e chiacchierano allegri, sembra non ci sia nulla.
Decidiamo di andare dalla Jandarma (i carabinieri turchi) e veniamo accolti con caffè caldo, thè, tanti sorrisi e domande curiose. Grazie al traduttore del telefono riusciamo a comunicare e quando scoprono che vorremmo dormire in tenda si allarmano: questo è uno dei comuni più freddi della Turchia e la temperatura in inverno scende anche a -40°C. Stanotte sono previsti -25°C. Cosa?!?!
Grazie al sindaco che è in caserma, dopo due orette insieme, veniamo ospitati nella vecchia casa degli ospiti di famiglia (del suo bisnonno) che ha 65 anni e una porta blu, oltre a una stufa che viene alimentata con escrementi animali. Nei villaggi vengono seccati e accatastati in grandi mucchi nei cortili.
Mangiamo con il sindaco pane cotto nel forno tandoori del villaggio, olive, formaggio locale di pecora e poi veniamo invitati nella loro casa dove vive anche la nonna con i due bimbi. L'anziana signora è tenerissima e, nonostante sia difficile comunicare, riusciamo a comprenderci un minimo a gesti ed espressioni. A serata inoltrata arriva una cugina con altri due bambini ed è divertente vedere come i più piccoli siano un ponte straordinario: parlano qualche parola d'inglese e non hanno remore a tentare di comunicare e a provare a fare mille domande. Che bella serata, ma quanto thè (almeno 10 bicchieri)!
Pedalando verso sud
Una notte calda nella casa per gli ospiti del bisnonno del sindaco Sedat Yildirim, con la stufa metallica alimentata a sterco secco di mucca, i materassi di lana e le coperte pesanti era proprio quello che ci voleva per recuperare le energie. Una notte disturbata solo dal pensiero di Nala rimasta con i militari, a dormire nella fredda torretta d'avvistamento della centrale della jandarma dove è stata lasciata. Con la stufetta accesa, ma comunque da sola e al gelo.
Suona la sveglia, prepariamo le cose e andiamo a disturbare il sindaco e la moglie che non vogliono nulla per l'ospitalità e, anzi, ci preparano una sostanziosa colazione. È tempo di ripartire: salutiamo la nonna, madre del sindaco, e la gentile moglie. Camminiamo fino alla caserma un pochino ansiosi, ma Nala è nella sua cuccia insieme a tutti i militari. Ci fa un po' di feste, ma il suo stato e l'affetto dei ragazzi ci fa capire che è stata trattata super bene e soprattutto che non ha trascorso la notte nella torretta, ma direttamente nella caserma insieme agli altri due cagnotti. Non sappiamo più come ringraziare sia i ragazzi della Jandarma che il sindaco per questa travolgente ospitalità.
Siamo pronti a ripartire con un po' di dispiacere!
La strada sale dolce verso il passo Akoren, a 2100 m. Pian piano ci arrampichiamo ma essendo già partiti da quasi 1900 m, non ci sembra così tosto. Dal valico, con qualche breve saliscendi, raggiungiamo Hinis (che qui pronunciano qualcosa come Anis) e, lungo la strada che costeggia l'abitato, troviamo un posto carino dove mangiare che è pieno di studenti dell'Università! Proviamo la nostra prima pizza turca (la prima di una lunghissima serie!), il Lachmacun con un çay.
Ripartiamo veloci perché la strada è ancora lunga e abbiamo ancora diverse salite, alcune discese e un passo a 2000 m. L'asfalto corre veloce senza destare particolare interesse da parte nostra. Guadagniamo quota e poi la perdiamo per poi arrampicarci ancora ai 2000 m, appena dopo aver lasciato la provincia di Erzurum per quella di Mus. Dal passo ci tuffiamo in una ripida discesa fino a incontrare un banco gelido di nebbia che ci accompagnerà quasi fino a Varto. Alla periferia troviamo l'Otel Akaz e decidiamo che potrebbe fare al caso nostro. Quando Ozcan accetta sia.noi che Nala nella stanza è fatta: 140 lire per stasera, circa 8€.
Alla fine, coccolati dalle gentilezze di Ozcan e Ablah (che ogni giorno ci porterà il pranzo da casa) ci fermeremo 4 notti sfuggendo così alla neve e al brutto tempo!
Dopo quattro giorni di riposo e relax nella cittadina poco significativa di Varto, salutiamo i nostri due nuovi amici per ripartire verso sud, sulla strada verso Mus. Dirsi addio ( o arrivederci) è sempre un momento triste, ma i sorrisi dei due giovani ci riempiono il cuore. Ablah ci abbraccia ripetutamente come a dirci che è solo un arrivederci. Chissà!
La strada scende per uscire sulla via di comunicazione principale, lunga e noiosa e, a tratti, anche un po' trafficata. Perdiamo quota sotto un cielo ancora plumbeo all'orizzonte e poi, improvvisamente, vediamo apparire un lago artificiale che costeggeremo per diversi chilometri. Siamo allegri, chiacchierando del più e del meno e così il tempo passa veloce. I paesaggi sono meno interessanti dei giorni scorsi, con montagne più basse, appena appena spolverate di neve!
Pedaliamo verso Mus fino a raggiungerla. Prima di arrivarci subiamo alcuni agguati da parte dei Kangal che qui sembrano decisamente più esuberanti. Due posti di blocco - uno ormai in disuso - ci rallentano (anche se è davvero difficile andare più lenti di così!) e incuriosiscono allo stesso tempo. Al secondo due agenti ci scrutano sorridenti e ci fanno cenno di passare.
A Mus sostiamo per bere un caffè a una pompa di benzina: o meglio, compriamo le bustine di caffè e usiamo una sorta di bollitore che dispensa acqua calda! I ragazzi dell'area di servizio sono curiosi, ma la comunicazione è, come sempre, un po' difficile.
La notte si avvicina veloce e noi riprendiamo una strada secondaria che esce dalla città immergendosi nella campagna circostante, quasi deserta. A bordo strada all'improvviso Leo urla qualcosa: c'è una tartaruga e io freno bruscamente facendomi tamponare e causando l'ira del mio compagno di viaggio!
Nel mentre due tizi si fermano e cominciano a chiederci cose in turco, noi non capiamo e rispondiamo a caso, comunque comprendiamo che non ci sono più alberghi per 80 chilometri e che c'è kar, cioè neve! Noi cerchiamo di spiegare che in qualche modo ce la caveremo! Troviamo sulla strada, poco prima dell'inizio della salita per i 1900 m, una casa in costruzione e il buonsenso ci dice che saremmo più al caldo tra quattro mura (senza infissi e finestre) così piantiamo la tenda in quello che probabilmente diventerà il soggiorno tra qualche mese... o anno.
La nottata passa abbastanza serena, nonostante i rumori sospetti, qualche scricchiolio e cigolio, che alla sera ci hanno spaventato e costretto a uscire dalla tenda in avanscoperta! Il sole scalda, ma fuori la temperatura è scesa almeno a 0°C visto che l'acqua delle pozzanghere è ghiacciata. Carichiamo tutto e partiamo alla volta del valico a 1900 m. La strada sale bene, a tratti anche un po' ripida, ma sembriamo in forma e ci arrampichiamo abbastanza veloci tra i piacevoli scorci sulla vallata sottostante, con un lago e le stradine candide che salgono.
A lato del passo i prati sono innevati e si notano numerose tracce di passaggi animali. Lasciamo correre un po' Nala libera visto che adora la neve e da qui in avanti sarà un po' sacrificata nel carrellino in discesa! Mangiamo qualcosa e anche la nostra palla di pelo bionda sembra essere davvero affamata. Risistemate le cose, ci buttiamo in discesa ma, prima di prendere velocità, passiamo da un posto di blocco fisso dove tre giovani militari ci chiedono passaporti e ci controllano svogliatamente le borse dicendoci che è freddo per pedalare adesso. Ci salutano e davanti a noi si apre una vallata fatta di rocce mangiate dall'acqua, ocra, rosse e gialle.
I pendii sono più verdeggianti di quanto ci aspettassimo e, dopo questa sorta di altopiano, riprendiamo la discesa svoltando in una vallata laterale ed entrando in un suggestivo e lunghissimo canyon. Perdiamo quota rapidi e ci fermiamo a lavare le pentole di ieri presso una fontanella. Un uomo sta lavando la macchina, ci saluta e poi si posiziona su delle assi organizzate appositamente per la preghiera. Noi non vogliamo disturbarlo e ci mettiamo un po' in disparte senza guardarlo. Lui sembra davvero in pace con se stesso. Prima di andare via, si avvicina a noi e ci regala due lattine di caffè: la magica ospitalità turca!
Riprendiamo la discesa e, superati un paio di saliscendi, ci troviamo davanti a un altro posto di blocco. Un militare più pignolo di quelli incontrati finora chiede a Leo di vedere le foto che ha fatto e di non fotografare gli obiettivi sensibili. Poi fanno una carezza a Nala e ci salutano. La strada che prendiamo va a sinistra in direzione di Batman, mentre l'altra strada sarebbe passata da Kulp e Diyarbakir. I paesaggi sono fantastici e una corona di montagne arrotondate fanno da sfondo ai campi arati dove spunta appena qualche albero. Troviamo un posto riparato, non distante dalla strada ma con una vista meravigliosa: anche questa notte, siamo sicuri, sarà fantastica.
Batman e la Mesopotamia
Dopo un tramonto rosa e un cielo stellato a vegliare su di noi, al mattino la nebbia ha avvolto ogni cosa e il risveglio è gelido. Partiti un po' sottotono, per i primi 5 km siamo stati accompagnati da una coltre insistente e fitta, poi il cielo si è schiarito e le montagne sono riapparse intorno a noi ridonandoci quel senso di orgogliosa appartenenza a un mondo così incredibilmente bello. In sella siamo risaliti fino ai 1150 m passando per Sevrici.
Credevamo non ci fossero villaggi degni di nota e invece Sevrici è apparso appena oltre una gobba, dopo essere stati inseguiti per due occasioni da tre o quattro kangal. Essendo domenica, tra i market, l'ex posto di blocco e le teierie, giovani e meno giovani passeggiano come tante formichine ordinate, e naturalmente sono tutti uomini. Anche qui non mancano le buone abitudini di ospitalità e ci viene offerto un cay bollente.
Saliamo tra campi coltivati, prati con roveri potate con le quali qui creano splendide pire giganti e bei muretti a secco che ci ricordano il sud Italia.
Un gruppo di uomini sta sistemandone uno malmesso e uno dei più anziani ci invita ridendo a dare una mano. Magari un'altra volta eheh!
La salita è calda e Leo resta in maniche corte, evento davvero eccezionale: in cima ci godiamo lo spettacolo del mare di nebbia sotto di noi, consapevoli che tra poco ne saremo immersi fin sopra la testa! Scendiamo nel freddo della piana dove ci dovrebbe essere un lago che però non vediamo!
Usciamo dalla nebbia e poi rientriamo in un'altalenante giostra di colline. Un altro posto di blocco, l'ennesimo in questo Kurdistan turco. Al primo sbarramento i militari ci fanno aprire le borse, al secondo ci chiedono passaporti e un militare che parla un buon inglese ci offre del thè e ci da tanti consigli, al terzo ci salutano e basta.
Arriviamo sulla E99 che è deserta e, dopo qualche decina di metri contromano, ci ritroviamo davanti a un ristorante che sembra fare proprio al caso nostro: non possiamo che sostare per scaldarci e mangiare qualcosa. Dopo un paio di ore trascorse a fianco della stufetta elettrica cercando di recuperare una buona temperatura corporea, chiediamo di poter dormire sotto il grande porticato affacciato sulla piana ancora nascosta dalla nebbia. Il proprietario e il braccio destro sembrano preoccupati perché fa freddo e vogliono accompagnarci in un hotel a Batman, ma noi abbiamo Nala e preferiamo montare la tenda, così acconsentono. Ci preparano un altro çay bollente, ci danno qualche suggerimento per la nottata e poi chiudono il locale per tornare verso casa. La nostra tenda è ancora bagnata dallultima notte trascorsa all'aperto, ma ce la caveremo come sempre.
Notte non fredda, ma risveglio umido nella nebbia. Ripartiamo buttandoci subito su una strada secondaria dove Nala può correre libera. Con la bruma e il paesaggio piatto sembra davvero di essere in pianura padana. La mattinata viene ravvivata da due incontri: il primo con un ragazzo, dipendente di un catering, che si ferma e ci regala una montagna di panini freschi, il secondo con un signore serio che ci passa a fianco, fa inversione e ci raggiunge nuovamente per donarci delle specie di bretzel al sesamo (scopriremo poi che il loro nome è Simit): quando ne prendiamo uno a testa, sembra offeso ed esige di potercene donare almeno due a testa, sono davvero squisiti.
Dopo qualche decina di chilometri raggiungiamo Batman e ci infiliamo tra le vie cittadine per trovare un posto dove mangiare. Capitiamo così al ristorantino di Ablah che prepara delle Gözleme deliziose. Tra foto insieme, tentativi di discorso e una mangiatona con numerose tazze di çay, arriviamo al momento del conto che non vuole farci pagare. Alla fine per fortuna riusciamo a darle qualcosa per i suoi deliziosi manicaretti. La sensazione è quella di aver insistito troppo: forse avremmo dovuto accettare il dono, ringraziare e ripartire così.
La giornata è ancora nebbiosa, ma lasciamo la caotica Batman in drezione sud, spingendoci sulle colline dove scopriremo esserci numerose pompe di estrazione del petrolio. Pian piano la coltre bianca si dirada e giungiamo in vista di un paesaggio brullo da Far West: in fondo nel canyon avvistiamo il corso del fiume Tigri!
Stiamo ufficialmente entrando in Mesopotamia finalmente, la mezzaluna fertile racchiusa tra i due corsi d'acqua più popolare tra gli studenti: il Tigri e l'Eufrate. Scendiamo veloci, ci godiamo il volo di due aironi, scattiamo qualche foto appena prima di iniziare a risalire il greto del fiume. Superiamo un villaggio e, all'altezza di numerosi terrazzamenti, decidiamo di montare la tenda per la notte.
Dalla nostra terrazza ci arrampichiamo sui numerosi saliscendi di questa Mesopotamia che non è mai piatta. La gente ci saluta, fermano l'auto e i camioncini per chiederci dove andiamo e da dove veniamo. Si sale, si scende e si risale. Finalmente ci affacciamo su una vallata panoramica e ci si riempie il cuore di meraviglia.
Prima di riprendere l'ascesa sostiamo per uno spuntino vicino a un posto di blocco "chiuso" e due militari di rientro da un'uscita si fermano: uno parla inglese, è di Antalya ed è ciclista. Dopo due chiacchiere ci invita ad allontanarci dall'area militare perché non è concesso restare in zona.
Ripartiamo e pian piano scendiamo fino a imboccare una strada pianeggiante che ci porta all'ingresso di Midyat!
Mancano pochi chilometri, ma non abbiamo mangiato molto così un benzinaio è provvidenziale. L'ultima fatica ci permette di raggiungere la cittadina dove, non senza difficoltà, troviamo una sistemazione che accetta anche Nala. Il centro di Mydiat, città degli artisti dell'argento, si rivelerà essere molto carino e ci permetterà di chiudere la traversata dell'Anatolia orientale in bici con qualche giorno di riposo.
- Il primo approccio con le prelibatezze gastronomiche turche che cambiano completamente man mano che si scende verso sud
- Dormire in una moschea e assaporare l'ospitalità della provincia di Erzurum, una delle più conservatrici (a quanto si dice!?!) di Turchia
- Il primo incontro con i giganteschi kangal, i pastori dell'Anatolia... indimenticabile!
- I camini rossi di Narman, formazioni rocciose davvero fiabesche
- Attraversare i passi dell'Anatolia centrale con il sole in cielo e la neve che ricopre i dintorni
- Vivere il Kurdistan e l'accoglienza di queste genti meravigliose
- Un pranzo a base di Gözleme
- Scorgere il fiume Tigri ed entrare finalmente in Mesopotamia
- Godere delle bellezze di Midyat, a due passi dalla Siria
- Noi abbiamo affrontato questo viaggio nella Georgia in bici in senso orario perchè provenivamo dalla Georgia. L'itinerario può essere percorso anche al contrario, ma se ne hai la possibilità, cerca di affrontarlo a fine primavera o in autunno e non in inverno come noi.
- Per raggiungere Sarp, nostro punto di ingresso dalla Georgia con la bicicletta al seguito puoi appoggiarti alla compagnia di navigazione Ukrferry che collega il porto di Chornomorsk in Ucraina alla Georgia (porti di Batumi e Poti) oppure, in estate e su richiesta, alla compagnia bulgara Navbul che connette Varna a Poti. In aereo puoi raggiungere Kutaisi da Milano Malpensa o Roma Fiumicino con WizzAir o Tbilisi con molte altre compagnie aeree.
- Treno: in Georgia la linea ferroviaria collega diverse località da est a ovest. Per maggiori informazioni sul trasporto bici e sulle tratte puoi collegarti direttamente al sito delle ferrovie in Georgia (anche in lingua inglese!) e, se vuoi proseguire anche in Turchia per un tratto in treno, puoi decidere di salire sul Dogu Express, che corre tra Ankara e Kars
- Documenti necessari: ai cittadini italiani ed europei l'ingresso in Turchia è permesso con la carta d'identità se si transita in area Schengen o con il passaporto con almeno sei mesi di validità residua.
- Se viaggi con il cane, questo dovrà essere dotato di microchip, passaporto e di vaccinazione contro la rabbia effettuata nell'anno in corso, leptospirosi, epatite, parvovirus e parainfluenza (queste vaccinazioni, rabbia esclusa, vengono fatte in un'unica volta con un solo medicinale. Nel nostro caso il Versican Plus. Per rientrare in Europa dovrai essere dotata del Test Titer per la valutazione degli anticorpi contro la rabbia del tuo cane che va svolto in Italia prima della partenza (necessiterai di circa 1 mese per averlo, quindi organizzati per tempo! Lo puoi richiedere al tuo veterinario che manderà il campione da esaminare, a seguito della vaccinazione contro la rabbia, in un laboratorio specifico).
- Moneta: la valuta turca è la lira e il cambio attuale è di 1€ a 18,28 lire (aggiornamento 18 Agosto 2022)
- Quando andare: i periodi migliori per affrontare questo itinerario sono quelli di inizio autunno (settembre - ottobre) o fine primavera - inizio estate (maggio - giugno) per non trovare neve in quota e caldo afoso nelle parti a bassa quota. Tieni sempre presente che in montagna il tempo può cambiare rapidamente e inaspettatamente.
- Una delle problematiche in cui potrai imbatterti in Turchia, e nello specifico in Anatolia, è la cospicua di cani pastore talvolta vaganti (i pastori delll'Anatolia o Kangal sono davvero giganteschi, ma solitamente buoni come il pane se ci si tiene a distanza dal gregge protetto) che scorrazzano per il territorio. In realtà questi animali sono spesso spaventati dal movimento delle ruote quindi, soprattutto se sono grandi e in branco, non è una buona idea quella di correre via. Se dovessi incontrare dei cani sulla tua strada fermati e cerca un approccio gentile. Se i cani insistono nell'avvicinarsi minacciosi spruzza loro un po' di acqua con la borraccia, urla più forte che puoi guardandoli negli occhi e gesticolando e metti la bici tra la tua persona e il cane.
- Acqua: reperire acqua in Turchia è piuttosto facile e la popolazione è super disponibile e ospitale. L'acqua proviene quasi sempre dalle montagne, fresca e buonissima. Durante l'estate può fare molto caldo quindi cerca di riempire le borracce appena puoi. Usando l'acqua delle fontanelle evitarai di produrre plastica inutile e poi, a dir la verità, è anche di maggiore qualità perché di certo non è rimasta sotto il sole nella plastica in attesa di essere stoccata!
- Sim card e connessione internet: fin dal nostro arrivo a Sarp abbiamo acquistato una sim card della Turkcell. Mediamente economica, ha un limite di giga e per chi lavora da remoto può essere un problema. Una volta terminato il traffico a disposizione si può ricaricare in qualsiasi negozio specializzato. Gran parte delle guesthouse e strutture ricettive dispongono comunque del wifi.
- Negozi di bici e materiale in generale: se hai bisogno di cambiare copertoni, fare riparazioni e acquistare materiale per il tuo viaggio, i luoghi migliori dove fare acquisti sono le città anche se quelle del Kurdistan e dell'est turco non sono così forniti. Se viaggi con i tubeless probabilmente dvrai portarti i ricambi da casa. A Batman puoi affidarti, per riparazioni o acquisti d'emergenza al BisikletCitr
- Le strade più alte della Turchia percorse in questo itinerario i tratti più centrali che ci hanno condotto al passo di Çimenli Geçidi
- Le strutture turistiche in Turchia sono presenti nelle principali cittadine e nelle località più turistiche. Molte di queste purtroppo non accettano i cani, ma chiacchierando con i proprietari spesso ammetteranno l'animale nelle camere. Viaggiare in Turchia, soprattutto in questo periodo storico, è davvero economico e a notte per persona si spende solitamente dai 5 ai 10€ per camere graziose con lenzuola pulite.
- Alcune strutture che abbiamo davvero apprezzato sono: il Gulperi Otel, a 8 km dai camini di Narman. Hotel di montagna delizioso con abbondante colazione e ottima cena su richiesta. A Varto l'Otel Akaz con una super accoglienza. Camere semplici con bagno privato.
- Campeggiare liberamente in Turchia è piuttosto semplice (ma anche molto freddo in Anatolia durante l'inverno!), basta trovare il posto giusto e per aiutarti in questo abbiamo scritto una piccola guida al wild camping. Mi raccomando, se deciderai di campeggiare liberamente, non lasciare traccia del tuo passaggio. Un'alternativa al campeggio libero è quella di chiedere la possibilità di piantare la tenda in giardini o proprietà private: a nessuno si nega un posto tranquillo per dormire!
- Il re della tavola turca è senza dubbio la carne e, nello specifico, il kebab in tutte le sue versioni (davvero tante.. si dice oltre 50!). Pedalando da Nord a Sud i piatti proposti cambiano di continuo variando dalla pizza turca, il lahmacun, il borek, le zuppe, i dolci come la baklava (occhio che rea dipendenza!), le varie pide e chi più ne ha più ne metta. Verdura e çay non mancano mai!
- Goturkiye (in inglese): il sito ufficiale per il viaggiatore in Turchia (anche in italiano)
- Alcuni libri da leggere per rendere ancora più speciale un viaggio in Anatolia e Turchia in bici: L’albero dei giannizzeri di Jason Goodwin, Il cielo di maiolica blu di Federica Giuliani, Le quattro donne di Istanbul di Ayşe Kulin e La bastarda di Istanbul di Elif Shafak
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Vero
ITA - Correva l'anno 1983 quando ha sorriso per la prima volta alla luce del sole estivo. Da sempre col pallino per l'avventura, ha avuto la fortuna di girare l'Europa e l'Italia con i genitori e poi, per la maturità, si è regalata un viaggio in 2 cavalli da Milano verso la Russia. Al momento giusto ha mollato il lavoro senza alcun rimpianto per volare in Nuova Zelanda dove ha viaggiato per cinque mesi in solitaria. Nel 2007 ha provato per la prima volta l'esperienza di un viaggio in bici e, da quel momento, non ne ha potuto più fare a meno... così, dopo alcune brevi esperienze in Europa, nel 2010 è partita con Leo per un lungo viaggio in bicicletta nel Sud Est asiatico, la prima vera grande avventura insieme! All'Asia sono seguite le Ande, il Marocco, il Sudafrica-Lesotho e #noplansjourney. Se non è in viaggio, vive sul lago d'Iseo! Carpediem e buone pedalate!
EN - It was 1983 when he smiled for the first time in the summer sunlight. Always with a passion for adventure, she had the good fortune to travel around Europe and Italy with her parents and then, for maturity, she took a trip in 2 horses from Milan to Russia. At the right moment he quit his job with no regrets to fly to New Zealand where he traveled for five months alone. In 2007 she tried the experience of a bike trip for the first time and, from that moment on, she couldn't do without it ... so, after some short experiences in Europe, in 2010 she left with Leo for a long cycling trip in South East Asia, the first real great adventure together! Asia was followed by the Andes, Morocco, South Africa-Lesotho and #noplansjourney. If he's not traveling, he lives on Lake Iseo! Carpediem and have good rides!
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